di Monica Bolignano
Romeo e Giulietta, lo si pronuncia con un sospiro di assoluta consapevolezza, ma dietro la tragedia dei due sfortunati innamorati c’è molto di più. Composta da William Shakespeare (se anche lui è veramente esistito!) nella seconda metà del 1500 è, in assoluto, tra le opere più famose e più rappresentate di tutti i tempi.
È interessante evidenziare come una vicenda così travagliata sia divenuta nel tempo il simbolo e la “personificazione” stessa dell’amore più puro. Ma, dietro quel balconcino e quel desiderio, si nasconde una storia vera?
Alcune studiosi, sostengono che sia una trasposizione dai classici, hanno infatti ipotizzato che lo scrittore abbia preso come modello la tragica leggenda dell’amore di Piramo – un dio fluviale della Cilicia – per la ninfa Tisbe; i due giovani si innamorano perdutamente ma il destino li separa. La leggenda assume poi caratteri più distinti nel momento in cui, combinandosi con i racconti popolari, viene trasfusa nelle Metamorfosi di Ovidio, grazie alla quale è giunta fino a noi. Nel racconto di Ovidio le rispettive famiglie, che abitavano in due palazzi contigui, impediscono ai due giovani innamorati di sposarsi; molto romantica l’immagine della “fessura” nel muro che separa le due abitazioni che, con il passare del tempo, si dilata sempre più come ad impersonare i differenti sentimenti che si scontrano, il muro, duro e freddo, come il distacco e l’incomprensione delle famiglie; ed il tempo, etereo e potente, come l’amore dei due giovani; ciò che “cresce” è quella fessura, un’apertura che consente loro di potersi guardare, sentire ed innamorare.
Un’altra teoria, invece, intravede una trasposizione molto fantasiosa – e decisamente molto più arricchita di dettagli – della sanguinosa guerra delle Due Rose: la lotta per la conquista del trono d’Inghilterra tra le famiglie York e Lancaster. Una guerra terribile che si concluse nel momento in cui Enrico Tudor – conte di Richmond – con l’aiuto dei baroni Thomas Stanley – I conte di Derby – ed Henry Percy – conte di Northumberland – sconfisse l’esercito di Riccardo III. L’erede dei Lancaster, appena rientrato a Londra, si fece incoronare con il nome di Enrico VII e, per suggellare definitivamente la pace, sposa la primogenita di Edoardo IV: Elisabetta di York. Il secondo figlio maschio della coppia fu il piccolo Enrico, che divenne il famoso Enrico VIII, padre di Elisabetta I.
In realtà però molte città e borghi d’Italia rivendicano la paternità della storia. In provincia di Salerno, nel Comune di Montecorvino Rovella, nel tardo Medioevo, rincipalmente per ragioni di natura economica e di gestione delle terre da molti anni si contrastavano e si scontravano ferocemente le famiglie D’Arminio e Damolidei. Anche per queste due famiglie però arriva il momento in cui i giovani rampolli, Davide e Maria Teresa vengono colpiti dalle magiche frecce di Cupido e travolti da una profonda passione che li vede protagonisti di incontri clandestini. Contrariamente alla tragedia shakespeariana però in questo caso ci sarà un lieto fine, addirittura, con la costruzione della chiesa di Santa Maria della Pace, terminata nel 1518.
Da questa storia prese spunto Tommaso Guardati – detto Masuccio da Salerno – che trasforma i protagonisti in Mariotto e Ganozza e li trasferisce a Siena.
Un’altra traccia si trova in una novella pubblicata nel 1530 dal titolo “Historia novellamente ritrovata di due Nobili Amanti”, dello scrittore vicentino Luigi da Porto che, forse per primo, ne cambiò i nomi in Giulietta e Romeo, trasferendo ancora l’ambientazione a Verona. Sebbene, uno studio parallelo colloca le tracce della storia ad Udine, ed evidenzia il coinvolgimento personale del da Porto sostenendo addirittura che la narrazione sia una sorta di diario della passione scoppiata tra lui e le cugina Lucina al tempo della rivolta popolare la “crudel zobia grassa”.
La prima fonte inglese di cui si ha notizia è la traduzione dell’opera di Pietre Boiastuau “Histoires Tragicques extraictes des Ouvres italiens de Bandel” a mani di Arthur Brooke: “la tragica storia di Romeo e Giulietta”, che è stata probabilmente l’unica fonte esaminata da Shakespeare.
Altre ricerche, invece, insistono sulla storia di Verona e cercano le tracce dei Montecchi e dei Capuleti nelle antiche famiglie che hanno dominato la città nel Trecento. Secondo alcuni studiosi i Montecchi potrebbero essere la trasposizione teatrale della famiglia Monticoli, una casata ghibellina; la famiglia Capuleti, invece, potrebbe essere la trasposizione della famiglia Dal Cappello, di tradizione guelfa.
È chiaro però che di fronte ad una frase come “… il mio cuore, come il mare, non ha limiti e il mio amore è profondo quanto il mare: più a te ne concedo più ne possiedo, perché l’uno e l’altro sono infiniti …” non ha grande rilievo se chi l’ha pronunciata è realmente esistito, perché trasuda una tale potenza emotiva ed una tale purezza di contenuti da fare immaginare un amore così perfetto che ognuno di noi almeno una volta nella vita vorrebbe essere Giulietta o Romeo!