
di Fabio Papalia
Reggio Calabria. Lo hanno arrestato sfruttando la sua passione per la Juventus. I poliziotti gli hanno stretto le manette ai polsi ieri sera alle 22,20 all’esterno di un ristorante-pizzeria romano nel quartiere Boccea, “La tana dell’orso”, che sapevano trasmetteva la partita di calcio della Juventus, la squadra del cuore del 33enne Domenico Bellocco. Il giovane era latitante da quando si era sottratto alla condanna confermata in Cassazione a 6 anni e 4 mesi di reclusione per reati in materia di sostanze stupefacenti. Nel frattempo Domenico Bellocco, nato a Lucca ma residente a Rosarno, figlio del boss Giuseppe e nipote di Carmelo, stava lievitando “più del dovuto”, ha affermato questo pomeriggio nel corso della conferenza stampa il Questore di Reggio Calabria Carmelo Casabona, nell’organigramma della cosca Bellocco. Già da mesi il giovane era stato investito del ruolo di portavoce della cosca con la famiglia Pesce, storica alleata. L’investitura, però, era arrivata in uno dei massimi momenti di tensione fra i rapporti tra le due consorterie criminali, quando Carmelo Bellocco, nella sua residenza di Granarolo dell’Emilia, era stato avvicinato da un uomo che lo aveva minacciato, chiedendo conto di due omicidi avvenuti ai danni di suoi parenti. Il capocosca, indispettito per l’insolenza dimostrata dall’uomo, aveva subito indetto un summit in casa propria, raggiunto dai sodali partiti in fretta e furia da Rosarno, e aveva ipotizzato che l’uomo avesse potuto “osare” tanto solo con il placet della famiglia Pesce, della cui fedeltà Carmelo Bellocco iniziava a dubitare.
Quando poi le maglie della Giustizia si sono strette attorno al clan dei Bellocco, oggetto di ben due operazioni di polizia, Rosarno è nostro capitolo uno e due, il giovane Domenico Bellocco, colpito da ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione per delinquere di stampo mafioso e fittizia intestazione di beni, ha preferito allontanarsi da Rosarno e, come ipotizzano gli investigatori, già da qualche mese aveva trovato rifugio a Roma.
Gli uomini della Squadra Mobile di Reggio Calabria, diretta dal primo dirigente Renato Cortese, e in particolare gli investigatori della Sezione criminalità organizzata diretta dal vicecapo della Mobile, il vice questore aggiunto Diego Trotta, sono andati fin nella Capitale per stanarlo e mettere fine alla sua latitanza. E’ stato un lavoro da manuale, una indagine “pura”, che non si è avvalsa di collaboratori o soffiate, ma di lavoro alla vecchia maniera, attività tecnica e tanta fatica, come hanno sottolineato il procuratore aggiunto della Dda Michele Prestipino e il capo della Mobile Cortese; quest’ultimo si è detto estremamente soddisfatto del lavoro svolto dai suoi uomini: «Il valore aggiunto dell’indagine è stata la motivazione di un gruppo di lavoro, la bravura dei ragazzi della Mobile, alcuni dei quali non hanno chiuso occhio negli ultimi 5 giorni». «Un lavoro – ha aggiunto Cortese nel ringraziare il dirigente Trotta e gli investigatori della sua sezione – fatto di passione e professionalità di uomini senza volto». A Roma, gli agenti della Mobile reggina sono stati coadiuvati dai colleghi della Squadra Mobile capitolina, e durante tutta la fase dell’indagine dalla Sezione di Polizia Scientifica.
Domenico Bellocco, che proprio non si aspettava di essere raggiunto dai segugi reggini, ha tentato una disperata fuga che è durata solo qualche istante, l’uomo infatti è stato subito immobilizzato. Disarmato, era da solo nel locale di ristorazione. Per Bellocco la magra consolazione di avere assistito a una ottantina di minuti della partita della Juve, adesso sarà lui stesso a indossare una casacca a strisce.