Reggio Calabria. Non è più procrastinabile l’istituzione di una Commissione provinciale d’inchiesta sulla qualità del mare. La stagione balneare è ormai volta al termine tra (poche) luci e (tante, troppe) ombre, ma è necessario attivarsi da subito per rassicurare i cittadini sulla salubrità delle nostre acque costiere e muoversi in anticipo in vista dell’anno venturo, prevenendo e informando correttamente su alcuni elementi di rischio.
Dopo la scoperta del “relitto della morte” al largo di Cetraro e l’allarme lanciato dai Pm cosentini, è ora che a Palazzo Foti si dia seguito alla richiesta di istituire un organismo ispettivo, rappresentativo dei gruppi di maggioranza e di opposizione, che faccia luce e incroci i dati contrastanti pervenuti negli ultimi mesi sulla balneabilità del nostro mare. Una Commissione straordinaria d’inchiesta, sollecitata da tempo da diversi consiglieri provinciali, che – per intenderci – non limiti la propria attenzione solo agli scarichi fognari e industriali che risaputamente ammorbano il litorale reggino, ma operi in sinergia con la magistratura, le forze di polizia, gli enti locali e le associazioni ambientaliste per confutare altri potenziali rischi per la salute. Non basta, insomma, prendere in considerazione e valutare i monitoraggi dell’Arpacal e del Ministero della Salute che sono, comunque, rilevanti e indicativi e forniscono un primo quadro, non proprio roseo, della situazione.
Da diverse inchieste giudiziarie e giornalistiche, emerge sempre più la consapevolezza che la nave carica di scorie tossiche ritrovata nel Cosentino sia solo la punta di un iceberg. Lo scorso anno, un collaboratore di giustizia ed ex affiliato alla ‘ndrangheta ha parlato di “alcune decine” di navi col medesimo carico di morte affondate sulla costa jonica. Una denuncia circostanziata che è stata anche oggetto di interrogazione parlamentare da parte dei deputati Realacci, Minniti, Tenaglia e D’Antona, corredata di cronologia su alcune sparizioni accertate. In particolare, si fa riferimento al “naufragio” della motonave Rigel, battente bandiera maltese e con un carico stimato di oltre 3 mila tonnellate, avvenuto nel 1987 a 20 miglia da Capo Spartivento; una vicenda sulla quale sono stati aperti dei fascicoli dalla Procura di Reggio Calabria.
Alle suddette denunce sembra correlato l’allarme lanciato dall’Associazione degli Urbanisti della Calabria e da numerosi medici e amministratori locali, relativo alla crescita esponenziale di casi di leucemia fulminante e tumori maligni proprio nell’area del Basso Jonio reggino, con particolare riferimento ai Comuni di Melito Porto Salvo, Motta San Giovanni, Montebello, Condofuri e Bova Marina. In tali zone sono stati accertati casi di leucemie linfloblastiche, linfocitiche e mieloblastiche con un’incidenza sproporzionata rispetto a quella normalmente riscontrabile di 2-3 ammalati ogni 100 mila abitanti. Tra i motivi scatenanti di queste patologie viene indicata anche “la presenza di rifiuti tossici sepolti in fondo al mare o nei greti dei torrenti e che, dunque, contaminano le falde acquifere”.
Non bisogna generare facili allarmismi, ma è diritto dei cittadini – siano essi residenti o turisti – essere informati sul reale stato del nostro mare e i possibili rischi per la salute, anche al fine di facilitare l’opera di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e di contrasto alle ecomafie. “Vale milioni di volte di più la vita di un solo essere umano che tutte le proprietà dell’uomo più ricco della Terra”, sosteneva qualcuno…
il consigliere provinciale
capogruppo di Rifondazione Comunista
Omar Minniti