Reggio Calabria. Dopo l’approvazione, il 6 agosto scorso, della legge regionale sulle primarie per i candidati alla carica di presidente della Giunta, alcune autorevoli personalità calabresi hanno manifestato qualche perplessità in merito ad una supposta violazione del principio di segretezza del voto, quale sancito dall’art. 48 della Costituzione.
Si tratta di un problema che è stato già oggetto di attenta valutazione da parte di valenti giuristi che hanno escluso un siffatto profilo di incostituzionalità. Infatti, la proposta di legge approvata dal Consiglio regionale, come del resto tutte le altre forme di svolgimento delle primarie, rappresenta un metodo democratico e ordinato di dichiarazione pubblica della propria appartenenza politica e del proprio impegno diretto nella scelta dei candidati. Nulla a che vedere con il voto in occasione delle elezioni.
La partecipazione alle primarie è una delle espressioni, forse la più alta, di cittadinanza attiva in politica, come lo sono la sottoscrizione delle candidature, l’accettazione delle funzioni di rappresentante di un candidato o di una lista o la stessa iscrizione ad un partito politico. Ovviamente nulla impedisce, a chi non vuole esporsi, di non partecipare, trattandosi di un’opportunità di partecipazione aggiuntiva che l’ordinamento mette a disposizione dei cittadini. Insomma, un “di più” di democrazia.
E questo, secondo noi e i costituzionalisti che ci hanno assistito, non riguarda in alcun modo il diritto – dovere di voto sancito dal secondo comma dell’art. 48 della Costituzione. Infatti non si tratta di un voto per eleggere qualcuno nelle istituzioni, ma di un procedimento pubblico e formale per la selezione dei candidati.
Giuseppe Bova
presidente del Consiglio regionale