Sulla drammatica morte di Domenico, il bambino di 11 anni deceduto all’ospedale Pugliese di Catanzaro, in seguito alle gravi ferite riportate durante la sparatoria del 25 giugno, su un campo di calcetto di Crotone, è netta la posizione di Filippo Callipo, neocandidato alla presidenza della Regione. Il noto imprenditore di Pizzo non fa sconti e con chiarezza afferma che “la delinquenza organizzata e diffusa in Calabria ferisce la democrazia, condiziona la qualità della vita e uccide i nostri bambini. Non se ne può più. Lo Stato si ponga il problema dell’ordine pubblico in una regione che fa ancora parte della Repubblica italiana, nonostante di lei non si trovi traccia in alcuna delle agende politiche ed istituzionali del Paese. Neanche dinanzi alla presenza di navi dei veleni il Governo batte colpo. A mio avviso, in Calabria è tempo di inviare l’esercito”.
L’analisi di Callipo non si ferma, dunque, al tragico epilogo di una serata di efferata violenza, ma si estende al più generale e delicato tema della sicurezza in Calabria. Le sue parole suonano come un monito all’intera classe politica quando dichiara che “porsi la questione dell’ordine pubblico e del controllo del territorio, nell’ultima regione d’Europa, è, a questo punto, un passaggio doveroso, direi quasi obbligato, se non si vuole sancire che vi è un pezzo dell’Italia in cui ogni giorno può accadere di tutto, persino che un bambino di 11 anni sia assassinato durante una partita di calcetto. Il territorio è sguarnito sulle coste e nell’entroterra. Qui non si tratta solo di fare attenzione alla solitudine di chi fa impresa, che solo di rado ormai suscita moti di indignazione, ma di garantire la deambulazione dei cittadini nelle nostre città”. Allargando ulteriormente lo sguardo sulle condizioni in cui, a suo giudizio, versa il territorio calabrese e sulle responsabilità che, di fronte ad esse, dovrebbe assumersi lo Stato, Callipo conclude parlando della Calabria come di “una regione isolata geograficamente, cui sono state sottratte risorse fondamentali per lo sviluppo, lasciata senza speranza e senza futuro. La terribile sensazione di uno Stato che non c’è, che si avverte non solo nei borghi dell’entroterra o nelle periferie, ma in tanti quartieri delle città meridionali, non si risolve con gli attestati di solidarietà, né con le cannoniere dell’Ottocento, ma con una presenza in carne ed ossa dello Stato, solo così si può incoraggiare la società civile a vincere la rassegnazione. Ma è chiaro che, se neppure dopo la morte di un bambino succede niente, se neanche l’indignazione ha più cittadinanza, è come se lo Stato in Calabria avesse gettato la spugna e tutto ciò deve spaventarci”.
Valorizzare i beni confiscati, accelerando i processi di assegnazione e utilizzo
Milano - Valorizzare i beni confiscati presenti in Lombardia, mettere a sistema ogni informazione utile ad accelerare i processi di...
Read more