Reggio Calabria. «Vogliamo esserci anche per dare un segnale di vicinanza a questi ragazzi». Non erano parole di circostanza, quelle pronunciate ieri mattina dal segretario provinciale del Consap, Carlo Figliomeni, nel corso della conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa dal titolo “Un sorriso condiviso”, organizzata dal sindacato di polizia. Ufficialmente non è trapelato nulla, e la stessa frase di Figliomeni è scivolata soffice soffice in chiusura di conferenza stampa.
Era un messaggio “criptato”, il suo, da annotare sui taccuini dei giornalisti, e da recapitare a mezzo stampa a chi ha orecchie per intendere. Il sindacato di polizia Consap è fisicamente ed idealmente vicino a Casa Gulli, e alla Piccola Opera Papa Giovanni fondata da Don Italo Calabrò. Un messaggio di solidarietà che travalica le già nobilissime finalità della manifestazione.
L’intimidazione.
Risale a qualche mese fa un grave atto di intimidazione perpetrato da ignoti all’interno del perimetro della splendida villa che sorge su via Gebbione, ristrutturata e adibita a casa di accoglienza per persone con disabilità. Ignoti hanno fatto trovare agli assistenti che vi prestano servizio un macabro messaggio. Accanto alla piccola struttura che ospita animali d’allevamento, nottetempo qualcuno ha sottratto dei conigli e li ha impiccati poco distante. Qualcuno, evidentemente, non gradisce la presenza della Piccola Opera Papa Giovanni nel cuore di Gebbione.
Dalle stalle alle stelle.
Una presenza, invece, che ha restituito un’anima alla splendida villa che, dopo i fasti di un tempo, era rimasta abbandonata per decenni, per poi essere miseramente adibita a stalla ad opera degli ultimi arrivati. Respinti con le buone e con le cattive i tentativi di acquisizione da parte degli sgraditi “inquilini”, l’ultima proprietaria, erede del nobile casato Gulli, prima di spirare ha donato la villa e il terreno alla Piccola Opera Papa Giovanni.
Oggi, Casa Gulli può ospitare sei persone. I “padroni di casa” sono persone con disabilità mentali, che dopo un lungo percorso riabilitativo possono fare ritorno a casa. Casa Gulli è la meta di chi di loro non ha più una famiglia o di chi ne ha una che non è in grado di provvedere ad accudirlo. Sei posti, e non di più, proprio per ricreare il calore del focolare domestico, tenuto vivo dagli operatori della Piccola Opera Papa Giovanni.
Un sorriso condiviso.
Il progetto del sindacato di polizia Consap è la naturale prosecuzione dell’iniziativa di solidarietà “Sketchando s’impara”, che l’anno scorso era stata ospitata presso la sala Versace del Cedir. Una splendida cornice che, però, non era sufficiente per accogliere al meglio i giovani con disabilità. Ecco che ci si è trasferiti a Casa Gulli, già per la conferenza stampa, alla quale hanno preso parte la psicologa Roberta Racinaro, il presidente della Piccola Opera Papa Giovanni, Piero Siclari, l’assessore provinciale Rocco Agrippo, Carlo Figliomeni e Michele Carilli del Consap.
«Nel nome c’è già tutto il significato dell’iniziativa. Quest’anno abbiamo pensato di andare noi presso le case di cura – ha spiegato il segretario del Consap Carlo Figliomeni – per condividere con loro un sorriso. Senza una grande platea, ma con un grande obiettivo, arrivare direttamente al cuore dei ragazzi in cura, e regalare un momento di svago. Siamo convinti che daremo qualcosa, ma sicuramente riceveremo tanto». Per realizzare tutto ciò il Consap, che ha ottenuto il patrocinio della Provincia (l’iniziativa sarà portata anche presso altre strutture nel territorio della provincia), ha coinvolto artisti e associazioni che domani alle ore 19 presso Casa Gulli, a titolo gratuito, forniranno un contributo di alto spessore umano e professionale. Il cast è composto da Nino Pizzimenti (Nino’s Entertainment), i Cabarèggio, il gruppo folk “Gli Agatini di Cataforio” e il gruppo di musica celtica “Gluckners”.
Dal canto loro, Ciccio, Totò e Umberto, sono già pronti a sorridere con tutti i reggini che domani sera assisteranno allo spettacolo, l’ingresso è gratuito e l’invito è esteso a tutta la cittadinanza. Un’occasione da non perdere per “condividere un sorriso” e per vedere da vicino e apprezzare il valore dell’attività della Piccola Opera Papa Giovanni. Un’occasione per scacciare i fantasmi che aleggiano ancora su Casa Gulli, rappresentati non da strani rumori, ma dal gesto vigliacco di chi non è meno “coniglio” degli animaletti che ha impiccato.
Fabio Papalia
Tra leggende di fantasmi e storia patria.
Reggio Calabria. Tutti la chiamano Casa, Casa dei fantasmi, ma in effetti è una splendida villa gentilizia che racchiude in sé sprazzi di storia cittadina, tragedie umane e quel piccolo mistero amplificato dalle credenze popolari. La prima affascinante attrattiva è data dalla figura eroica del proprietario. Tommaso Gulli, capitano di corvetta della Regia Marina, medaglia d’oro al valor militare, comandante dell’Ariete torpediniere Puglia, fu trucidato l’11 luglio 1920 nel corso di un tumulto le cui cause non furono mai chiarite e che vide contrapposti una parte della popolazione di Spalato, supportata da militari serbo-croati-sloveni, a un gruppo di militari italiani. La città di Reggio dedicò all’eroico ufficiale una via del centro storico, l’Istituto Magistrale, la Compagnia portuale, la Sezione dei marinai in congedo e, nel periodo del Fascismo, una squadra d’azione. Così in quella villa di via Gebbione, costruita nel 1753 sulle fondazioni di una più antica residenza patrizia, continuarono a vivere la moglie baronessa Maria Nesci e i tre figli Vincenzo, Agata e Anna. Si racconta che la baronessa madre avesse impartito ai propri figli una educazione rigida, basata su ideali di nobiltà e, soprattutto, sulla venerazione esasperata della figura del padre Tommaso. Trascorrono gli anni, nei bassi della villa si lavora il bergamotto, tra le melodie suonate al pianoforte da Vincenzo. Giunge il 1943, l’Italia è allo stremo, la Città si appresta a vivere i momenti più disperati con i devastanti bombardamenti angloamericani. La villa è frequentata da ufficiali tedeschi che hanno stretto amicizia con Agata e Anna. Il destino, però, è in agguato. La tragedia si materializza il 9 febbraio. Vincenzo, è solo in casa, raccoglie nella sua stanza tutto ciò che è appartenuto all’eroico padre ( foto, libri, divise). Scrive su un biglietto: “ai carnefici di mio padre le mie ceneri” e, dopo aver cosparso se stesso e gli oggetti con olio di bergamotto, si dà fuoco insieme a tutti quei ricordi. Vincenzo muore con le carni straziate dalle fiamme, l’incendio distrugge parte della villa e la famiglia Gulli abbandona definitivamente quell’infelice residenza. A questo punto, entra in scena il soprannaturale. A sentir la gente, i fenomeni sono vari: visioni, suoni, voci. In molti sostengono di aver visto, attraverso le finestre, la figura di un uomo magro e vestito di nero. Chi invece è certo di avere ascoltato, più volte, provenire dalla villa il suono di un pianoforte. Altri ancora, dicono di aver sentito voci di bambini che chiamano la mamma. In quella villa vagano le anime di Tommaso e Vincenzo Gulli? Perché?
Tommaso Gulli
Nato a Faenza da una nobile famiglia reggina, frequentò l’Accademia navale di Livorno uscendone col grado di guardiamarina nel 1902. Come primo incarico fu assegnato al Regio Incrociatore Corazzato Carlo Alberto, che rappresentò l’Italia all’incoronazione del re Edoardo VII del Regno Unito, proseguendo poi per Kronštadt in occasione della visita di Vittorio Emanuele III in Russia. In questo periodo, il Carlo Alberto fu messo a disposizione di Guglielmo Marconi per una serie di esperimenti radio con l’apparecchiatura Detector. Passato alla Corazzata Lepanto, nel 1904 venne promosso Sottotenente di vascello. Successivamente passò sull’Ariete Corazzato Marco Polo, che fin dal 1898 partecipava a varie missioni esplorative e di supporto nei mari della Cina. Per due anni (1905-1906) Gulli fu assegnato alla Legazione italiana di Pechino. Tornato in Italia, Gulli fu dapprima imbarcato sulla Nave Ausiliaria Tevere, e successivamente – col grado di Tenente di vascello – partecipò alla guerra italo-turca (1911-1912) a bordo dell’Incrociatore Varese, impiegato soprattutto nelle operazioni di invio e di sbarco di truppe e materiali in Libia, oltre che in azioni di blocco delle coste africane e di tiro alle postazioni militari ottomane. Nel corso della Prima guerra mondiale fu imbarcato sulla Nave da battaglia Regina Margherita, che il 12 dicembre 1916 affondò nelle acque di Valona, a seguito dell’urto di due mine, perdendo 617 uomini del proprio equipaggio. Gulli terminò la guerra come comandante della Torpediniera 29 AS – con incarichi prevalentemente di guardia alle coste – venendo promosso Capitano di Corvetta nel gennaio del 1918. Il 1 gennaio 1920, Gulli assunse il comando dell’Ariete torpediniere Puglia, impegnato nell’occupazione militare della Dalmazia a seguito del Patto di Londra e delle clausole armistiziali. La nave, principalmente, fu impiegata a Spalato. Nel pieno della battaglia diplomatica per le sorti della regione – contesa fra l’Italia e il neonato Regno dei Serbi, Croati e Sloveni – la presenza di una nave da guerra italiana nelle acque spalatine fu considerata dalla stampa jugoslava come una provocazione, e si susseguirono gli incidenti fra la popolazione slava della città e i marinai italiani. Nel corso di un tumulto il comandante Gulli e il fuochista Aldo Rossi vennero colpiti a morte, spirando entrambi nelle prime ore del giorno successivo.
La memoria
Il tumulto di Spalato fu il motivo scatenante dei disordini del 13 luglio 1920, che portarono al rogo del Narodni dom a Trieste. Il nome di Gulli divenne quindi un simbolo nella lotta fra italiani e slavi sulle terre contese dell’Adriatico orientale. La nave Puglia nel 1923 venne donata dalla Regia Marina a Gabriele d’Annunzio: la prua venne quindi inserita dal poeta nel parco del Vittoriale degli italiani, simbolicamente rivolta verso l’Adriatico. Quando – fra 1941 e 1943 – Spalato venne annessa al Regno d’Italia con la creazione del Governatorato della Dalmazia, il tratto della riva dal quale partirono i colpi che uccisero Gulli e Rossi venne intitolato a Tommaso Gulli, e venne eretto a sua memoria un cippo memoriale.
Motivazione Medaglia d’Oro al Valor Militare
«Comandante della Regia Nave Puglia a Spalato, avendo avuto notizia che i suoi ufficiali erano assaliti da una folla di dimostranti, si recava prontamente a terra con motoscafo, consciamente esponendosi a sicuro rischio di vita, col solo nobile scopo di proteggere e ritirare i suoi ufficiali. Fatto segno a lancio di bombe e scarica di fucileria, benché ferito a morte, nascondeva con grande serenità di spirito la gravità del suo stato e, con contegno eroico e sangue freddo ammirabile, manteneva l’ordine e la disciplina fra i suoi subordinati, evitando che nell’eccitazione degli animi il MAS con cannone e poi la Puglia colle artiglierie usassero rappresaglia. A bordo sottoposto ad urgente operazione chirurgica, moriva poco dopo, fulgido esempio di alte virtù militari».
Spalato, 11 luglio 1920
Pino D’Amico
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