La parola ai Dottori di Ricerca del Dipartimento SAT, ed alle loro capacità di approfondimento teorico rivolte alla concretezza delle problematiche territoriali: il primo ad intervenire è Domenico Palamara, Pianificatore territoriale ed Urbanista, Dottore di Ricerca in “Pianificazione Territoriale”, Master in “Urbanistica nella Amministrazione Pubblica” presso l’Università di Roma La Sapienza e laureato “cum laude” in PTU&A a Reggio Calabria. Si occupa di ricerca scientifica sui temi della sostenibilità urbana e sulle tematiche territoriali collegate al governo sovracomunale, oggi di grandissima attualità. (EC)
Riflessioni su Aree e Città Metropolitane
di Domenico Palamara
Nel 2004, dopo la laurea in Pianificazione Territoriale Urbanistica e Ambientale, iniziai ad occuparmi di Aree Metropolitane, il titolo della ricerca del mio Dottorato è “Dall’Area Metropolitana alla Città Metropolitana: forme di governo e strumenti di pianificazione”.
L’aprile scorso, mi trovavo per motivi di studio e di ricerca a Parigi, autentico “cuore” metropolitano d’Europa, occupandomi proprio di temi metropolitani quando mi giunse la notizia (inattesa e per certi versi incredibile) che Reggio Calabria era diventata una Città Metropolitana. La novità per Reggio Calabria è comprensibile, ma in verità le Città Metropolitane sono state introdotte in Italia nel 1990 (dal 2001 sono anche inserite nella nostra Costituzione) e nei fatti, nella realtà, non esistono, nulla di concreto è accaduto in questi anni nonostante le buone intenzioni e città come Roma, Milano, Napoli o Torino non hanno cambiato il loro status amministrativo.
Tuttavia, durante questi anni, ci sono stati dibattiti e confronti sull’argomento, molti promossi dall’Anci (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) e dall’Upi (Unione delle Province Italiane), e sono stati prodotti studi e ricerche da parte di urbanisti, geografi e giuristi e anche alcune proposte di legge attuative che però sono sempre rimaste ferme in Parlamento.
La Città Metropolitana, come nuovo ente del governo territoriale, si colloca nel contesto dei principi di differenziazione e adeguatezza. Dove nel territorio è presente un’Area Metropolitana, si stabilisce che in quello stesso territorio il governo locale deve essere gestito da un Ente apposito, che non è né il Comune né la Provincia, ma un nuovo Ente creato “ad hoc” e che la Costituzione denomina “Città Metropolitana”. L’Area Metropolitana presenta dei problemi di governo suoi propri, che necessitano di una struttura di governo differenziata e adeguata: appunto, la Città Metropolitana.
In ordine alle modalità organizzative di questo nuovo Ente, la Costituzione si limita a prevedere la Città Metropolitana come Ente Locale preposto al governo delle Aree Metropolitane, senza introdurre però ulteriori profili che possano servire a individuarne i contorni. Il compito di costruire i lineamenti del nuovo Ente è del legislatore statale (non di quello regionale) in virtù dell’art. 117 della Costituzione.
In attesa che il legislatore nazionale provveda a legiferare per la costituzione delle Città Metropolitane, si possono richiamare alcuni punti fermi relativi alla Città Metropolitana.
Il primo punto, che può sembrare un’ovvietà (ma non lo è) è che la Città Metropolitana deve essere costituita, la cosa non è facoltativa, ma obbligatoria, perché oggi la Città Metropolitana è prevista nella Costituzione.
Il secondo punto: nelle Aree Metropolitane, la Città Metropolitana diventa l’unico Ente di governo territoriale. Essa prende il posto della Provincia, del Comune capoluogo e degli altri Comuni che con esso si aggregano nella Città Metropolitana. Il territorio metropolitano viene al suo interno diviso in una nuova serie di Enti, che saranno i Municipi; questi saranno enti di dimensione corrispondente a quella dei preesistenti Comuni dell’Area Metropolitana e a quella delle Circoscrizioni del Comune capoluogo.
Terzo punto, la Città Metropolitana diventerà titolare di tutte quelle funzioni oggi Provinciali che sono ascrivibili al governo dell’area vasta. Quindi, sicuramente, tra le altre, quelle di pianificazione territoriale, di programmazione economica, di coordinamento dello sviluppo. Ma, anche se diventa titolare della grandissima parte di queste funzioni, non necessariamente diventa titolare di tutte le funzioni provinciali; perché non è escluso che singole funzioni provinciali, di dimensioni “minori”, possano essere attribuite ai Municipi. Allo stesso tempo alla città metropolitana passano anche molte delle funzioni comunali che presentano la medesima caratteristica.
Quarto punto, la circoscrizione territoriale della Città Metropolitana corrisponde all’Area Metropolitana. Delimitare l’Area Metropolitana significa tracciare il confine amministrativo della Città Metropolitana. Naturalmente l’Area Metropolitana arriva fin dove si ritiene debba arrivare.
Per delimitare un’Area Metropolitana sono stati fatti molti studi scientifici e tecnico-specialistici, e sono state sviluppate diverse tecniche di perimetrazione, ma delimitare un territorio per istituire un nuovo Ente è anche una scelta di natura politica e quindi a seconda delle spinte che prevarranno si potrà avere un perimetro più o meno grande; un perimetro che potrebbe corrispondere all’Area Metropolitana in senso stretto oppure ancora ad un’Area Metropolitana “allargata”. Naturalmente, il perimetro può coincidere con la Provincia o può coinvolgere più Province o pezzi di più Province. Quindi la circoscrizione territoriale è variabile e dipende dalle scelte che gli enti vorranno fare, e nulla vieta che anche al di là dell’Area Metropolitana in senso stretto, si ritenga di ampliare l’area di governo della Città Metropolitana a zone esterne all’Area Metropolitana, ma ovviamente in questo caso si finirebbe per snaturare il concetto stesso di Città Metropolitana come Ente di governo di un’Area Metropolitana.
In Europa vi sono circa 120 fra Regioni e Aree Metropolitane. Si tratta delle zone urbane più grandi (con una popolazione superiore ai 500.000 abitanti), che riguardano complessivamente il 60% della popolazione europea.
Il primo requisito, la condizione necessaria, per qualificare un territorio come “area metropolitana” è che in esso vi siano una concentrazione e un assortimento significativi di funzioni di rango elevato, non solo extralocale ma quanto meno regionale (in senso lato), nazionale o internazionale. Il rango di una funzione è dato da una serie di fattori, quali: il livello che occupa nella rispettiva tipologia funzionale (ad esempio nella direzionalità politica e finanziaria, nella cultura, nella formazione, nel sistema dei media, ecc.), la sua rarità, il bacino di utenza (locale, regionale, nazionale, internazionale, mondiale), l’interconnessione con funzioni analoghe o complementari nel “resto del mondo”; altri connotati che qualificano un’area metropolitana sono il numero di abitanti residenti, il numero di city users, la densità di popolazione, il numero di addetti alla produzione di servizi rispetto al numero di addetti alla produzione di beni.
Vale la pena ricordare che si possono distinguere tre livelli nell’organizzazione metropolitana del territorio: le Aree Urbane, le Aree Metropolitane e le Regioni Metropolitane; le differenze sono date dalla crescente qualità e quantità delle relazioni e delle funzioni presenti.
Quindi, considerando le Aree Metropolitane italiane non solo in relazione al contesto socio-economico nazionale, ma piuttosto in un quadro europeo e mondiale, si dedurrebbe che non tutte le aree Metropolitane Italiane, tra quelle indicate dalla legislazione, hanno una “dimensione metropolitana” adeguata (per popolazione, funzioni, relazioni, attività) ad essere considerate tali, questo almeno secondo i parametri utilizzati per le rilevazioni da organismi internazionali quali ad esempio l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) o altri centri di ricerca come ESPON (European Spatial Planning Observation Network).
A seconda degli studi considerati le Aree Metropolitane italiane varierebbero da 4 (Roma, Milano, Napoli e Torino) a 6 (aggiungendo anche Bologna e Genova); lo studio realizzato da ESPON, per citarne uno, classifica queste 6 città con la definizione di “MEGAs” (Metropolitan European Growth Areas). Le altre 9 Città Metropolitane italiane, pur non presentando gli elevati livelli di “metropolitaneità” riscontrati nelle città succitate, si pongono come Aree Metropolitane di rango nazionale (talvolta regionale) e sempre l’ESPON le classifica con la definizione di “FUAs” (Functional Urban Areas).
In questo contesto, di livello europeo, Reggio Calabria e Messina, sono considerate come “aree urbane funzionali regionali”, in effetti, le indagini statistiche le considerano spesso come due entità separate; tuttavia se si realizzasse un reale e concreto livello di governo metropolitano che le comprenda entrambe, sulla base, ad esempio, di un modello volontario come quello messo in atto dall'”Öresund Committee” di København e Malmö (un modello addirittura transnazionale, visto che comprende territori danesi e svedesi), si potrebbe gestire ed organizzare più efficacemente l’Area Metropolitana che le comprende, e questa sarebbe in grado di competere con le altre Aree Metropolitane italiane ed europee ma soprattutto potrebbe svolgere un ruolo di primo piano nel bacino del Mediterraneo.
(rubrica a cura del prof. Enrico Costa)