Reggio Calabria. Tommaso Campanella è il calabrese più conosciuto nel mondo. Colpisce la dura persecuzione subita per le proprie idee che gli costò lunghi anni di carcere. Ma, soprattutto, suscitano ancora interesse – a distanza di tanto tempo – i suoi scritti. Molti dei quali realizzati in carcere.
Oggi un’altra pubblicazione si aggiunge a quanto già pubblicato sul frate di Stilo. E’ apparso – edito da Leo S. Olschki – il volume Lettere a cura di Germana Ernst. L’opera è stata realizzata su materiali preparatori inediti di Luigi Firpo e con la collaborazione di Laura Salvetti Firpo e Matteo Salvetti. Le lettere coprono tutta la vita di Campanella. Il periodo giovanile è quello che registra il minor numero di lettere. Poi ci sono quelle scritte durante la detenzione a Napoli e Roma e gli anni d’esilio a Parigi. Sono custodite in tutto il mondo. Città del Vaticano, Londra, Parigi, Vibo Valentia, Roma, Granada, Berlino, Cambridge, Napoli, Jena, Madrid, Torino, Firenze, Napoli, Amburgo. Chi erano i destinatari delle missive? L’imperatore Rodolfo II, i papi Paolo V e Urbano VII, Cosimo II de Medici, il re di Spagna Filippo III, il re di Francia Luigi XIII, il cardinale Richelieu. Questi per citare i più noti. Oltre alle lettere il volume contiene anche biglietti, lunghi memoriali, opuscoli. Vario è lo stile. Dal latino si passa al volgare. Dal linguaggio semplice a quello più ricercato. Alcune lettere sono indirizzate a Galileo Galilei, al quale fu legato da profonda amicizia. Talvolta, Tommaso Campanella dissentì dalle tesi del pisano, ma scrisse sempre in sua difesa. Affermando che Galileo Galilei aveva il diritto di leggere e studiare il libro della natura espressione dell’infinita sapienza divina. Mentre i libri degli uomini, anche quelli dei più saggi, necessitano sempre di correzioni e interpretazioni. Ma, sempre secondo Tommaso Campanella, il pericolo maggiore è per la Chiesa che condannando Galileo si espone al rischio di smentita.
Tonino Nocera