Reggio Calabria. Erano in tanti ieri sera, nel salone delle conferenze della Provincia, in larga parte giovani, per assistere alla presentazione del libro “Ius Sanguinis” scritto da Paola Bottero ed edito dal Città del Sole Edizioni. Il racconto narra, come si evince chiaramente da titolo, di quel diritto di sangue che in Calabria spesso è potere del sangue versato dalla violenza della ‘ndrangheta. La prospettiva scelta per affrontare questo viaggio dentro un universo ricco di drammatiche contraddizioni e di forti passioni, è strettamente legata a quattro storie private, in cui è forte la presenza femminile.
Alice sedicenne reggina costretta a fronteggiare la violenza del suo ex fidanzato. Roberta sorella di Gianluca Congiusta, giovane imprenditore sidernese ucciso dalla ‘ndrangheta. Federica Monteleone, ragazzina ricoverata nell’ospedale di Vibo Valentia per una banale operazione di appendicite e morta per anossia cerebrale. E infine Lisa, che dal canto suo rappresenta le domande, le risposte, la rassegnazione.
«Quando Paola mi ha chiamato per dirmi che aveva qualcosa da farmi leggere – ha spiegato l’editore Franco Arcidiaco – mi sono precipitato a Cosenza, perchè avevo intuito che c’era qualcosa di grosso. Ed in effetti, la conferma di quanto pensavo è arrivata immediata, con il grande flusso emozionale che il libro mi ha suscitato. Paola infatti, pur non essendo calabrese riesce sempre a interpretare in modo perfetto lo spirito della nostra terra con tutti suoi pregi e difetti». L’autrice, Paola Bottero, ha spiegato di aver «scritto questo libro anche perché sentivo il bisogno di tirare fuori quello che avevo dentro. Quando sono arrivata qui dal Piemonte, della Calabria conoscevo solamente il mare, il sole e la ‘ndrangheta. Conoscendo il territorio in profondità però, ho scoperto che ci sono persone bellissime e storie che non si possono tenere nascoste. E ho capito che si tratta di una terra bellissima, sottratta però, ai suoi veri proprietari cioè i calabresi».
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Forte l’emozione, quando a prendere la parola sono stati alcuni dei diretti protagonisti delle vicende raccontate nel libro. «Solo quando si è colpiti direttamente dalla violenza della ‘ndrangheta – ha detto Roberta Congiusta, sorella di Gianluca Congiusta – si esce dallo stato di immobile sdegno che caratterizza la maggior parte della gente. Solo quando tocchi con mano una simile tragedia, ti rendi conto che pure tu eri fino ad un istante prima, assuefatto da certi comportamenti. Un libro, come quello scritto da Paola, deve servire a rinforzare la cultura della legalità che nella nostra terra deve diventare un vero e proprio stile di vita, superando quella condizione per cui ancora in tanti purtroppo ancora oggi, credono che non ne valga la pena». «Ho apprezzato molto il libro di Paola – ha aggiunto Mario Congiusta, padre di Gianluca – perchè serve a riflettere sul tributo di sangue che stiamo ancora versando. Ma è anche l’ennesima denuncia al mondo della politica soprattutto, che continua a tenerci in questa condizione di sottomissione. La cosca che ha ucciso Gianluca, è alla terza generazione e io ancora devo sentire un senatore della Repubblica dire che stiamo studiando il fenomeno! Senza la certezza della pena, non andremo da nessuna parte. Ma è anche un atto d’accusa verso noi stessi, verso la mia generazione che si è rivelata un completo fallimento e che consegna ai più giovani una terra peggiore rispetto al passato. La speranza è che opere letterarie come queste, diano ai calabresi la voglia di indignarsi». All’incontro moderato dalla giornalista di Sky TG24, Manuela Iatì, hanno preso parte anche Daniela De Blasio, consigliera pari opportunità della Provincia e Tina Tripodi, vice presidente del Consiglio Provinciale.