Reggio Calabria. “Chimica e futurismo tra letteratura e scienza” sarà il tema della IV serata futurista promossa dall’Associazione Culturale Anassilaos che si terrà venerdì 19 giugno alle ore 21,00 presso la Sala di San Giorgio al Corso con l’intervento del Dott. Francesco Cardone, responsabile della sezione Scienze dell’Associazione Culturale Anassilaos e studiodo di storia della Chimica alla quale ha dedicato numerose ricreche e pubblicazioni. Al centro della sua conversazione ancora una volta il movimento futurista che ha fatto registrare sia in pittura e scultura che in letteratura una notevole presenza di parole, termini ed immagini mutuati dal linguaggio della chimica. In Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944) – fondatore del movimento – convivono elementi diversi e contraddittori. La passione smodata verso l’essenza della materia e la ricerca della sostanzialità dell’esistenza lo configurano come un chimico sui generis, ma anche come un attento indagatore della profondità del vivere. Egli ha ravvisato in ogni materia il soffio vitale che la sostenta e ciò ha contribuito ad avvalorare il dualismo Corpo e Spirito che da sempre ha agitato il contrasto tra due dicotomie: religione e fede da una parte e materialismo e scienza dall’altra. Ma è soprattutto il tentativo di fare della vita <<un’opera d’arte>> mediante il ritorno dell’uomo al rapporto diretto con il mondo materiale senza alcun filtro. Così facendo egli si riappropria dell’intimo rapporto con la materia e riscopre i valori più fondativi dell’uomo e delle sue azioni, del suo essere costituito di piccolissime entità, gli atomi, che lo rendono soggetto alle fluttuazioni di tipo elettromagnetico. Nel Manifesto della scienza futurista (1917) ma anche nell’Invito alla Chimica Gastrica traspare un’ineludibile sensibilità verso la dimensione materiale, che si traduce nel concepire tutto l’universo alla stregua di una <<commistione di elementi diversi>> atti a formare, nell’apparente e disarmonico caos, il massimo dell’armonia vitale.
Note (da Wikipedia)
Cenni storici: Il futurismo nasce in un periodo (inizio ‘900) di grande fase evolutiva dove tutto il mondo dell’arte e della cultura era stimolato da moltissimi fattori determinanti: le guerre, la trasformazione sociale dei popoli, i grandi cambiamenti politici, e le nuove scoperte tecnologiche e di comunicazione come il telegrafo senza fili, la radio e gli aeroplani; tutti fattori che arrivarono a cambiare completamente la percezione delle distanze e del tempo, “avvicinando” fra loro i continenti. Il XX secolo era quindi invaso da un nuovo vento, che portava all’interno dell’essere umano una nuova realtà: la velocità. Le catene di montaggio abbattevano i tempi di produzione, le automobili aumentavano ogni giorno, le strade iniziarono a riempirsi di luce artificiale, si avvertiva questa nuova sensazione di futuro e velocità sia nel tempo impiegato per produrre o arrivare ad una destinazione, sia nei nuovi spazi che potevano essere percorsi, sia nelle nuove possibilità di comunicazione.
Il contesto: I futuristi esplorarono ogni tecnica espressiva, dalla pittura alla scultura, in letteratura riguardo alla poesia e al teatro, ma non trascurarono neppure la musica, l’architettura, la danza, la fotografia, il nascente cinema e persino la gastronomia. Anche se si possono osservare segnali di una imminente rivoluzione artistica nei primissimi anni del secolo – tra cui nel 1907 il saggio Entwurf einer neuen Ästhetik der Tonkunst (Abbozzo di una nuova estetica della musica) del compositore italiano Ferruccio Busoni- la nascita ufficiale del movimento, e la stessa nascita della parola “Futurismo”, fu opera del poeta italiano Filippo Tommaso Marinetti che ne codificò la filosofia redigendo il Manifesto del Futurismo (1909), pubblicato inizialmente a Milano e successivamente sul quotidiano francese Le Figaro il 20 febbraio, grazie all’intercessione della figlia dell’editore, oggetto del desiderio amoroso di Marinetti. Il futurismo si colloca sull’onda della rivoluzione tecnologica dei primi anni del ‘900 (la Belle époque), esaltandone la fiducia illimitata nel progresso e decretando violentemente la fine delle vecchie ideologie (il passatismo). Per esempio, Marinetti esalta il dinamismo, la velocità, l’industria e anche la guerra intesa come “igiene del mondo”, identificando nel Parsifal wagneriano (che proprio in quegli anni cominciava ad essere rappresentato nei teatri d’Europa) il simbolo artistico del passatismo, dell’arte decadente e pedante.