
San Luca. Una vasta operazione contro i patrimoni delle cosche della ‘ndrangheta è stata portata a termine questa mattina dai Carabinieri del Ros e dell’Arma di Reggio Calabria, che hanno sequestrato aziende, attività commerciali, abitazioni, terreni, polizze assicurative e numerose autovetture di lusso, per un valore complessivo di oltre 200 milioni di euro.
In particolare, sono stati colpiti i beni riconducibili alle cosche sanluchesi “Pelle-Vottari” e “Nirta-Strangio”, protagoniste negli ultimi 30 anni di una sanguinosa faida che ha causato nel tempo oltre 50 morti ed è culminata nella strage di Duisburg.
I provvedimenti di sequestro, disposti dal Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della locale Procura distrettuale, giungono a completamento di un lungo percorso investigativo che, dopo aver portato all’arresto di molti latitanti di spicco delle cosca, ad iniziare dal capo storico della ‘ndrangheta Antonio Pelle, detto “gambazza”, ha contestualmente individuato e proposto il sequestro dei patrimoni accumulati.
Nei confronti di quest’ultimo, la Sezione misure di prevenzione ha disposto il sequestro di 6 imprese, 4 edifici di nuova costruzione, 8 terreni per un totale di circa 10.000 m2 ed 11 autoveicoli, nell’esclusiva disponibilità del defunto capocosca e dei suoi immediati congiunti (Antonio Pelle di 49 anni, Sebastiano Pelle di 47 anni e Giuseppe Pelle di 49 anni).
Tra i destinatari dei provvedimenti figurano, anche, Giovanni Strangio, 30 anni, uno degli esecutori materiali della strage di ferragosto, e i fratelli Vottari (Francesco, Santo e Sebastiano), ritenuti responsabili dell’omicidio di Maria Strangio, consumato a Natale del 2006.
I beni sequestrati sono ubicati principalmente nei Comuni di San Luca, Bovalino, Africo e Benestare della provincia di Reggio Calabria, ma anche in Lombardia, dove sono stati individuati importanti investimenti riconducibili ad entrambi gli schieramenti mafiosi. Altre proprietà immobiliari sono state localizzate nel capoluogo calabrese e in alcuni comuni della fascia tirrenica.
Nel sequestro sono ricompresi molti complessi immobiliari realizzati abusivamente su terreni di proprietà dell’Enel spa o del Comune di San Luca, molti dei quali attrezzati con rifugi sotterranei. Tra questi gli edifici in cui sono stati arrestati il capobastone Giuseppe Nirta, 69 anni, e Francesco Vottari, 38 anni. Ad eccezione di alcuni rustici ubicati fuori dai centri abitati, si tratta prevalentemente di immobili di pregevole fattura, ben rifiniti e curati nei dettagli.
I provvedimenti colpiscono, oltre ai settori immobiliare e commerciale, alimentati con conferimenti di sospetta provenienza, anche gli interessi delle due cosche, nel settore agricolo, attraverso imprese individuali e cooperative, alcune delle quali costituite con erogazioni comunitarie.
L‘attività, oltre ad accertare la dissimulazione dei patrimoni accumulati, attraverso la fittizia intestazione di immobili in favore di incensurati ed il ricorso strumentale alle donazioni, ha evidenziato un elevato numero di polizze vita stipulate dagli indagati, a causa dell’esposizione alla faida.
Alcuni sequestri riguardano i beni di affiliati alla consorteria nei cui confronti è stata disposta l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale disgiunta da quella personale, in conformità alle disposizioni introdotte dal “pacchetto sicurezza” 125/2008.
Nel complesso sono state ricostruite le modalità di accumulazione degli ingenti patrimoni da parte delle cosche, il cui sequestro costituisce un obiettivo costante e primario dell’attività di contrasto dell’Arma, per depotenziare le organizzazioni mafiose, anche nelle loro proiezioni extraregionali.
Sono state infine documentate le tradizionali tecniche di riciclaggio utilizzate dai sodalizi, mediante investimenti in titoli azionari ed esportazioni di capitali all’estero, prevalentemente in Germania, dove sono tuttora in corso le attività di verifica richieste alle autorità tedesche.
La soddisfazione degli investigatori.
I risultati dell’operazione Fehida 2 sono stati illustrati questa mattina, presso il Comando provinciale dell’Arma di Reggio Calabria, dal procuratore Giuseppe Pignatone e dal vice comandante del Ros, colonnello Mario Parente, alla presenza del comandante provinciale colonnello Pasquale Angelosanto, del comandante del Gruppo Locri, tenente colonnello Valerio Giardina, e del comandante del Reparto operativo, Carlo Pieroni.
Pignatone ha sottolineato l’impegno della Procura distrettuale, dei Carabinieri, e degli stessi giudici che hanno vagliato e accolto le richieste della Procura, nella lotta alla ‘ndrangheta. Una lotta che non si conclude con le catture dei latitanti, che pure ci sono state e rappresentano la riconquista del controllo del territorio, ma prosegue con l’aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati. Un punto, questo, su cui sono ‘d’accordo’ anche i mafiosi: «Dalle intercettazioni – ha affermato Pignatone – si evince con chiarezza che il sequestro dei beni viene patito più delle vicende processuali».
Su questa linea, infatti, il Ros da molti anni ha scelto di riservare un impegno molto particolare all’aggressione dei patrimoni mafiosi, come ha ricordato il vice comandante Parente. All’interno del Raggruppamento operativo speciale, infatti, sono stati costituiti dei reparti che si occupano soltanto di questo aspetto investigativo. Le attività di indagine patrimoniale, difatti, in questo caso sono state svolte parallelamente all’attività investigativa.