Bomba alla Procura Generale. Di Landro: «Atto gravissimo»

Salvatore Di Landro
Salvatore Di Landro

di Fabio Papalia
Reggio Calabria. Avevano il volto coperto dai caschi da motociclista i due giovani che questa mattina, alle ore 4,50, hanno piazzato e fatto esplodere un ordigno rudimentale davanti alla Procura Generale presso la Corte di Appello in via Cimino. Le immagini, riprese dalle telecamere a circuito chiuso, sono ancora al vaglio dei carabinieri. Il Procuratore generale, Salvatore Di Landro, che questa mattina ha ricevuto la stampa nel suo ufficio al secondo piano della Procura Generale, non ha dubbi sulla matrice e sull’obbiettivo dei malviventi. «È il più grave attentato contro la Procura Generale – ha affermato Di Landro, che ha aggiunto – dietro c’è la mano della criminalità organizzata». «Questa mattina – ha proseguito il Procuratore Generale – quando mi hanno svegliato prestissimo per informarmi dell’accaduto, ho pensato e sperato che fosse il gesto sconsiderato di un singolo, indispettito per la decisione di un giudice di pace (l’edificio infatti ospita anche gli uffici del giudice di pace nda) ma dal filmato che ho visto, e dal racconto che mi hanno fato gli investigatori, non  ho dubbi, il bersaglio era la Procura Generale».
Quanto all’ordigno è stato lo stesso Procuratore Generale a spiegare che è stato usato il tritolo. Come già ipotizzato nelle primissime ore dell’attentato, doveva servire da innesco per far saltare in aria la bombola di gas. Fortunatamente però il tritolo, che ha provocato gravi danni al pesante portone in metallo, letteralmente scardinato di almeno 20 centimetri, e all’androne dell’edificio, non ha innescato l’esplosione del gas all’interno della bombola, il cui coperchio è saltato in aria mentre il gas si è infiammato senza provocare danni ben più seri. «In ogni caso – ha continuato Di Landro – dalle immagini si evince che chi ha agito non era certo uno sprovveduto, una velocità di esecuzione che ci fa pensare di avere a che fare con dei professionisti». Una chiara matrice ‘ndranghetistica, dunque, contro la Procura Generale, che ha competenza nel delicatissimo campo dei sequestri e confisca di beni, che tanti danni ha inferto alle cosche della città e delle due coste della provincia reggina. Senza trascurare gli appelli dei processi che vedono alla sbarra il gotha della ‘ndrangheta. «Anche se il grande pubblico può pensare che la fase più critica sia quella del processo in primo grado – ha spiegato Di Landro – sappiamo bene che così non è, i giochi si fanno in appello. Questo attentato però non ci fa recedere di un passo, continueremo a lavorare senza farci intimorire». Di Landro, che prima di ricevere i giornalisti si era intrattenuto nel suo ufficio coi sostituti Scuderi e Mollace, alle 11 si è recato in Prefettura per partecipare al Comitato per l’ordine e la sicurezza. Il Procuratore Generale si è anche sentito telefonicamente con il Procuratore capo della Repubblica, Giuseppe Pignatone, che sta coordinando le indagini, che per competenza saranno presto trasmesse a Catanzaro, competente sui reati contro i magistrati reggini. «Chiederò innanzitutto maggiore controllo del territorio – ha anticipato ai giornalisti Di Landro prima di recarsi in Prefettura – e una maggiore sicurezza per i magistrati della Procura Generale».
Nel pomeriggio, intanto, la scena dell’esplosione è stata esaminata daglil specialisti del Ris di Messina, il Reparto investigazioni scientifiche dei Carabinieri, che hanno avviato indagini e sono alacremente al lavoro per dare un volto ai due dinamitardi.

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