Villa San Giovanni. «Tanti sì, un solo no». Con questo slogan tanti manifestanti – secondo gli organizzatori circa 5 mila, secondo i dati ufficiali forniti dalla Questura 4 mila – provenienti da tutta Italia e non solo, hanno manifestato questa mattina contro la costruzione del ponte sullo Stretto. Un no secco, deciso che non lascia margine ai ripensamenti. «Il ponte è un’opera che non soddisfa le necessità dei calabresi» che annoverano tra le loro tante priorità, la conclusione dei lavori autostradali e la sistemazione della SS 106. La manifestazione, a cui hanno aderito oltre 150 organizzazioni tra cui Partito comunista, Rifondazione comunista, Verdi, Legambiente, WWF, Arci, Bandafalò, Fiom Cgil, Cai, DaSud, Fora, Chiesa valdese, circa 50 artisti e alcuni enti locali si è svolta in maniera pacifica con un corteo da piazza Valsesia di Villa San Giovanni fino alla piazza del lungomare di Cannitello. «Una giornata importante – ha spiegato Nino De Gaetano di Rifondazione comunista – contro una speculazione inutile. Come cittadini calabresi portiamo avanti una lotta per destinare quei soldi ad opere e infrastrutture senza le quali si mette a rischio la sicurezza pubblica».
A fare eco, il consigliere provinciale Omar Minniti. «Il governo – ha chiarito Minniti – parla sempre di lavoro in più ed ammodernamento del territorio, ma tralascia i danni permanenti che il ponte porterà ai cittadini e all’ambiente. La giornata mostra la forte solidarietà tra la rete No ponte e le istituzioni a dimostrazione che, arrivano dei segnali positivi dal basso che spingono la politica a reagire». E sui danni ambientali si sofferma anche l’esponente di Legambiente Nuccio Barillà che ha ricordato quel lontano 25 aprile 1975 in cui un’altra “pietra” a Gioia Tauro diventò simbolo di abbandono. « La verità è che fin dalla posa per mano dell’allora ministro Giulio Andreotti si sapeva che il polo siderurgico non sarebbe mai sorto». Il risultato, ricordiamolo, fu solo la distruzione di quasi 1.000 ettari di agrumeti e uliveti, e mentre la ‘ndrangheta continua i suoi appalti e subappalti, lasciandosi alle spalle 233 morti in tre anni, il polo non venne mai costruito. «Non aspetteremo, come in quel caso – ha continuato Barillà – dieci anni. Questa del ponte simbolicamente la daremo indietro subito». Di “febbre da casco giallo e grandi gruppi edili” parla il WWF che consiglia «di mettere in sicurezza il territorio per evitare altre tragedie e di bloccare l’assalto delle grandi aziende alle casse pubbliche». Il governo tuttavia, almeno per adesso, non sembra intenzionato a fare marcia indietro al via dei lavori del ponte che avrà una sola campata per 3.300 metri di lunghezza e 60,4 di larghezza. «Ci opponiamo a una delle tante scelte calate dall’alto – dice la Rete No ponte – che ignora i bisogni e i diritti del territorio per privilegiare opere faraoniche e grandi imprese come Imprengilo».
E mentre il corteo procede, la musica rende ancor più allegro il clima dei No Ponte, numerosi sono i cori che si innalzano contro questa “scelta dannosa alla Calabria”. «Non siamo contro tutte le grandi opere – ha chiarito Ernesto Romeo, rappresentante del Comitato provinciale Arci – ma, contro quelle che non sono condivise dalla società». Voce poi al segretario nazionale Fiom Cgil, Giorgio Cremaschi presente al corteo. «Bisogna impedire questa scelta disastrosa per il Paese ma anzitutto per il Mezzogiorno. Si tratta dell’ennesima truffa per i meridionali, si promette lavoro, ma si fanno affari. Noi pensiamo che i soldi che si stanno sprecando per il ponte potrebbero essere usati per politiche del lavoro più reali e a più forte impatto occupazionale; in primo luogo, rafforzando il sistema industriale calabrese, con in testa le industrie Omeca e Nuovo Pignone, e poi impegnando i soldi di quest’opera faraonica per il risanamento degli ospedali e delle scuole. Il che comporterebbe una grande quantità di lavoro che risolverebbe questioni concrete di vita non solo dei calabresi e dei siciliani, ma dell’intero Mezzogiorno».
Clima funestato dalla morte di un manifestante, Francesco Nisticò, 58enne di Badolato (CZ), che nel pomeriggio si è accasciato sul palco, colto da malore, subito dopo il suo intervento. In segno di lutto, non appena appresa la notizia, l’organizzazione ha sospeso la seconda fase della manifestazione.
Dominella Trunfio
(photo Asa)