«Facciamo Soft Air, non facciamo la guerra!»

Reggio Calabria. “Armati” a caccia di emozioni, ma solo per gioco. Gli appassionati di “soft air” da domenica scorsa possono fare rifornimento di armi e munizioni al “Soft Air Market”, in via Nazionale 31 a San Gregorio. Il negozio è stato aperto da un vero appassionato del settore, Leandro Gelsomini, che dopo aver coltivato per cinque anni il suo hobby, ne ha fatto una opportunità lavorativa per sé, e una preziosa risorsa per tutti coloro che vogliono trovare i migliori prodotti per cimentarsi al meglio nel soft air.

Il Soft Air, lo sport del “war game”.
Sono ancora troppi i pregiudizi che aleggiano sul soft air, che può a ben ragione considerarsi uno sport come tutti gli altri. Insieme ad Enzo Scalzo, presidente del Comitato interregionale Sicilia-Calabria (Cisc) dell’Asnwg (Associazione sportiva nazionale war games), presente all’inaugurazione del nuovo esercizio commerciale, proviamo a tracciare l’identikit del soft air e, soprattutto, di chi lo pratica. L’Asnwg, innanzitutto, è l’associazione più rappresentativa nel settore, con oltre 10 anni di attività, che oggi vanta 194 squadre e 4000 iscritti; con tre squadre e circa 70 iscritti in Calabria.
«Il soft air è un’attività ludico-sportiva – spiega Scalzo – non a caso organizziamo tappe dei campionati interregionali». Non è certo una passeggiata, una tappa di “media” difficoltà può svolgersi in un percorso di 16 chilometri, e richiedere anche fino a 7 ore di gioco. La durata massima, invece, può raggiungere le 36 ore. Una full immersion nel soft air che, contrariamente da quanto erroneamente si pensa, non va assimilato a uno “sparatutto”. Le tappe del campionato, infatti, richiedono abilità anche nel campo del trekking e dell’orientamento, e non solo nel “combat”. «Non siamo guerrafondai – spiega ancora il presidente del Cisc – e dopo tanti anni di attività finalmente siamo riusciti a farci conoscere meglio anche da chi aveva forti pregiudizi. Tra le attività promosse dal Cisc figarano anche la “giornata della pulizia del bosco”, perché noi siamo i primi a voler rispettare la natura, che rappresenta la location delle nostre tappe. La nostra presenza nei boschi, inoltre, è da deterrente contro i cacciatori di frodo, e abbiamo anche siglato un accordo di collaborazione con l’Unuci, l’Unione nazionale degli ufficiali in congedo». Le tappe si svolgono dunque all’aperto, ma le regole dettate ai club sono severissime. Innanzitutto va fatta comunicazione al Questore, indicando il campo di gara, che verrà delimitato da cartelli, posti in ogni via d’accesso, che avvertano eventuali passanti ignari che potrebbero spaventarsi alla vista di uomini armati di tutto punto.

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L’equipaggiamento, le regole.
È vietato indossare gradi e segni distintivi appartenenti a forze militari attualmente in attività. L’unica concessione al realismo è per la rievocazione di battaglie storiche, solo in questo caso si può indossare la divisa storica di eserciti o reparti non più esistenti. Normalmente quindi ci si abbiglia in tuta mimetica o come appartenenti ai reparti d’elite, ma senza indossare gradi. Ogni squadra conosce il proprio caposquadra, che non è riconoscibile per altri segni distintivi. L’unica “toppa” ammessa è quella con il logo della propria squadra, uguale per tutti. È un po’ come andare a caccia, ma senza ferire nessuno. Le armi soft air “sparano” pallini di plastica inoffensivi a grande distanza. Una precauzione obbligatoria, naturalmente, è rappresentata dagli occhiali protettivi e da una “maschera” davanti alla bocca. Nessun gamer coscienzioso, però, punterebbe alla testa o in altre zone sensibili. Per neutralizzare l’avversario basta colpirlo una sola volta, è lo stesso “nemico”, sentendosi colpito da un pallino, a dichiararsi colpito e uscire sportivamente dal gioco. Il soft air non va confuso con il “paint-ball”, praticato in altri Paesi, dove i pallini contengono vernice per “macchiare” il bersaglio. In Italia, dove l’uso della vernice è vietato, vige la sportività e la lealtà. «Se durante l’azione ci avviciniamo troppo all’avversario – spiega Giancarlo Fotia, caposquadra della Ras Team (Rhegium air soft) – non spariamo nemmeno, per evitare che il pallino sparato da distanza ravvicinata, sebbene indirizzato non in punti pericolosi, possa ugualmente procurare dolore o lividi. Ci limitiamo a dire “sei sotto tiro”, e l’avversario si chiama fuori dal gioco. Ogni gara finisce con una stretta di mano». «Non siamo rambo, e non ne vogliamo – ribadisce Gelsomini, che è anche presidente del Club Ras Team – la nostra squadra è aperta a tutti ma prima di farne parte bisogna superare una selezione, e dimostrare quelle doti di equilibrio che servono, appunto, a far sì che il soft air non si snaturi e resti quello che è, un divertimento».

Le armi.
Fucili e pistole sembrano quasi vere, stesso peso, curate nei minimi particolari, sarebbero indistinguibili dall’originale se non fosse per il tappo rosso, ben verniciato sull’imboccatura della canna. Le pistole possono essere a gas o elettriche, sono maneggievoli e utili come arma da fianco, ma nel soft air è essenziale un buon fucile. I nuovi modelli sono quasi tutti elettrici, meno quelli da cecchino, che possono essere a molla. Un buon fucile può arrivare a costare anche diverse centinaia di euro, la sua manutenzione invece ha dei costi assolutamente non proibitivi, circa 12 euro l’anno. «Con l’ingresso sul mercato dei prodotti cinesi – spiega Gelsomini – sono in tanti che oggi si accostano al soft air. Adesso un fucile cinese, che resta di qualità medio-bassa, può costare appena 125 euro, un prezzo sicuramente abbordabile per tutte le tasche». E proprio per venire incontro ai principianti, il Soft Air Market sta predisponendo un “pacchetto tutto compreso”, abbigliamento e arma, che costerà circa 500-600 euro, pagabili a rate.
Ma come convincere le mogli a far partire i mariti armi in spalla la domenica? «Ci sono quelle che ci osteggiano – risponde Scalzo – ma solo perché il soft air toglie tempo, altre invece si uniscono a noi. Il tutto è farle provare».

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