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Home Reggio Calabria Città

Nave dei veleni. Migliaia di calabresi in piazza ad Amantea. Le foto

by gdg
24 Ottobre 2009
in Città
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amantea-one

“Basta veleni. Riprendiamoci la vita”. In migliaia a dispetto di una pioggia battente, erano ad Amantea oggi. Un lungo serpentone che ha invaso il centro cittadino, aperto dallo striscione del Comitato “Natale De Grazia”, organizzatore dell’evento. Tanta, davvero tanta gente, da arrivare a bloccare parte della statale. Un serpentone colorato di bandiere e striscioni, ma anche gonfaloni di comuni e province calabresi, per chiedere “verità” sulle “navi dei veleni”. Ma non solo. La Calabria vive “un’emergenza ambientale” che porta anche il nome di Aiello Calabro, Crotone. In prima linea alla manifestazione, non potevano non esserci le organizzazioni ambientaliste, da Legambiente al Wwf. E poi i pescatori, semplici cittadini. Una manifestazione importante, ha detto il presidente della Regione Agazio Loiero, “perchè dimostra che qui in Calabria c’è la coscienza di quanto questo territorio sia stato bistrattato. Assistiamo qui ad un’insurrezione popolare pacifica anche perchè siamo in presenza di un’emergenza inedita”. “Lo Stato, in tutte le sue diramazioni, assuma questo impegno come una priorità e dimostri la giusta attenzione al riguardo impegnando risorse a sostegno delle indagini della magistratura, per monitorare i siti inquinati ed effettuare le bonifiche, coinvolgendo anche enti attivi sullo scenario internazionale e chiedendo il contributo della comunità scientifica per venire realmente a capo di una situazione grave e pericolosa per la salute e il futuro delle persone e dell’ambiente”. Queste le parole del presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza che con una nutrita schiera di rappresentati, soci e volontari ha preso parte oggi al grande e sentito corteo di Amantea, per chiedere al Governo di fare luce sui traffici dei rifiuti speciali e radioattivi e le “navi a perdere”. “Dobbiamo scongiurare il rischio – ha sottolineato Cogliati Dezza – che questa vicenda venga sottovalutata, mentre in realtà è in ballo il futuro dell’ambiente, del turismo, della legalità, dell’economia. C’è bisogno di un forte segnale che dia speranza ai cittadini calabresi e li sostenga concretamente nella battaglia che loro combattono in prima linea contro la ‘ndrangheta e l’illegalità diffusa che invece vorrebbero condannare questa terra all’immobilismo, se non all’arretramento culturale e sociale”. Per questo Legambiente ha sfilato con le magliette simbolo della lotta contro le ecomafie che hanno gestito i traffici delle navi dei veleni, con impresso lo slogan: “Navi dei veleni. I boss avvelenano la Calabria. Affondiamo la’ndrangheta”. “Per venire finalmente a capo di questa annosa vicenda – ha aggiunto Nuccio Barillà di Legambiente Calabria – è necessario affrontare la vicenda in modo complessivo e in tutte le sue articolazioni. A cominciare da un monitoraggio puntuale sugli altri siti di affondamento noti, da quello della motonave Rigel a Capo Spartivento, a quello della Mikigan a largo di Vibo Valentia, a quello davanti alla costa di Maratea della Ivonne A, e a tutti gli altri siti indicati dal collaboratore di giustizia Fonti e dalle altre indagini puntuali”. Legambiente ha chiesto, anche nella recente audizione presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite nel ciclo dei rifiuti, di avviare un’indagine specifica sul coinvolgimento di alcuni porti italiani, a partire da quelli di La Spezia, Livorno e Marina di Carrara, da cui sono partite diverse delle navi poi risultate affondate; di conoscere perché nel 2007 la Capitaneria di porto di Cetraro vietò per qualche mese la pesca nei fondali marini antistanti la località cosentina nota ormai per il rinvenimento del relitto di poche settimane fa, e di allargare l’inchiesta sul business dei rifiuti anche alle attività di rilevazione sul campo dei tombamenti di rifiuti pericolosi e/o radioattivi sotto al manto stradale dell’autostrada Garoe – Bosaso in Somalia, legata all’inchiesta giornalistica che avrebbe portato all’omicidio nel 1994 della giornalista della Rai Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin.


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