Operazione Maestro. Diecimila container di capi contraffatti dalla Cina al Porto di Gioia, 26 arresti dei Carabinieri

Pignatone e Grasso

Reggio Calabria – Coi soldi frutto dell’introduzione in Italia di capi d’abbigliamento contraffatti avevano acquistato un albergo a Roma. Questa mattinata i Carabinieri hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di 27 indagati per associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata all’introduzione in Europa di ingenti quantitativi di merce contraffatta, con l’aggravante della transnazionalità, ed altri reati doganali.

Gli interventi, che hanno interessato la Calabria, il Lazio e la Toscana, comprendono anche il sequestro disposto dall’autorità giudiziaria calabrese di beni per un valore di 50 milioni di euro, costituiti da società di import-export e da un’importante struttura alberghiera nella provincia di Roma.

I provvedimenti restrittivi scaturiscono da un’attività investigativa, diretta dalla Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria e condotta dal Raggruppamento operativo speciale dei Carabinieri, con la collaborazione dell’Agenzia delle Dogane, e che si è avvalsa anche del contributo informativo dei servizi segreti, ossia dell’Aisi, l’Agenzia della Sicurezza Interna, sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nella gestione delle attività imprenditoriali nel Porto di Gioia Tauro (RC), con particolare riferimento alla cosca Molè, storicamente attiva nella Piana, documentando altresì le interazioni mafiose con la ‘ndrina dei Pesce e dei Piromalli. L’attività ha altresì accertato che spedizionieri collegati alle cosche agevolavano l’importazione di merce contraffatta di provenienza cinese, ottenendo ingenti plusvalenze dalla loro vendita sul mercato nero.

In particolare, RIMOSSO PER OBLIO, amministratore di una società di import-export (in San Ferdinando) ed uomo di fiducia del defunto Rocco Molè, favoriva l’importazione fraudolenta di articoli di abbigliamento, eludendo il sistema di controllo automatico dell’Agenzia delle Dogane e, con il meccanismo della sottofatturazione, evadeva quote rilevanti di dazi e iva.
La stretta collaborazione tra i Carabinieri e l’Ufficio antifrode doganale, ha permesso il sequestro di numerosi container di merce contraffatta e l’accertamento, tra il 2007 ed il 2009, di sistematiche violazioni a favore di esportatori di nazionalità cinese, attivi sull’intero territorio nazionale, ed in particolare nelle città di Roma, Napoli, Salerno, Firenze, Palermo e Mantova, con un danno per l’erario di decine di milioni di euro.

Le indagini hanno quindi accertato che parte dei proventi delle attività illecite era reimpiegata in un’imponente struttura immobiliare ubicata a Monte Porzio Catone (ROMA), composta da un lussuoso complesso alberghiero (RIMOSSO PER OBLIO) e da due avviati ristoranti, acquisiti dalle cosche con ripetute intimidazioni nei confronti dei precedenti gestori e del proprietario, costretti a cedere l’attività per compensare i debiti maturati con il sodalizio. La struttura ricettiva è stata sottoposta a sequestro preventivo ai sensi del comma 7° dell’art.416 bis, dai Carabinieri che, all’interno, vi hanno tratto in arresto anche il principale referente imprenditoriale della cosca, RIMOSSO PER OBLIO.

In particolare sono emersi diversificati interessi della cosca Molè e la capacità di condizionare il tessuto sociale ed imprenditoriale dell’area, prima e dopo l’omicidio del reggente, Rocco Molè.
L’eliminazione di quest’ultimo, avvenuta il 1° febbraio 2008, aveva incrinato l’equilibrio mafioso e la pacifica coesistenza con la cosca Piromalli, legata anche da vincoli familistici, scatenando uno scontro per il controllo delle attività economiche e produttive dell’area e determinando nuove alleanza mafiose.

L’attività ha infine consentito, la sera dell’11.6.2009, dopo l’individuazione di numerosi bunker sottorranei ricavati all’interno di abitazioni, l’arresto del ricercato RIMOSSO PER OBLIO, di 46 anni, ricompreso nell’elenco dei latitanti più pericolosi e cugino dell’omonimo capo clan detenuto, che dal carcere continuava a dirigere la cosca, impartendo precise disposizioni agli affiliati sulla gestione degli affari e dei rapporti con gli altri sodalizi.

L’indagine documenta un’inedita operatività transnazionale della criminalità mafiosa e costituisce un’ulteriore conferma della presenza delle cosche della Piana nel Porto di Gioia Tauro, fondamentale per la gestione delle rotte dei traffici illeciti e per mantenere una posizione di forza nei rapporti con le altre consorterie criminali.

Proprio intensificando i controlli nel porto, in collaborazione con l’Agenzia delle Dogane, i Carabinieri hanno sequestrato centinaia di kg di cocaina, sostanza che continua a costituire l’iniziale fonte di arricchimento della ‘ndrangheta, mentre gli ingenti sequestri di beni mobili ed immobili nella Capitale ne confermano la vocazione imprenditoriale e commerciale.

Sequestri preventivi
1. Patrimonio e quote sociali della società denominata “RIMOSSO PER OBLIO S.r.l.”, riconducibile a RIMOSSO PER OBLIO, con sede in Sesto Fiorentino (FI)
2. Patrimonio e quote sociali della struttura alberghiera denominata “RIMOSSO PER OBLIO”, avente sede in Monte Porzio Catone (RM), via RIMOSSO PER OBLIO, formalmente intestata alla “RIMOSSO PER OBLIOS.r.l.” –, con sede in Colleferro (RM),
3. Patrimonio e quote sociali della società denominata “RIMOSSO PER OBLIO S.r.l.”, avente sede legale in Monte Porzio Catone (RM),
4. Patrimonio e quote sociali della società denominata “RIMOSSO PER OBLIO S.r.l.”, con sede legale in Monte Porzio Catone (RM),

La soddisfazione degli inquirenti.
I risultati dell’operazione Maestro sono stati illustrati, questa mattina presso il Comando provinciale dei Carabinieri, dal Procuratore Giuseppe Pignatone e dal suo sostituto Michele Prestipino, alla presenza del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, del Comandante del Raggruppamento operativo speciale, generale Giampaolo Ganzer, del comandante provinciale colonnello Pasquale Angelosanto, del comandante del Reparto operativo colonnello Carlo Pieroni, e del direttore interregionale delle Agenzie delle Dogane, per Campania e Calabria, Alberto Libeccio.

Il bilancio del contrasto alla ‘ndragheta nel 2009.
La conferenza stampa è stata anche l’occasione per un breve bilancio, offerto dal procuratore Pignatone, dell’attività della DDA durante il 2009. Un bilancio altamente in attivo, che certifica l’impegno nel settore del contrasto alla ‘ndrangheta messo in atto dalla Procura distrettuale, e soprattutto la sinergia con tutte le forze di polizia operanti nel territorio, cui è andato il caloroso ringraziamento del procuratore capo. Nell’anno che sta per concludersi, infatti, sono stati sequestrati beni alle cosche, in varie parti d’Italia, per un valore di circa 650 milioni di euro; 49 i latitanti assicurati alla Giustizia, 11 dei quali inseriti tra i primi trenta nell’elenco stilato dal Ministero dell’Interno; più di 750 kg di cocaina sequestrati, dei quali 470 al Porto di Gioia Tauro.

«L’importanza strategica del Porto di Gioia Tauro – ha affermato Pignatone – è un dato di fatto, come riportato in tutte le sedi, compresa la relazione della Commissione parlamentare antimafia vergata nel febbraio 2008».

Un’attività repressiva riconosciuta ed elogiata anche dal procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, che ha confermato: «Qui è in atto una grande attività repressiva, punto di partenza su cui bisogna costruire tutto il resto». In merito ai fatti oggetto dell’operazione Maestro, poi, Grasso ha sottolineato come «la contraffazione dei marchi è il nuovo investimento della criminalità organizzata, dopo i rifiuti e il traffico di droga». Un reato “plurioffensivo”, quello della contraffazione dei marchi, che lede l’economia locale e quella nazionale, come ha ricordato il generale Ganzer, e che spessissimo lede anche la salute degli stessi ignari acquirenti, convinti di fare un “affare”, sottovalutando invece, come ha puntualizzato Libeccio, che i materiali utilizzati per i capi contraffatti sono per la maggior parte nocivi alla salute di chi li indossa. Doppia soddisfazione per il direttore interregionale delle Dogane, in quanto oltre ad avere bloccato l’attività illecita, l’Ente ha collaborato con i Carabinieri per stanare due dipendenti infedeli, che operando all’interno del Porto di Gioia Tauro avevano favorito l’organizzazione criminale nel compimento degli illeciti.

Diecimila container spostati da Napoli a Gioia Tauro.
L’attività d’indagine, come sempre quando si raggiungono risultati così efficaci, si è servita di strumenti tecnici indispensabili come le intercettazioni. Dalla viva voce dei diretti interessati, ha spiegato il procuratore aggiunto Prestipino, si è appreso che i capi contraffatti sono stati dirottati su Gioia Tauro da un’organizzazione criminale cinese, capace di movimentare 10 mila container l’anno. Il porto d’approdo cambia a seconda della convenienza, e in questo caso i contraffattori cinesi avevano trovato più conveniente stringere accordi per spedire i container a Gioia, piuttosto che a Napoli, dove arrivavano invece l’anno scorso.

Da direttore dell’Agenzia delle Dogane a direttore tecnico di un’impresa in odore di ‘ndrangheta.
«Caso paradossale – ha concluso Prestipino – è quello dell’ex direttore dell’Agenzia delle Dogane, il quale dopo essere andato in pensione, ha assunto il ruolo di direttore tecnico dell’imprenditore mafioso»

Exit mobile version