L’attuale fase politica impone una riflessione sul recente passato – dichiara l’on. Nino Foti, deputato PDL eletto in Calabria – su ciò che non ha funzionato al Sud nel tentativo di ridurre e riequilibrare i divari sia territoriali che sociali. Un tema di interesse europeo ed euromediterraneo, che però viviamo in Italia con particolare intensità per la portata che hanno assunto le criticità del Mezzogiorno. La fase di crisi che l’economia globale sta attraversando impone un ripensamento riguardante le modalità di utilizzo e di valorizzazione delle risorse a nostra disposizione con l’obiettivo di evitare qualsiasi forma di uso inefficiente delle stesse. Il Piano del Governo per il Sud che verrà presentato al prossimo Consiglio dei Ministri, ritengo non possa e non debba muovere i suoi primi passi se non sulla base di alcune riflessioni fondamentali. I meridionali in generale, noi Calabresi in particolare, e soprattutto coloro che rivestono responsabilità politiche, non possono sottovalutare l’importanza dell’attuale fase politico – programmatica che interessa il periodo 2007-2013, con riflessi di spesa che arriveranno fino al 2015 ed oltre, più di 100.000 milioni di euro, tra risorse comunitarie e nazionali, destinati ad interventi di sviluppo dei territori e, soprattutto all’innovazione ed alla competitività, elemento determinante di qualsiasi fenomeno di crescita socio-economica. Il nodo delle risorse finanziarie destinate a sostenere la crescita degli stati membri e i processi di convergenza delle regioni, alla luce dei risultati poco brillanti che l’Italia ha finora conseguito, è diventato nuovamente il tema da risolvere, almeno per ciò che riguarda il Mezzogiorno. In una congiuntura che ad oggi tiene ancora nascosto il reale impatto sui sistemi produttivi e le effettive ricadute sull’occupazione, le esportazioni, la domanda interna, stabilire il livello adeguato di risorse necessarie per affrontare un periodo di forte complicazione dei problemi già rilevanti che occupano l’agenda della politica economica nazionale, appare già di per sé un sistema a troppe incognite. Esiste infatti un dilemma dello sviluppo meridionale: risorse scarse o troppo abbondanti? Fra il 2000 e il 2006 la spesa in conto capitale del settore pubblico allargato è cresciuta del 36% nel Centro Nord e del 13% nel Mezzogiorno. La spesa pro.capite meridionale è inferiore del 6,4% rispetto alla media nazionale. A partire dal 2000, nell’ambito del Quadro Comunitario di Sostegno comunitario, sono, tuttavia, affluiti nel Mezzogiorno 57,5 miliardi di euro (costi ammessi nei rendiconti al 31 agosto 2008) per finanziare ben 259mila progetti. Agli aiuti diretti alle imprese sono andati 11 miliardi, 10 miliardi per infrastrutture di trasporto, 4,7 miliardi per l’agricoltura, 1,8 miliardi per i circa 60.000 progetti riguardanti istruzione e formazione. Per il Sud, o almeno per le quattro regioni maggiori, un prolungamento della crisi potrebbe ancora di più ridurre il potenziale già debole di opportunità e estendere invece l’area del rischio che in primo luogo significa un’ulteriore ritirata sul terreno della legalità e della sicurezza. Del resto lo scarso impatto che finora hanno avuto le ingenti risorse indirizzate al Sud, condiziona fortemente i termini del dibattito che oppone, da un lato, chi lamenta una progressiva riduzione dei trasferimenti alle regioni meridionali e degli investimenti rispetto a quanto è accaduto ad altre regioni. Dall’altro lato, invece si colloca chi mette in evidenza come le risorse finora impegnate e spese nelle regioni meridionali non solo non sono state efficaci nel contrasto se non nella riduzione del divario Nord-Sud, ma anzi hanno alimentato i circuiti meno trasparenti dello scambio di beni economici e, addirittura, ridotto quel minimo di iniziativa imprenditoriale che ha continuato ad essere anestetizzata da incentivi senza obbligo di risultato e da progetti del tutto scollati dalle reali esigenze dei sistemi locali produttivi. Sembra quindi difficile trovare una via d’uscita dal dilemma fra troppe o poche risorse. Il Sud non può che trovare al suo interno le energie e le strategie indispensabili a risollevarsi. Il vuoto fino ad oggi provocato da una classe dirigente che non si è dimostrata capace di affrontare l’attuale critica situazione rischia di essere coperto da soggetti regressivi della società meridionale, a partire dalla criminalità organizzata. Nella globalizzazione il gioco dello sviluppo sta tutto nel saper cogliere le opportunità, non nel conformarsi a modelli assoluti da imitare. Proprio la mondializzazione apre a logiche multipolari, cerca un riequilibrio verso Oriente, ma anche verso il Sud,che ne nostro contesto regionale significa Mediterraneo. Il Quadro Nazionale di Sostegno, nel tracciare gli indirizzi e le linee delle politiche di sviluppo delle aree con problemi del nostro Paese, ne ha destinate una quota significativa, pari a circa 20 miliardi di euro, alle azioni di sostegno, da realizzare sia livello nazionale, a cura del Mise e del Miur, sia a livello regionale, per la ricerca, innovazione e competitività dei sistemi produttivi. Gli indirizzi di programmazione di queste risorse identificano traguardi ambiziosi e puntano al finanziamento di progetti innovativi, di frontiera, di contaminazione tra mondi ed esperienze diverse (ricerca/ industria; pubblico- privato). Il principale interrogativo di questa fase di programmazione è, quindi, se la Calabria sarà in grado di intercettare le risorse destinate a queste priorità, se, cioè, potrà disporre della capacità progettuale necessaria ad assicurare un effettivo e qualificato assorbimento del potenziale di risorse a sua disposizione. Sotto questo profilo la rarefazione del tessuto produttivo, la ridotta entità dell’apparato scientifico ed innovativo, a paragone delle regioni confinanti, rappresenta un punto di debolezza. Inoltre, se si guarda alla ripartizione finanziaria, fatta eccezione per le risorse destinate ai programmi regionali, non esiste un vincolo territoriale di destinazione ex ante per singola Regione della dotazione finanziaria del PON “Ricerca e Competitività“, pari a circa 6,5 miliardi di euro, a disposizione del Mise e del Miur, queste ultime già in corso di assegnazione, per la macroarea Convergenza o Mezzogiorno. Di conseguenza tali risorse saranno allocate sulla base della domanda effettiva proveniente dai territori. Esistono, quindi, ragionevoli preoccupazioni che, in assenza di una specifica mobilitazione, la Calabria possa beneficiare solo in parte della grande opportunità che si sta presentando. In questo senso formuliamo un appello al Presidente del Consiglio dei Ministri affinché sia scongiurata questa eventualità, e si possa, invece, prevedere un impegno straordinario per assicurare i territori più bisognosi le risorse necessarie allo sviluppo. A tale proposito, da un lato, proponiamo l’introduzione di un meccanismo che consenta, almeno in un primo periodo, l’allocazione ex ante di una parte dei 6,5 miliardi di euro in funzione delle necessità del territorio calabrese – e non già delle sue attuali potenzialità di assorbimento -, allo scopo di tutelarlo dalla concorrenza degli altri sistemi territoriali; dall’altro sollecitiamo l’ avvio, da subito, di un azione tesa a sviluppare le reali capacità di assorbimento del tessuto produttivo sensibilizzando il territorio verso le linee prioritarie e nuove tematiche di intervento, e stimolandolo ad una progettualità che possa rispondere adeguatamente ai requisiti richiesti dal programmatore. Si richiede un piano di azione straordinaria, con obiettivi chiari ed una struttura responsabile perché le opportunità di innovazione e competitività del territorio calabrese legate all’attuale programmazione nazionale possano passare da potenziali ad effettivamente utilizzabili. E’ richiesta al Miur ed in particolare al Mise , un ‘attenzione specifica i territori destinatari, un’attività preparatoria alla fase di attuazione degli interventi che possa rendere i potenziali destinatari effettivamente informati e consapevoli della posta in gioco. Sollecitiamo, in buona sostanza, azione ed attenzione speciale per la Calabria, poiché la politica regionale non produce effetti senza una compensazione degli effettivi svantaggi territoriale in cui i destinatari si trovano ad operare. Il Sud è ancora alla ricerca di un modello. Essendo stato considerato sempre il Sud di qualcosa, il Mezzogiorno è stato oggetto di analisi che hanno mantenuto una direttrice interpretativa che obbligava a guardare a Nord. Infine, se l’autenticità di un modello di sviluppo per il Sud passa per un riconoscimento, seppur tardivo, di ciò che sta alle radici di questo territorio e per un’autonoma responsabilizzazione rispetto alla conservazione di un’identità finalmente ritrovata, allora un ulteriore elemento su cui impostare un percorso di crescita può trovare nell’attenzione alla sostenibilità la cornice fondamentale di riferimento. Dove per sostenibilità si intende non solo l’emancipazione da eccessive dipendenze dall’esterno ma anche l’estensione dei processi di inclusione e di partecipazione dei cittadini piuttosto che di dipendenza dalla spesa pubblica.
On. Nino Foti