Beni Confiscati. Il presidente dell’antimafia calabrese replica a Marcianò

Nino De Gaetano

Reggio Calabria. Ci sorprende e ci rincuora sinceramente l’interesse manifestato in queste ore dal vicecapogruppo comunale del Pdl Michele Marcianò nei confronti del tema dei beni confiscati. Lo confessiamo: avevamo malignamente pensato che il suo tenace silenzio sulle problematiche legate al contrasto della criminalità organizzata fosse sintomo di scarsa attenzione. Ci sbagliavamo. Incoraggiato dalla sfilata di Berlusconi a pochi passi da Palazzo San Giorgio, nella corsa a ritagliarsi un posto nella claque reggina del Premier, Michele Marcianò trova la voce e interviene sulla gestione del patrimonio dei mafiosi. Con pessimi risultati, però, visto che l’esponente reggino del Pdl, nella fretta di dire qualcosa, non ha trovato il tempo necessario per informarsi. Entrando nel merito delle sue dichiarazioni, diciamo a Marcianò che anche noi salutiamo positivamente la costituzione di un’Agenzia nazionale per la gestione dei beni confiscati. Aggiungiamo: era ora! L’istituzione di un’agenzia ad hoc in grado di snellire le procedure di sequestro, confisca e assegnazione dei patrimoni mafiosi è un provvedimento da tempo chiuso nel cassetto del governo, a lungo sollecitato dalle associazioni che lavorano sul campo e richiesto, tra gli altri, da Francesco Forgione (già presidente della Commissione nazionale antimafia) e dal sottoscritto fin dal 2008. Sono stati evidentemente “necessari” la bomba alla Procura generale di Reggio e il clima da campagna elettorale per spingere il governo di centrodestra ad accogliere finalmente le istanze di chi – informiamo Marcianò – oggi sta raccogliendo le firme contro la vendita dei beni confiscati prevista proprio dalla Finanziaria del governo Berlusconi. Il rischio, infatti, è che il tanto propagandato “snellimento delle procedure”, si traduca, di fatto, in una rapida messa all’asta dei patrimoni dei mafiosi (pronti ad essere ricomprati dai boss) e in questo caso, purtroppo, ci sarebbe davvero poco da applaudire. Esattamente come per lo scudo fiscale che consente il riciclaggio di capitali mafiosi o come per il ddl sul processo breve che minaccia di affossare i procedimenti per turbativa d’asta (alla faccia della trasparenza sugli appalti). Rischi che Marcianò però non vede, occupato com’è ad accusare di “indifferenza” la Regione Calabria e la Commissione regionale antimafia. Evidentemente per lui sono una dimostrazione di “indifferenza” la decisione di costituirsi parte civile in tutti i processi per mafia, l’istituzione di una stazione unica appaltante che ha cominciato il suo lavoro dalla Sanità, il varo, da parte della Commissione antimafia, della prima legge regionale antiracket e antiusura, l’approvazione in Commissione di una legge in favore delle associazioni e delle cooperative destinatarie di beni confiscati sul territorio calabrese e i contributi erogati alle stesse per favorire la ripresa delle attività dopo attentati e danneggiamenti. Sul tema della gestione dei beni confiscati, in particolare, spieghiamo a Marcianò che la legge 7 marzo 1996 n.109 affida ad altri (Agenzia del Demanio e Prefetture) tale responsabilità e che esiste un organismo nazionale – l’ufficio del commissario per la gestione dei beni confiscati cui è demandato il coordinamento degli enti e delle amministrazioni – con cui l’“indifferente” Regione Calabria ha avviato un progetto strategico che individua come destinatari degli interventi finanziari 15 Comuni della Provincia di Reggio Calabria. Certo, come in ogni cosa, si sarebbe potuto fare di più e meglio, magari avvalendoci di qualche intervento costruttivo del vicecapogruppo comunale del Pdl. Ma non ci è sembrato di sentirlo.

Nino De Gaetano
presidente della Commissione regionale
contro il fenomeno della mafia

Exit mobile version