«La Verità» opera prima di Natale Fedele. Un romanzo di trecento pagine con cui il professore di matematica in quiescenza, nonché fine “cesellatore” di sculture in legno, si ritaglia uno spazio all’interno dei recinti letterari calabresi. Sulla scia del “Feudo” di Antonio Altomonte e dei “Fratelli Rupe” di Leonida Repaci, il professore di Melicuccà, applica nel suo romanzo, un’attenzione ed una penetrazione tecnica e semantica dall’esposizione lucida e godibilissima di cui si era da tempo persa la memoria. Nei quindici capitoli che compongono il coinvolgente testo, viene descritta la storia di una famiglia senza nome e le vicende di un paese calabrese senza tempo. Anamnesi di una famiglia che potrebbe essere la nostra oppure dei vicini di pianerottolo. Problemi sociali, economici, culturali, ambientali, gioie, drammi attraversano le pagine de “La Verità” in un crescendo di sensazioni ed emozioni che catturano e coinvolgono il lettore. Così succede che Giusy nelle sue lettere alla nonna, nel raccontare il canto dei merli alla luna, si accorge che tutto intorno a lei si fa chiaro, anche se non c’è mattino e anche se tutto è così strano. Le sembra che, finalmente, quella è l’ora perfetta, il tempo giusto perché qualcosa, alla fine, qualcosa possa accadere, qualcosa possa spezzarsi, qualcosa si possa annodare. Vorremmo averti e non ti abbiamo, cantano i merli per la ragazza, vorremmo esserti e non ti siamo. Luna, maestosa luna, prendila tu, prendila e daccela. Ma la luna fa una piccola mossa vanitosa e poi declina. Così la ragazza ha capito. E’ tutto molto più piccolo di quanto pensavo, riflette tra sé. Poi allarga le braccia, raccoglie il creato e se lo porta via. Osservatore attento della realtà, Natale Fedele, si pone nel solco di una lunga e consolidata tradizione, nel cui rispetto non trascura di affidare il ruolo principale al sentimento, che prevale in tutte le pagine del suo romanzo. Pagine pregne di una problematica esistenziale che non conosce fine. La precarietà del destino umano al cospetto della realtà che ci circonda, diventa ne “La Verità” la prospettiva gnoseologica più ampia, più penetrante, più universale. Qui il sentimento del tempo non si esaurisce nella voce del mistero, né nel sorriso della nonna che cerca la tranquillità, né nel rispetto del fiore sbocciato davanti casa che segna la “doglia” della famiglia attraverso la clessidra dei sogni e delle illusioni. Qui il sentimento del tempo, è rivolto soprattutto ad indagare le paure ancestrali che erodono il pensiero nell’insufficienza della ragione al cospetto del dolore che verrà, all’incertezza del futuro, che s’intrecciano nella ricerca del significato della vita stessa. La speranza di Natale Fedele in un futuro migliore è autentica e dinamica nei giovani, nei bambini, nelle creature innocenti ed inermi che ancora non conoscono i malefici tentacoli della vita e le tenebre ignobili del male e del peccato. Insomma nella “Verità” del prof. Natale Fedele, emerge il risultato letterario e sublime di un lungo percorso corroborato dallo studio degli scrittori contemporanei e dall’attenta osservazione della realtà che ci circonda. Una realtà scrutata con calma. Realtà lenta, meditata, inesorabile che Natale Fedele ci propone in tutta la sincerità con cui rivolge il suo sguardo alla naturalezza delle cose che lo circondano.
Antonio Ligato