Ma chi è il precario?
I vocabolari d’uso ne danno una duplice definizione nell’aspetto umano, etichettandolo come “non stabile, insicuro, provvisorio” e in quello professionale come “lavoratore o dipendente assunto con contratto a termine”.
Ecco chi siamo.
Nessuno di noi ci aveva mai fatto caso: perfettamente descritti sotto i due profili, lavorativo e umano.
Sono una precaria della scuola e solo oggi ho preso esattamente coscienza della mia provvisorietà insieme ad altri colleghi.
“Non c’è più posto per noi”, ci siamo sentiti dire al Provveditorato, e, in piena recessione economica , siamo stati spazzati via dalla “Riforma” con il nostro vissuto personale e professionale.
Per questo, abbiamo costituito questo primo comitato che ha come unico scopo: far conoscere all’opinione pubblica lo stato in cui da qui a qualche giorno i nostri studenti affronteranno l’anno scolastico, a causa dell’accorpamento dei plessi e delle classi e dei conseguenti tagli operati in maniera del tutto indiscriminata nel nostro territorio.
Perché in questo nuovo scenario, i più penalizzati saranno gli studenti e le famiglie. Infatti,la riforma non ha ricadute negative solo sul piano occupazionale ma anche sul livello di conoscenze degli alunni e sul grado di sicurezza degli stessi, all’interno delle strutture scolastiche.
Cominciamo dalla sicurezza, condizione “vitale” – e le cronache possano confermarlo – per la fruizione degli ambienti scolastici, da parte di docenti e, ancor prima, degli alunni.
E così il D. M del 26 agosto ’92 che regolamenta la sicurezza nell’edilizia scolastica stabilisce che, in una qualsiasi aula scolastica, il numero massimo tra discenti e insegnanti sia di 26, tranne particolari assunzioni di responsabilità da parte dei dirigenti.
Nondimeno, l’accorpamento obbliga alla costituzione di classi con oltre 25 alunni ad aula (il numero 26 comprende anche il docente) senza tener conto dell’eventuale presenza di alunni diversamente abili e del docente di sostegno.
Tutto questo in difetto rispetto alla chiosa finale di qualsiasi Legge dello Stato “..è fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare”.
Secondo punto: l’effetto dell’accorpamento ha prodotto tagli al personale docente.
Con tutto il rispetto per i fortunati che quest’anno lavoreranno, possiamo affermare, con certezza, che si ritroveranno davanti una platea da “lezione universitaria” ma con una ricaduta didattica decisamente scarsa sui singoli alunni.
E questo non per “l’ignoranza” dei nostri colleghi, anzi preparatissimi, o per il loro “disimpegno” sul posto di lavoro, ma perché seguire più di venticinque alunni (già alto come numero per una didattica di qualità) diventa improbo e riteniamo che conseguentemente la preparazione degli studenti non sarà adeguata alle esigenze del mondo del lavoro.
Ne consegue che il gap, acquisito già alle elementari (vedi maestro unico), non potrà che aumentare.
E se già oggi in alcune università del nostro Paese si stanno approntando corsi di lingua italiana perché i nostri universitari in ingresso non sono abili nel maneggio della lingua e ne disconoscono anche l’ortografia, cosa ne sarà degli studenti di domani con questo modello che diminuisce le ore di italiano addirittura nella scuola media?
Come – ci interroghiamo noi precari del comitato – si pensa di costruire la classe dirigenziale di domani quando si decurtano le ore indirizzate alla consapevolezza della comunicazione?
Terzo punto: tutto questo nasce da un progetto di razionalizzazione che, nel tempo, si è trasformato in mostruosi tagli all’istruzione.
Gli istituti, per gestire le esigenze primarie (carta per fotocopie, penne, toner per le stampanti etc.), sono stati costretti a ricorrere a degli espedienti, spacciandoli come strumenti di arricchimento formativo degli alunni (i cosiddetti PON) che impongono ad alunni e docenti orari estenuanti all’interno delle classi al solo scopo di ricavare quelle risorse necessarie per la sopravvivenza didattica della struttura stessa.
E oltre a quanto, descritto si aggiunga, la situazione dei precari.
E adesso parliamo di noi, dei precari storici perché, da quanto detto, emerge con lampante gravità come centinaia di famiglie che confidavano nel reddito da precario, oltre a trovarsi in difficoltà dal punto di vista economico, in quanto scippati dell’unica fonte di sostentamento, si vedranno recapitare la beffa dovuta al meccanismo perverso dell’accreditamento dei punti per cui altri che oggi si trovano con un punteggio inferiore alla fine, con meno anni di precariato, potrebbe ritrovarsi in una posizione utile rispetto a chi oggi patisce l’effetto dei tagli.
Questo, purtroppo, potrebbe scatenare una spiacevole guerra tra PEONES.
Cosa chiediamo.
Al Provveditore :il riconoscimento, per l’anno in corso, del punteggio utile per il mantenimento della stessa posizione nelle attuali graduatorie del CSA.
A Sua Eccellenza il Prefetto di Reggio Calabria: la verifica della condizione sicurezza e del numero degli alunni in tutti i plessi scolastici della Provincia di Reggio Calabria, il rispetto della norma sopra menzionata relativa all’affollamento delle aule e l’accertamento della conseguente assunzione di responsabilità da parte del dirigente scolastici, nei casi in cui tale limite sia stato superato.
Il Neo Costituito Comitato dei Precari della provincia di Reggio Calabria