Com’è noto il Corso di Laurea in Urbanistica, riformato e riadeguato rispetto ad una prospettiva di profonde sinergie con il territorio, ha compiuto la scelta strategica di dedicare le didattica del triennio iniziato con l’anno accademico in corso al tema di “Reggio Città Metropolitana”.
Di questa scelta si cominciano a raccogliere i primi frutti positivi. Oltre alla prima Tesi di Laurea sulla città metropolitana e la sua portualità, discussa a luglio e gratificata da un pubblico riconoscimento da parte del Comune, e ben nota ai più attenti lettori di questa Rubrica, si segnala oggi il puntuale ed acuto intervento introduttivo di Teresa Nucera, studentessa del terzo anno, svoltasi in occasione, due giorni fa, del Convegno “Periferie disurbanizzate”, promosso presso l’Aula Magna di Architettura dalle Associazioni studentesche Icaro ed Archimed.
(E.C.)
Riurbanizzare le periferie disurbanizzate
di Teresa Nucera
Già da prima di essere promossa a rango di “Città Metropolitana”, Reggio Calabria, come molte città del Mezzogiorno, aveva da più di un decennio avviato una sperimentazione di nuove progettualità legate al quadro delle politiche di sviluppo e di riqualificazione urbana che stanno caratterizzando l’intervento sulle città e sul territorio in altre città italiane. Queste politiche interessano in larga misura aree periferiche, ma anche aree centrali di una città che ha vissuto dinamiche sociali e trasformazioni fisiche destrutturanti, oltre ad un progressivo processo di sgretolamento del senso di appartenenza ai luoghi da parte delle comunità insediate.
Il quadro delle politiche urbane contemporanee può sicuramente non apparire “straordinario”; ma è così che Reggio inizia a rompere una “spirale” di cause ed effetti che interagendo tra di loro avevano prima determinato il cosiddetto “caso Reggio”, come simbolo della complessa questione urbana meridionale e, successivamente, avevano generato – nel momento in cui ogni sei mesi si cambiava sindaco – la cosiddetta “città dolente”, esito di tangentopoli, in cui il Mezzogiorno vede purtroppo agire un ulteriore attore, ossia la criminalità organizzata.
Alcune strategie, hanno inciso non solo nella configurazione fisica, ma soprattutto nella determinazione di una cesura tra cittadinanza ed istituzioni, tra società e luoghi. Ricostruire un nuovo senso di appartenenza, una nuova dimensione di cittadinanza, un riavvicinamento alle istituzioni, soprattutto a quelle locali, è stato l’esito più rilevante della prima stagione dei sindaci eletti direttamente e perciò titolari di un mandato popolare a lungo termine, e della cosiddetta “primavera” di Reggio.
Per comprendere la dimensione delle politiche urbane contemporanee, gli esiti materiali ed immateriali, e soprattutto i nodi che restano ancora da risolvere, è indispensabile far caso al contesto di degrado, alle situazioni di disagio e di poca integrazione sociale, in cui si trovano alcune zone periferiche della nostra città. Le immagini delle periferie sono lo specchio di alcuni processi, quali ad esempio una crescita senza forma e funzioni, con una maglia infrastrutturale di accesso e distribuzione spesso inadeguata, che si possono sinteticamente articolare in: quartieri di edilizia economica e popolare, divenuti spesso luoghi chiusi, dove i rapporti tra società insediata e criminalità organizzata erano e restano fortemente radicati; quartieri abusivi localizzati in aree marginali o in aree agricole, senza servizi e luoghi di relazione sociale; quartieri abusivi sia auto costruiti che di speculazione, localizzati spesso sulla fascia costiera ed in luoghi insicuri, che hanno sottratto risorse locali sia per lo sviluppo di una politica agricola di qualità, che per un reale ed equilibrato uso delle risorse naturali.
Ognuno di questi luoghi, spesso marginali, rispecchia una composizione sociale frammentata, profondamente diversificata e con matrici culturali radicate in contesti socio-economici ed ambientali anch’essi differenti.
Tutto questo è anche avvenuto attraverso il poco controllo da parte delle amministrazioni e l’inefficienza di strumenti urbanistici capaci di controllare lo sviluppo edilizio. L’urbanizzazione selvaggia ha innescato un meccanismo di mobilità fondiaria che ha causato una progressiva erosione di vaste aree site lungo la costa, a monte della città e appunto nelle immediate periferie, letteralmente aggredite e mortificate da una edificazione spontanea, sviluppatasi anche lungo gli argini delle fiumare e degli assi stradali di penetrazione mare-monte.
L’inefficienza e la scarsa dotazione di servizi, la de-qualificazione degli spazi pubblici, la mancanza di identità, la diffusa bassa qualità edilizia e urbanistica della città contemporanea e la cattiva qualità dell’ambiente urbano, costituiscono alcune delle componenti più rilevanti del sottosviluppo urbano calabrese, al quale non sfugge la stessa Reggio. L’azione regionale, oltre evidentemente alle politiche metropolitane che coinvolgeranno anche le nostre realtà, dovrebbero perciò concretizzarsi nel sostenere politiche urbane secondo il modello dell’azione integrata, che è quello più applicato e di maggiore successo in Europa, grazie al quale si mettono in campo programmi coordinati e integrati per intervenire sia sulla dimensione fisica della de-qualificazione urbana, sia sulla componente sociale ed economica.
Pertanto, costruire vere aree urbane, integrate e policentriche – ed il “modello” Città Metropolitana è per definizione integrate e policentriche – ricche di relazioni con il proprio contesto territoriale e di servizi per le imprese, per le persone e la comunità, è una scommessa decisiva per la riorganizzazione del territorio e lo sviluppo economico della regione: è per questo che a Reggio Calabria, posta in una posizione “centrale” e strategica proprio al centro del Mediterraneo, ci si attende molto dalla sua “promozione” a “Città Metropolitana” e, in prospettiva, dalla Metropoli dello Stretto.
(Rubrica a cura del Prof. Enrico Costa ecosta@unirc.it)