Una decina di perquisizioni per arrivare alla cattura: la famiglia Aquino tempo fa ha denunciato un Carabiniere e lo stesso procuratore aggiunto Nicola Gratteri
Reggio Calabria. Sono stati dei messaggi inviati in diretta a una nota emittente televisiva locale che hanno tradito il latitante, smascherando la sua presenza sul territorio. Rocco Aquino è il presidente della squadra di calcio del suo paese, Marina di Gioiosa Jonica. Dalla latitanza continuava a seguire le sorti della squadra, durante le trasmissioni sportive in onda su un’emittente locale. Dopo l’ultima partita con annessa rissa, nella quale i suoi due figli erano stati espulsi, ha sentito il bisogno di difenderne l’operato, così come altre volte aveva difeso e incoraggiato l’allenatore, proprio dal presidente fortemente voluto. Peccato per lui che a guardare i messaggi in diretta mandati in sovraimpressione sul piccolo schermo vi fossero anche dei “tifosi” speciali… i Carabinieri del Ros. In particolare dopo un primo messaggio ignorato dall’emittente, il latitante ne avrebbe inviato un secondo, questa volta firmandosi “Il dirigente del Marina di Gioiosa Jonica”. Un indizio fondamentale, per i segugi dell’Arma, circa la sua presenza tra le mura domestiche. L’abitazione dove è stato catturato, infatti, era già stata “attenzionata” una decina di volte dai militari. Una decina di perquisizioni andate a vuoto. Tanto che i familiari di Aquino hanno denunciato un carabiniere dello Squadrone eliportato Cacciatori Calabria, l’elite dell’Arma che materialmente dà la caccia ai latitanti sulla base delle investigazioni del Ros, nonché lo stesso procuratore aggiunto Nicola Gratteri e la sua collega firmataria delle perquisizioni. “Gli Aquino sono stati davvero male consigliati – ha detto questa mattina Gratteri durante la conferenza stampa – nel denunciare un Cacciatore e due pm della DDA”. “Sono stati così furbi – ha proseguito Gratteri – da individuare il più bravo tra i componenti della squadra dei Cacciatori, forse pensavano che denunciando lui lo avrebbero demotivato e allo stesso tempo intimidito gli altri componenti della squadra, ma hanno fatto molto male i loro conti, sono stati male consigliati – ha ribadito – perché innanzitutto non hanno capito che non esiste un Carabiniere, ma i Carabinieri, e per ognuno di loro c’è n’è dietro una sfilza in linea indiana che aspetta di prendere il loro posto”. “Lo stesso militare denunciato ha chiesto espressamente di far parte della squadra al suo comandante, che questa volta avrebbe prefeito tenerlo lontano dall’azione, ebbene è stato proprio lui la testa d’ariete che ha individuato la botola dietro la quale si celava Rocco Aquino. Quanto a me e alla mia collega – ha proseguito il procuratore aggiunto – gli Aquino sono stati parimenti molto male consigliati perché in Procura siamo 28 magistrati, e altri 5 ne stanno arrivando, per cui tolto Gratteri ce ne sta un altro pronto a proseguire le indagini”. Il procuratore aggiunto si è poi soffermato sull’importanza del rispetto delle regola da parte dell’organo inquirente e della stessa polizia giudiziaria, una difesa d’ufficio sui metodi della Procura e delle forze di polizia per rispondere alla denuncia della famiglia Aquino: “Chi mi conosce sa che sono duro e ruvido e asciutto, ma ho sempre seguito le regole in maniera pedissequa, non ho mai consentito alla polizia giudiziaria di andare oltre le regole per acquisire un risultato. Questo perché credo fortemente nelle regole, noi perseguiamo i singoli reati, non i presunti autori, e ci accaniamo nella lotta ai reati, non nel perseguitare gli indagati. Vogliamo che i processi siano trasparenti il più possibile, ed è per questo che agiamo sempre rigorosamente entro le regole. Gi avvocati doc, quelli che difendono la ‘ndrangheta di serie A, ben mi conoscono e ben sanno come sono fatto e qual è il mio modo di agire”.
Fabio Papalia