Per problemi di natura tecnica siamo stati costretti a “saltare” il contributo della rubrica di giovedì scorso, che riproponiamo oggi. Ci scusiamo dell’inconveniente con i lettori e con il curatore.
Con l’ultima uscita 2009 della Rubrica “Urbanistica e Città Metropolitana” pubblichiamo “La sfida sulla città metropolitana”, un intervento del Prof. Roberto Camagni, Ordinario presso il Politecnico di Milano, Economista esperto di programmazione e pianificazione.
“La sfida sulla città metropolitana” è la sintesi della seguitissima Prolusione “Città Metropolitana e sviluppo territoriale. Un Laboratorio per nuove generazioni di urbanisti” pronunciata a presso la “Mediterranea” da Roberto Camagni il 22 ottobre 2009 all’ormai tradizionale “Apertura d’Anno 2009/2010” del Corso di Laurea in “Urbanistica”.
La scelta di chiudere il 2009 con l’intervento del Prof. Roberto Camagni non è casuale: il 2009 è stato l’anno del rilancio del Corso di Laurea in “Urbanistica”, storica offerta didattica specialistica della Università “Mediterranea”, seconda in ordine di tempo soltanto ad Architettura. Ed il grande interesse suscitato quest’anno nelle matricole da “Urbanistica” è dovuto anche dalla volontà di intrecciare il ridisegno complessivo e l’attualizzazione dell’offerta didattica per i futuri urbanisti pianificatori con il processo di costruzione di “Reggio Calabria Città Metropolitana”, volontà nella quale si è voluto leggere l’intenzione positiva di raccordare maggiormente la vita universitaria con quella della comunità civile.
Non si può chiudere questo 2009 senza ringraziare, attraverso il suo Direttore Fabio Papalia, la testata online “Newz.it” che dal 16 giugno 2009 ogni giovedì ospita la Rubrica “Urbanistica e Città Metropolitana”. Abbiamo contato, con questa, 29 puntate: non sono poche e, a quanto mi riferiscono da “Newz.it”, l’interesse dei lettori si mantiene elevato: segno che il tema metropolitano in generale ed in particolare “Reggio Calabria Città Metropolitana” è in grado di suscitare un grande interesse per le prospettive di crescita che ne possono e debbono derivare.
Un doveroso ringraziamento va anche alle qualificate ed impegnate collaborazioni, alle quali si deve l’alto numeri di accessi internet alla Rubrica.
Nel 2010 continueremo nel nostro lavoro, sicuri che molti vorranno continuare a fornire i loro contributi di riflessione e di proposta, e che altri, colleghi e studiosi, esponenti del mondo culturale, politici ed amministratori, operatori economici ed esponenti del mondo del lavoro, vorranno intervenire in una sede di dibattito libera ed aperta al pluralismo delle posizioni che non ha altro obiettivo che contribuire al migliore successo possibile per “Reggio Calabria Città Metropolitana”.
(E.C.)
La sfida sulla città metropolitana
di Roberto Camagni
1. La sfida della costituzione delle città metropolitane in Italia è stata una sfida persa tre volte. Dapprima con la legge 142 del 1990, in cui si propose un processo dall’alto, fortemente controllato dalle Regioni, che apparve subito non interessante. Una seconda volta nel 1998, allorché, nella totale disattenzione, si propose un percorso contrario, dal basso, tutto basato sulla volontà di cooperazione fra Comuni; e ancora non successe quasi niente. Una terza volta nel 2000, con la riforma del Capitolo V della Costituzione, in cui, nelle norme transitorie, si indicarono solo le tre città milionarie – Roma, Milano e Napoli, che, fra parentesi, erano anche quelle che meno avevano riflettuto e proposto sul tema metropolitano fra le città italiane.
La nuova legge sul Federalismo Fiscale del maggio 2009, propone 9+1 aree metropolitane (oltre a quelle, penso, in Regioni a Statuto Speciale) e apparentemente facilita il percorso di costituzione delle stesse, simile a quello del 1998, abolendo il quorum al necessario referendum provinciale; ma continua a non essere chiaro il vantaggio per gli attuali amministratori di una tale decisione, mancando qualsivoglia forma di incentivo alla collaborazione intercomunale.
Dunque, in assenza di una precisa volontà politica (e culturale) in questo senso nei territori interessati, si rischia un fallimento per la quarta volta.
2. Perché la Città Metropolitana è più che mai necessaria oggi? Per le seguenti ragioni:
– perché ci troviamo in presenza di un difetto di solidarietà territoriale nei contesti metropolitani, con forti disparità in termini di disponibilità di risorse fra territori forti e territori deboli;
– per un difetto di coerenza nelle decisioni territoriali fra comuni, con difficoltà di progettazione/gestione di servizi a rete, duplicazioni nella localizzazione di funzioni produttive, inutile e dannosa competizione fra comuni per attrarre attività sul loro territorio;
– per un difetto di sostenibilità, in particolare per l’assenza di controlli – collettivi o delegati a un ente sovraimposto – sulla dispersione insediativa e i consumi di suolo;
– per un difetto di competitività, che discende dalla impossibilità di raggiungere una massa critica sufficiente per la comparsa/attrazione di funzioni di elevato livello gerarchico;
– e anche, infine, per un difetto di economicità, dovuto ai costi delle burocrazie e delle amministrazioni locali.
In sintesi, il livello comunale non è un livello “adeguato” per la maggior parte delle decisioni strategiche in ambito sia di pianificazione territoriale che di programmazione economica, proprio quelle decisioni che fin qui sono mancate nel nostro paese. I grandi comuni centrali hanno una “impronta” che va ben oltre i loro confini, e che richiede una pianificazione di area vasta; i piccoli comuni sono troppo deboli per effettuare scelte impegnative in campo economico e spesso anche urbanistico e territoriale. Il principio di sussidiarietà, se correttamente inteso, non dovrebbe applicarsi in questi casi al livello amministrativo più basso, quello comunale, proprio per la sua non-efficienza in questi due ambiti rilevanti.
3. Serve dunque un colpo d’ala, volontaristico e lungimirante, orientato al rafforzamento delle istituzioni di governo del territorio, sia in ambito metropolitano, costituendo appunto le Città Metropolitane, sia in ambito di città medie, rafforzando i poteri delle attuali Province.
4. Purtroppo, in termini di rapporti di potere politico, delle città metropolitane realmente efficienti ed efficaci costituirebbero centri di potere politico-economico e territoriale molto forte, evidentemente poco ben visti dalle attuali strutture regionali. L’occasione veramente perduta è stata, in questo senso, quella dei primi anni 2000, in cui scadeva il secondo mandato dei primi sindaci eletti direttamente, che erano in genere personalità forti e che avevano in genere ben operato; essi avrebbero potuto spingere la costituzione del nuovo organismo e divenire “sindaci metropolitani”, ma non capirono, e l’occasione forse sfumò per sempre.
5. Il processo di costituzione degli organismi metropolitani è comunque un processo complesso, difficile, in tutta Europa, e non è un caso se istituzioni più o meno formalizzate sono molto rare: la Grande Londra – facilitata dalla non esistenza di una “piccola” Londra, comunale –, Lione, Stoccarda e poco altro. Talvolta, come a Rotterdam, il referendum fra le popolazioni interessate ha bocciato l’iniziativa: il senso di cittadinanza è evidentemente comunale (quando non addirittura di quartiere), mentre non esiste naturalmente un senso di cittadinanza metropolitano. Il processo va dunque costruito con pazienza, fidando nei processi cumulativi a carattere virtuoso che possono scaturire da aggregazioni intercomunali volontarie di successo, magari con obiettivi settoriali definiti, che sviluppano senso di appartenenza allargato e crescenti disponibilità a gestioni collegiali.
6. Il processo sarebbe grandemente facilitato dall’esistenza di incentivi, nazionali (come in Francia) o regionali; dalla riduzione degli egoismi autonomistici dei sindaci (in ambito di pianificazione innanzitutto), dalla messa in comune (incentivata) di parte delle entrate tributarie e para-tributarie dei comuni (oneri di urbanizzazione e ICI). Una incentivazione nazionale di questo genere in Francia, attuata al fine di ridurre la polverizzazione comunale (36.000 comuni!) ha ottenuto, all’inizio del decennio, un grande e insperato successo, conducendo a pratiche di collaborazione intercomunale crescenti soprattutto nelle “agglomérations” (comunità di comuni a carattere urbano) più che nei “pays” (comunità di comuni a carattere rurale, legate a simili identità territoriali).
7. È interessante seguire oggi il percorso che la Francia sta battendo, per passare da forme volontarie e a geometria variabile di collaborazione intercomunale a forme maggiormente istituzionalizzate. Il Comitato “Balladur” di Riforma delle Autonomie (collectivités) Locali, lanciato all’inizio di quest’anno, ha prodotto 20 Propositions. L’obiettivo è quello di migliorare l’efficienza e i costi amministrativi, la solidarietà territoriale e l’efficacia nel rispondere ai bisogni dei cittadini; la parola d’ordine è “fondersi per mantenere competenze”. Si propone dunque:
– di favorire il raggruppamento volontario delle regioni (per raggiungere una massa critica di 3-4 milioni di abitanti),
– di favorire il raggruppamento volontario dei dipartimenti (simili alle nostre regioni ma in numero assai maggiore),
– di favorire entro il 2014 il raggruppamento fra comuni che ancora non partecipano a forme associative;
– di eleggere a suffragio diretto gli organi deliberativi delle associazioni di comuni a fiscalità propria (EPCI – Etablissements Publics de Coopération Intercommunale) in concomitanza delle elezioni comunali (con i primi eletti nelle liste comunali che siederebbero anche nel consiglio del raggruppamento di comuni);
– di costituire, prima del 2014, 11 “metropoli” + 1 (Grand Paris)con molte competenze comunali e le competenze sociali degli attuali Dipartimenti;
– di favorire con opportuni incentivi il passaggio dalla forma intercomunale degli EPCI alla formazione di nuovi Comuni veri e propri;
– di introdurre forme più moderne di federalismo fiscale, con potestà dei comuni sulla aliquote di almeno una imposta, ripensando totalmente e razionalizzando l’attribuzione delle competenze fra diversi livelli di governo.
8. Come si vede, in altri paesi esiste una più chiara volontà di superare l’attuale forma istituzionale che presiede al governo del territorio, rompendo la cristallizzazione degli attuali interessi politico-istituzionali e soprattutto ridisegnando strutture più efficienti e più adatte ai bisogni della società attuale.