Reggio Città Metropolitana. Bova: «È il momento dell’autonomia»

Reggio Calabria. La nostra realtà è piena di problemi, alcuni più antichi, altri più recenti. Il lavoro, un ambiente vivibile, la sicurezza, un sistema sanitario efficiente, una crescita sostenibile, sembrano ai più obiettivi oltre il nostro orizzonte. Su di essi, oggi, grava la crisi straordinariamente pesante che attraversa il mondo intero e, in contemporanea, un’inquietudine profonda che deriva dal disastroso terremoto in terra d’Abruzzo.
La conseguenza ovvia dovrebbe essere quella che tutti, sottolineo tutti, a partire da quelli che hanno responsabilità politiche ed istituzionali, si agisse avendo come priorità esclusiva il bene comune, lavorando sodo e ricercando una effettiva unità d’intenti, al di là e al di fuori degli interessi di bottega, di campanile o, semplicemente, di parte.

Purtroppo le cose non vanno in tale direzione. Così, a mali oggettivi, si aggiunge una litigiosità tanto gratuita quanto pericolosa, che sorvola le questioni di merito, distrae dagli impegni più urgenti, divide quello che doverosamente e responsabilmente dovrebbe stare unito sopra ogni cosa.
Per questo ogni occasione è utile per mettere in pratica il vecchio teatrino: questa volta lo spunto, si fa per dire, nasce dalla decisione della Camera di far diventare dieci le aree metropolitane, da nove quali erano originariamente ipotizzate, nella logica antica che oltre Napoli o Bari non si dovesse comunque procedere. Insomma, l’Italia, la modernizzazione necessaria, un nuovo progetto unitario per il sistema Paese, dovevano avere quel confine invalicabile.
Così la pietra dello scandalo diventa che Reggio di Calabria e la sua provincia vengano assunte a decima area metropolitana d’Italia.
Tuonano settori della Lega, amplificano grandi quotidiani del Nord; ma come – sostengono – Verona, che è più grande, più ricca e più sviluppata, no, e Reggio Calabria sì? Fanno finta di non sapere che l’area di cui si parla riguarda non solo una provincia, ma anche l’altra sponda dello Stretto. Il fine evidente è quello di nascondere la verità perché non se ne faccia nulla. È storia vecchia e in qualche modo normale con i tempi che corrono.
Però i due maggiori partiti italiani, Pd e Pdl, non ci stanno e, una volta tanto, la “Padania padrona” resta con le pive nel sacco.
Tutto risolto? No. Volete che in Calabria non si litighi anche su questo? Detto, fatto: così è. Volano irresponsabilmente parole in libertà e offese gratuite ed anche pezzi importanti del Pd e del Pdl, che hanno rilevanti responsabilità amministrative, mentre in Parlamento hanno votato uniti, qui si dividono.
Se non lo avessi sotto gli occhi, non ci crederei. In nessuna delle altre nove regioni italiane in cui sono state istituite le aree metropolitane c’è stata divisione e nemmeno discussione su questo; da noi sì. Ci si riempie la bocca di paroloni, evocando irresponsabilmente vecchie divisioni di campanile che con la situazione di oggi non c’entrano proprio nulla.
Fermatevi, riflettete, confrontiamoci: alla Calabria serve “essere parlata”, come diceva il nostro Corrado Alvaro. Oggi più che mai.

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Il confronto deve essere civile, pacato, veritiero; l’opposto di una lunghissima, velenosa campagna elettorale tesa a strumentalizzare tutto e il contrario di tutto.
Una discussione nel merito ci farebbe affermare che la futura Città metropolitana avrebbe tutte le prerogative della vecchia Provincia e qualche altra in più, quale la responsabilità della pianificazione e delle reti. Potremmo, ancora, facilmente rilevare come qualsiasi attenzione nazionale ed europea sulle altre aree metropolitane del nostro Paese avrebbe ricadute automatiche e positive anche sulla Calabria. Più in generale, l’ammodernamento dei collegamenti tra queste aree finirebbe per riguardare l’insieme della realtà italiana e calabrese. Messina e la sua provincia rappresentano così non il rischio o la divisione, ma la chiave per l’Area metropolitana dello Stretto.
D’altronde, la Calabria com’è stata finora la conosciamo bene. Comunque sia andata per l’Italia, qui se ne è beneficiato poco o nulla. Certo, hanno pesato tanto le miopie, le scelte o, se volete, le rinchiusure di tante classi dirigenti del Paese. Ma, solo questo? E noi? Cosa ci viene da una visione della Calabria quale una sorta di vecchia “riserva indiana”? Dove ci porta la paura del nuovo, l’assenza di coraggio? Come indichiamo alle nuove generazioni un percorso per il futuro?
Io rispondo che questo è il momento dell’audacia, dell’autonomia, dell’assunzione piena della responsabilità.
Come e di più rispetto a quel 22 dicembre del 1985, quando con un referendum dicemmo “no” alla costruzione a Gioia Tauro di una mega centrale a carbone e di un terminal carbonifero, aprendo così la strada al “miracolo” del porto.
Come allora, anche oggi la scelta di battermi per la Città metropolitana non è stata per nulla improvvisata. Ho passato tutta la mia vita in Calabria, in tutta la Calabria, faticando tutti i giorni per servire le ragioni dei più deboli e dell’intelligenza al servizio del bene comune e del progresso dei calabresi.
Così, nel 2003, a viso aperto ho posto la questione della Città metropolitana in Consiglio regionale e, su questa strada, ho continuato nei periodi successivi. Nelle passate settimane ho lavorato, assieme a tanti altri, perché questa buona idea si realizzasse. Così continuerò a fare, con testardaggine, convinto, come sono, che l’esempio sia il seme del germoglio successivo.

Giuseppe Bova
Presidente del Consiglio regionale della Calabria

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