Palermo. Domani, giovedì 10 dicembre, riapre definitivamente al pubblico, dopo l’ultimo accuratissimo intervento di restauro filologico curato dalla Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Palermo, il Villino Florio all’Olivuzza, un gioiello architettonico del primo Novecento che, disegnato dall’architetto Ernesto Basile su incarico della famiglia Florio, inaugurò la grande stagione del Liberty nel capoluogo siciliano.
Per celebrarne la riapertura definitiva il Villino ospiterà, dal 10 dicembre al 10 gennaio, la mostra “I Florio e la Targa” che, curata dalla Biblioteca Centrale della Regione Siciliana e organizzata dall’Assessorato Regionale ai Beni Culturali e Ambientali in collaborazione con la Fondazione Targa Florio.
La “doppia” inaugurazione è in programma per giovedì 10 dicembre. L’appuntamento è per le ore 12 al n° 38 del Viale Regina Margherita. Interverranno l’Assessore Regionale ai Beni Culturali Nicola Leanza, il Soprintendente ai Beni Culturali e Ambientali di Palermo Adele Mormino, il Direttore della Biblioteca Centrale della Regione Siciliana Gaetano Gullo e il presidente della Fondazione Targa Florio Antonio Marasco. “I Florio e la Targa” – che ha avuto una prima “tappa” catanese nel mese di novembre – si presenta al Villino Florio arricchita nei contenuti. Accanto alla selezione di opere d’arte dei primi del Novecento, ai cimeli, alle foto inedite e ai documenti patrimonio della Fondazione, nel parco dell’Olivuzza, per la gioia degli appassionati delle quattro ruote, saranno esposte alcune prestigiose auto d’epoca – due barchette degli anni 50, una Bugatti e la Ford T – che hanno reso celebre la più antica corsa automobilista del mondo nata sul circuito delle Madonie grazie all’intuito di Vincenzo Florio, del quale quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario della morte.
Il Villino Florio, sopravvissuto a un incendio doloso nel 1962 e fruibile per tutti questi anni solo in parte, è stato oggetto di diversi interventi di restauro sia di natura architettonica che decorativa. Come l’ultimo – finanziato dall’Unione Europea grazie ai fondi di Agenda 2000 – che si è concluso in queste settimane e ha visto al centro delle attività dello staff di studiosi ed esperti di restauro guidati dal Soprintendente di Palermo, Adele Mormino, il ripristino di tutti gli apparati decorativi, in particolare legni e stoffe che il fuoco aveva irrimediabilmente distrutto e che sono stati riprodotti fedelmente – anche affidandosi a storiche seterie come quella di Caserta, già fornitrice degli arredi della famiglia Borbone – con l’aiuto di fotografie e documenti d’epoca per ripetere le curvature dei legni e ricostruire disegni, colori e trame delle tappezzerie.
I FLORIO E LA TARGA
Per questa edizione palermitana de “I Florio e la Targa” la Biblioteca Centrale ha curato la ristampa anastatica della seconda edizione (quella del 1907) di Rapìditas, la rivista ufficiale della gara edita a Palermo dai Florio e stampata, come richiede il protocollo internazionale dell’automobilismo, in quattro lingue: italiano, inglese, tedesco e francese. In mostra preziosi dipinti ad olio di grandi artisti del primo Novecento: fra questi “La dama e il cagnolino” di Francesco Anastasi e “All’inseguimento”, realizzato nel 1927 a Caltavuturo, sulle Madonie da Frederick Gordon Crosby, inviato della rivista Autocar e “Epopea Targa Florio”, di Domenico Liggio (1970).
In mostra anche il trofeo che Vincenzo Florio fece realizzare per la prima edizione della corsa al celebre orafo francese Renè Lalique: è in oro e smalto ed è stato “ripescato” dalla Fondazione in un’asta internazionale. E ancora il celebre “logo” – diremmo oggi – progettato nel 1908 da Duilio Cambellotti e realizzato in bronzo: emblema della Targa Florio e trofeo tutt’oggi in uso nelle annuali competizioni. In omaggio al progettista del Villino Florio, l’architetto Ernesto Basile, la Fondazione ha portato a Palermo un pregevolissimo vaso liberty in lega bronzea di Basile, appunto, e Antonio Ugo.
LE FOTO INEDITE:
Una delle prime donne-pilota della storia, la baronessa slovacca Elisabeth Juneck che posa accanto a Vincenzo Florio e alla Bugatti tipo 35 TC gialla con cui nel 1928 la Juneck arrivo quinta nel difficile percorso delle Madonie.
I FLORIO
Originari della Calabria i Florio si trasferirono a Palermo sul finire del 1700 avviando numerose attività imprenditoriali: compagnie di navigazione (l’attuale Tirrenia) e cantieri navali, produzione di vini fra cui il celebre Marsala, pesca e conservazione del tonno nei tipici stabilimenti delle tonnare, strutture alberghiere di lusso, estrazione di zolfo, industria della ceramica artistica (acquistarono la Richard-Ginori) e la fondazione del quotidiano palermitano l’Ora. Ideata e finanziata da Vincenzo Florio, appassionato di automobilismo, la Targa Florio è la più antica corsa automobilistica del mondo. Si è disputata ininterrottamente – a parte gli anni delle due guerre mondiali – dal 1906 al 1977.
IL VILLINO FLORIO ALL’OVILUZZA – LA STORIA
Nell’ambito del POR Sicilia 2000-006 (Asse II – Misura 2.01– Azione C- Recupero patrimonio culturale) è stato realizzato il restauro del Villino Florio a Palermo per un importo complessivo di € 1.881.000,00 finanziato dalla Comunità Europea. Il progetto, a cura della stessa Soprintendenza diretta da Adele Mormino, è stato redatto dall’architetto Salvo Lo Nardo; la dottoressa Giulia Davì e l’architetto Marilù Miranda hanno curato la Direzione dei Lavori. La Soprintendenza BB.CC.AA. di Palermo è stata la Stazione Appaltante e l’arch. Matteo Scognamiglio il Responsabile Unico del Procedimento. I lavori sono stati affidati ATI Sice srl e Imprese Martino Solito e si sono protratti per circa tre anni.
Ideato e progettato tra il 1900 e il 1901 da Ernesto Basile, su incarico della Famiglia Florio, il Villino Vincenzo Florio all’Olivuzza fu edificato al centro di un parco che comprendeva parte del parco del Duca di Serradifalco e il giardino della Villa del generale Boucard, che occupava una grande area tra Piazza Principe di Camporeale, la Strada dei Lolli e lo Stradone della Madonna dell’Orto.
La particolare costruzione, fra le prime realizzazioni moderniste italiane, non presenta i caratteri tipici delle altre austere abitazioni dei Florio presenti in città, ma costituisce un “divertissement”, un ulteriore elemento di attrazione, posto in asse con il viale di ingresso dalla Piazza Principe di Camporeale che, con il serraglio, il laghetto, la serra per le orchidee, il chioschetto siculo – normanno e il tempietto neoclassico, doveva rappresentare al meravigliato visitatore la grandezza e la magnificenza di una delle più potenti Famiglie italiane dell’epoca.
Fatto costruire per Vincenzo Florio, fratello minore di Ignazio e cognato dell’affascinante Franca Florio, il villino è di fatto un “padiglione di delizia” in mezzo ad un parco romantico, un luogo di ritrovo che vedrà tra gli illustri ospiti anche il Kaiser Guglielmo II.
All’interno, i cinque livelli principali rivestono ognuno una funzione: il “piano degli svaghi”, con la sala biliardo e la sala gioco a livello del parco; il “piano di rappresentanza”, con il grande salone, con accesso diretto dalla scalinata esterna, e la sala da pranzo collegata tramite un passavivande alla cucina; il “piano di residenza”, al terzo livello, con accesso dallo scalone di rappresentanza, dove erano allocate la stanza soggiorno e la camera da letto; la quarta e la quinta elevazione con la camera di soggiorno privata collegata, attraverso un montacarichi, alla cucina e la camera da letto riservata.
Tutto il Villino presentava arredi lignei, sia fissi che mobili, progettati da Ernesto Basile, secondo una ordinata e ragionata composizione generale che coordina e comprende anche gli interventi degli altri artisti e delle ditte specializzate: Giuseppe Enea per le pitture decorative, Salvatore Gregorietti per le vetrate policrome piombate o dipinte a fuoco, le ditte Mucoli e Golia per le parti lignee, Ducrot per i mobili, Ceramica Florio e Caraffa per gli apparecchi illuminanti e la Società Trinacria per gli impianti elettrici.
Nel 1962 un incendio doloso, a scopo speculativo, distrusse quasi del tutto gli interni del Villino Florio e provocò danni ad alcune parti del paramento murario esterno, che risulteranno decoese e annerite dal fuoco. Nel novembre dello stesso hanno si costituisce il Comitato per salvare Villino Florio e a dicembre l’allora Soprintendente Giuseppe Giaccone, scrive una nota alla Presidenza della Regione Siciliana affinché si attivi la procedura di esproprio e si possano così avviare i lavori di restauro.
Purtroppo nulla di tutto questo accade e così, nel 1969, la Soprintendenza rivolge formale richiesta di acquisizione del monumento al Ministero per la pubblica istruzione. Passano altri quindici anni e, finalmente, l’8 novembre 1984 si arriva alla “presa in possesso e assunzione in consistenza dell’immobile iscritto al Registro di Consistenza dei beni patrimoniali indisponibili della Regione Siciliana e contestuale consegna in gestione alla Soprintendenza”. Il primo progetto di restauro, finanziato con fondi della Presidenza della Regione Siciliana, viene redatto dall’arch. Gabriella Giardina e viene posto in essere con una variante dall’arch. Salvo Lo Nardo a partire dal 1994.
Gli interventi di restauro attuali hanno riguardato la pulitura dei paramenti murari esterni ed il consolidamento di quelle parti strutturali danneggiate dal fuoco, nonché, all’interno, il rifacimento di tutte le boiseries, delle tappezzerie, di alcuni arredi mobili, come i divani, e della vetrata policroma del salone. Le stoffe utilizzate per i rivestimenti parietali interni, fatte tessere appositamente come le passamanerie, riproducono esattamente quelle originarie, ricavate da un attento studio della documentazione fotografica esistente, e dei colori, soggetti naturali e forme utilizzati in altre stoffe del tempo piuttosto che nei dipinti opera dello stesso Vincenzo Florio.
La difficoltà di riprodurre esattamente le parti decorative lignee di particolare pregio così come riprodotte nella documentazione fotografica e iconografica esistente, ha portato alla necessità di ricorrere a modelli in gesso da utilizzare al pantografo per la riproduzione del pezzo ligneo finale.
Lo straordinario ramage che occupava con grande leggiadria, nonostante le notevoli dimensioni, il soffitto del vano dello scalone di rappresentanza, è stato ricostruito al computer in forma tridimensionale, grazie alla collaborazione con il CNR IBAM di Lecce, che ha progettato anche un apposito software che permetterà la realizzazione del ramage direttamente al pantografo.
Il Villino Florio è oggi, ai sensi del Codice Urbani, parte del Demanio Storico Artistico della Regione Sicilia.