Questa settimana la nostra Rubrica pubblica la prima parte di un Contributo dell’On.le Stefania Craxi, Sottosegretario agli Esteri, pubblicato nel volume “Reggio Calabria Crocevia del Mediterraneo”, a cura di Felice Manti, Città del Sole Editrice, Reggio Calabria 2009, volume che verrà distribuito in occasione del “Primo Meeting delle Città del Mediterraneo”, Reggio Calabria 19/20 ottobre 2009.
(E.C.)
L’integrazione necessaria
di Stefania Craxi
Parte Prima
Quella dell’immigrazione è una tematica destinata ad incidere profondamente sul futuro dell’Europa e ad influenzare, di conseguenza, la nostra vita quotidiana.
Le migrazioni sono il maggiore fenomeno epocale ma dobbiamo constatare che finora la risposta degli Stati, dell’Unione Europea, delle istituzioni del mondo intero non è stata adeguata. Sembra quasi che viviamo un ritardo culturale, o addirittura una concentrazione totale nel nostro particolare che ci fa vedere di un fenomeno complesso solo l’aspetto della manodopera che ci manca e della sicurezza, ignorando i problemi della sponda sud dell’Europa dove le migrazioni si formano e prendono le più svariate vie verso i nostri paesi.
Nelle mie missioni in Egitto, Tunisia, Marocco, ho potuto costatare che i paesi rivieraschi dell’Africa, da dove partono le torme dei disperati in cerca di un pezzo di pane ed una casa, sono essi stessi meta di importanti migrazioni. L’Africa sub sahariana, l’Eritrea, la Somalia sono fonti inesauribili di immigrazione, forniscono milioni di persone alla ricerca di un sostentamento.
Sono paesi che hanno raggiunto un buon livello di sviluppo, ma ancora non in grado di soccorrere migliaia di persone bisognose di tutto, dal cibo alla casa ai medicinali.
La maggior parte dei problemi dell’immigrazione, che si spinge fino a invadere i paesi del Golfo, è in Africa: lì bisognerebbe operare con generosità e larghezza di vedute. In primo luogo creando in loco condizioni di lavoro e di sviluppo; migliorando i rapporti bilaterali, incrementando la collaborazione per l’istruzione e la formazione in modo da trasformare un disperato in un lavoratore, sottraendo al nostro egoismo risorse che in Africa sarebbero preziose e allargando in Europa la fascia dei paesi in grado di ospitare immigrati; anche i paesi dell’Est europeo soffrono di denatalità e presto avranno anch’essi bisogno di manodopera.
In queste condizioni, di fronte a tante mancanze, le ricorrenti accuse di xenofobia contro l’Italia sono evidentemente frutto di pregiudizio o di pessime informazioni.
L’Italia è tra le Nazioni che hanno maggiormente accolto negli ultimi anni manodopera proveniente dai paesi extra-comunitari. Chi ha accusato il nostro Paese di razzismo ha parlato senza conoscere i fatti e soprattutto ignorando la nostra storia e la nostra cultura cattolica permeata dal sentimento di accoglienza, fatte di solidarietà verso popoli che sono ora nella situazione in cui si trovavano i nostri connazionali fino ad alcuni decenni or sono. La nuova Italia, quella democratica, che è rinata dalle ceneri del dopoguerra, non è né razzista né colonialista e merita assoluto rispetto in questo campo, essendo stato, il nostro, un Paese che ha dato tradizionalmente una grande importanza alla regolarizzazione dei flussi di immigrazione, uno sforzo che la criminalità tenta di ostacolare con il vergognoso traffico di esseri umani.
Sulle frontiere italiane non è mai stato sparato un colpo di pistola. La nostra Guardia Costiera continua ogni giorno a soccorrere e salvare la vita di centinaia di disperati, che si avventurano nel Mediterraneo su imbarcazioni fatiscenti. Non c’è un naufrago che non abbia ricevuto cure e assistenza.
Le misure adottate dal nostro governo ricalcano analoghi provvedimenti già in vigore in altri paesi europei e sono dirette a fronteggiare una situazione di emergenza causata da una precedente e troppa lunga sottovalutazione del fenomeno. Il rapporto fra clandestinità e massa dei lavoratori immigrati è in Italia il più alto fra i paesi europei; abbiamo pieno diritto di affrontare con strumenti democratici i problemi che una simile situazione comporta.
Quanto al reato di immigrazione clandestina, oggetto di reiterate accuse, esso è già presente nella legislazione di importanti Paesi europei come Francia, Germania e Regno Unito. Non serve certo a dare la caccia agli irregolari presenti in Italia: sono 500 mila, sarebbe impossibile. Il reato è diretto a costituire un forte deterrente per chi vuole entrare clandestinamente in Italia e la magistratura lo dovrebbe adoperare con intelligenza, evitando il ridicolo dei recenti processi di Milano. È ingiusto, nella situazione in cui siamo, perseguitare, seppure con una semplice multa, chi può dimostrare di avere un lavoro, anche irregolare, e di vivere onestamente la propria vita.
Sul problema del voto agli immigrati, io penso che le istituzioni italiane debbano essere elette dai cittadini italiani. Guardo però con favore al miglioramento delle condizioni per la concessione del diritto di cittadinanza.
Niall Ferguson nel suo XX Secolo, l’età della violenza, un libro che spiega molti avvenimenti apparentemente sorprendenti e non previsti, nel capitolo dedicato alla questione ebraica, fra gli innumerevoli scrittori tedeschi razzisti e antisemiti, cita il pangermanista Heinrich Class che nel 1912 pretendeva la purezza di tre generazioni per poter essere considerato tedesco.
Non pretenderemo certo questi titoli. Ma non vedo perché ad una persona che risiede e lavora in Italia, che ha una discreta conoscenza dell’italiano, che apprezza i nostri costumi, che è disposta ad accettare le nostre regole di convivenza civile, che ha dato dimostrazione di tolleranza religiosa, non debba essere concessa la cittadinanza italiana.
I cittadini stranieri regolarmente soggiornanti nel nostro Paese hanno superato ormai i tre milioni. Aggiungendo i 500 mila non autorizzati arriviamo a circa il 6 per cento della popolazione italiana. Si devono ancora sommare gli immigrati che hanno preso la cittadinanza italiana, circa 300mila, quasi tutti per aver contratto matrimonio. Sono livelli importanti, che però restano decisamente inferiori a quelli non solo dei Paesi europei di vecchia immigrazione ma anche ai Paesi solo recentemente influenzati da flussi migratori come Grecia e Spagna, dove l’immigrazione sfiora il 10 per cento della popolazione.
Una nostra caratteristica è purtroppo la percentuale degli irregolari, che rimane altissima nonostante le cinque sanatorie che dal 1986 al 2002 hanno regolarizzato quasi un milione e mezzo di immigrati. Si stima che i due terzi degli immigrati presenti abbia trascorso un periodo più o meno lungo di soggiorno non autorizzato.
È evidente la necessità di intervenire sul contesto più generale dal quale si alimenta l’immigrazione irregolare: ed allora, ciò significa contrastare in modo serio l’economia sommersa che domanda lavoro irregolare; programmare un numero elevato e realistico di ingressi, senza con questo alimentare aspettative di continue sanatorie; snellire tempi e procedure per la concessione dei permessi di soggiorno; promuovere in maniera più efficace l’integrazione di quanti hanno un lavoro ed intendono rispettare le leggi.
Non possiamo mettere in discussione il nostro “no” alle regolarizzazioni di massa, il “sì” al contratto d’integrazione per chi intende lavorare e l’espulsione di quanti violano le leggi. Tutti argomenti, del resto, previsti anche nella proposta presentata dal Presidente Sarkozy all’inizio del semestre francese di presidenza europea.
Il baricentro della nostra politica per l’immigrazione è e resta il coinvolgimento dell’Unione europea. Il governo italiano ha ripetutamente puntato il dito sui ritardi e sulle negligenze europee in materia migratoria.
Pesano i contrasti fra i diversi Stati e la Commissione non riesce a imporsi.
(Continua…)