di Fabio Papalia
Good morning Reggio. Se stanotte avete sentito un botto, forse non era un tuono, e probabilmente non stavate sognando. Le esplosioni, nell’ultimo mese, più esattamente nella seconda metà di dicembre, si sono susseguite in un crescendo impressionante, culminato la scorsa notte con la bomba fatta esplodere davanti al portone della Procura Generale presso la Corte d’Appello. Questo è l’elenco degli attentati compiuti in città dal 15 dicembre ad oggi.
Notte tra il 15 e il 16 dicembre. Un piccolo ordigno rudimentale, costituito da una bomba carta, danneggia la saracinesca del supermercato “Tre Effe” a Pellaro.
Notte tra giovedì 17 e venerdì 18 dicembre. Una bombola di gas, con innesco costituito da un panetto di tritolo, viene depositata davanti al bar “Villa Arangea”, in via Ravagnese Gallina I Tronco. L’innesco, anziché provocare l’esplosione della bombola, come nelle intenzioni dei dinamitardi, fa infiammare il gas, provocando l’annerimento della saracinesca e la lesione delle vetrate.
Notte tra il 18 e il 19 dicembre. Pochi minuti prima delle ore 1,00. In via Filippini un grosso ordigno pirotecnico modificato artigianalmente viene fatto esplodere sotto l’autovettura Mazda MX5 di una di donna di 40 anni, R.P., noto avvocato. Per confezionare l’ordigno viene utilizzato circa 1 kg di materiale pirotecnico, innescato da una miccia.
Notte tra il 20 e il 21 dicembre. Di fronte alla Stazione di Gallico, all’interno di un palazzo in costruzione, ad opera della ditta C.C.I. Srl, viene piazzato un ordigno incendiario ed esplosivo, con l’aggiunta di una bombola di gas. Quest’ultima fortunatamente non esplode, ma la deflagrazione dei fumi dei litri di benzina versati all’interno dell’edificio provoca gravi danni, con gli infissi divelti e scaraventati a diversi metri di distanza.
Notte tra il 22 e il 23 dicembre. Intorno alle ore 2, un ordigno rudimentale viene fatto esplodere davanti al portone di uno stabile condominiale in via San Sperato.
Notte tra il 23 e il 24 dicembre. All’interno del piazzale del supermercato Quiiper di Arghillà, intorno alle ore 2,00, vengono piazzati due ordigni, composti di tritolo ed esplosivo plastico jugoslavo, sui due cardini della cassa continua. Uno dei due ordigni esplode, l’altro no, rendendo vano il tentativo di furto.
Notte tra il 25 e il 26 dicembre. Intorno alle ore 3,15, in via Sbarre Centrali, viene rinvenuto un ordigno inesploso davanti alla saracinesca del panificio “Giesse”. Questa volta l’ordigno è costituito da una pipe bomb, un tubo di metallo sapientemente saldato e riempito con polvere da sparo e collegato a una miccia.
Un elenco che, abbiamo visto, si è allungato di tre posizioni nella sola notte a cavallo tra domenica e lunedì, con l’ordigno fatto esplodere alla Procura Generale, quello fatto esplodere a una pescheria di Santa Caterina, e un terzo ordigno fatto esplodere sotto un’autovettura a Pellaro.
Naturalmente è impossibile ipotizzare che vi sia un unico filo conduttore che unisce i vari attentati, se non una generale recrudescenza del fenomeno.
In un caso, però, le similitudini sono a dir poco strabilianti. La bombola di gas piazzata davanti al bar “Villa Arangea” è stata utilizzata con modalità che sembrerebbero identiche a quella fatta esplodere alla Procura Generale. In entrambi i casi alla bombola è stato dato un innesco con esplosivo ad alto potenziale, costituito nel primo caso da un panetto di tritolo, e in entrambi i casi l’effetto è stato simile, con la sfiammata del gas che ha scongiurato un’esplosione ben più grave. Dietro queste due bombole potrebbe esserci la stessa mano.
Di sicuro sul piatto della bilancia resta una lunga sequenza di attentati, l’ultimo dei quali, quello contro la Procura Generale, ha almeno il triste merito di essere riecheggiato fino a Roma, e aver fatto risvegliare lo Stato dal torpore in cui si era adagiato dopo l’alzata di scudi conseguente all’omicidio Fortugno. Eppure, le tantissime operazioni contro la criminalità organizzata compiute dalle Forze dell’Ordine, sotto l’impulso della Procura della Repubblica guidata da Giuseppe Pignatone, avrebbero dovuto suggerire anche nella Capitale che non è ancora giunto il momento di abbassare la guardia. Gli arresti dei latitanti, molti dei quali inseriti nell’elenco dei 30 ricercati più pericolosi, o i numerosi e consistenti sequestri di beni alle ‘ndrine, dovevano semmai suggerire un atteggiamento ancora più guardingo, rafforzando ulteriormente i dispositivi già esistenti. Non è ancora tempo di risparmiare sulla sicurezza in riva allo Stretto. L’attentato alla Procura Generale dimostra che, come una bestia ferita, la ‘ndrangheta sta scalciando. E con tanti capi storici dietro le sbarre, c’è sempre il rischio di colpi di coda. Lo Stato non ha badato a spese in fatto di nomi, dal Questore Carmelo Casabona, al capo della Squadra Mobile Renato Cortese, passando dai vertici dei comandi provinciali di Carabinieri e Guardia di Finanza, la magistratura inquirente può indubbiamente contare, in termini di qualità, su un apporto di primissimo livello da parte delle Forze dell’Ordine. Però servono anche le risorse, uomini e mezzi in numero sufficiente. Il Procuratore Generale Salvatore Di Landro, non a caso a poche ore dall’attentato ha chiesto un maggiore controllo del territorio, assicurando che i magistrati della Procura Generale proseguiranno serenamente il loro lavoro senza farsi condizionare dall’atto, che resta di una gravità inaudita. Maggiore sicurezza, sia per i magistrati che per i comuni cittadini, è il minimo che lo Stato deve garantire anche in punta dello Stivale.