Reggio Calabria. Diminuzione di condanne in appello del processo denominato “Rifiuti spa” che vedeva alla sbarra 14 presunti esponenti del clan Libri di Cannavò accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, turbata libertà degli incanti, corruzione, concussione, truffa e frode nelle pubbliche forniture. Oggi la Corte d’Appello di Reggio Calabria, presieduta da Iside Russo, Massimo Gullino e Carmelo Blatti consiglieri, ha inflitto 10 anni di carcere all’imprenditore Matteo Alampi, condannato invece in primo grado a 18 anni. Pena più che dimezzata a Giuseppe Alampi, cui la Corte d’appello reggina ha inflitto 4 anni e 8 mesi, in primo grado invece era stato condannato a 14 anni e 8 mese di reclusione. Valentino Alampi è stato condannato oggi a 4 anni e 6 mesi. Giorgio Calarco, Nicola Malara e Andrea Saraceno sono stati condannati ciascuno a 6 anni e 10 mesi di carcere con il pagamento di mille e duecento euro di multa. Ai 3 in primo grado invece, fu inflitta la pena di 10 anni di reclusione. Carmelo Sergi è stato condannato a 5 anni e 2 mesi di reclusione, a differenza del giudizio di primo grado che ha visto infliggergli 10 anni. Per Francesco, Matteo e Paolo Siclari la Corte ha deciso rispettivamente 6 anni, 4 anni e 6 mesi e 4 anni e 8 mesi di reclusione.
Assolti perché il fatto non costituisce reato Domenico D’Anna, Luciano Alberto Franco, Anna Lanzuolo e Domenico Romano. Questi ultimi imputati erano stati condannati in primo grado a 3 anni di carcere. Nell’ambito di questo processo si sono costituiti come parti civili la Regione Calabria, la Provincia e il Comune di Reggio Calabria nonché i Comuni di Gioia Tauro e Motta San Giovanni. Per tutti i 14 imputati il Sostituto Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Reggio Calabria, Francesco Mollace, aveva chiesto la conferma della condanna inflitta in primo grado di giudizio.
Il processo Rifiuti S.P.A. nasce da un’operazione condotta nel 2006 dai Carabinieri del ROS e del Comando Provinciale Reggino in sinergica con i finanzieri del GICO e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia reggina che ha svelato gli affari illeciti nella gestione delle discariche e nelle attività di smaltimento dei rifiuti. attraverso il controllo di quattro discariche: Fiumara di Muro, Motta San Giovanni, Gioia Tauro e Melicuccà. Le cosche, secondo l’accusa, si erano infiltrate negli appalti dello smaltimento rifiuti, grazie anche a complicità e connivenze. Il principali artefice della vicenda nonché promotore dell’associazione a delinquere, secondo l’accusa, è Matteo Alampi l’imprenditore che oggi si è visto diminunire la pena di 8 anni, da 18 anni di carcere a 10.
Angela Panzera