Nel carcere il potere della fantasia. Il Reggio Calabria Filmfest, nella sua seconda giornata volge lo sguardo alla vita sociale ponendo i riflettori sulla Casa circondariale reggina con le proiezioni di un documentario “Napoli Napoli Napoli” di Abel Ferrara e il cortometraggio “Fuori tempo massimo” di Alberto Gatto, concepito in relazione all’attività di divulgazione della cultura da parte del direttore artistico del festival Gianluca Curti.
Due film molto diversi ma legati dall’ambientazione, quella del carcere, in cui si intrecciano spaccati di vita quotidiana, dove la mancanza di libertà stravolge l’esistenza e se gestita male fa precipitare l’individuo nella disperazione e nell’isolamento.
“Napoli Napoli Napoli”, nato dall’incontro tra Ferrara e Gaetano Di Vaio, ex microcriminale napoletano, impegnato da tempo a combattere la criminalità giovanile, è un ritratto in chiaroscuro della città partenopea, un viaggio attraverso personaggi e ambienti che raccontano la complessa varietà di questa metropoli del sud. Girato come un documentario e intersecato da episodi di finzione, il film spazia dalle anguste celle del carcere femminile di Pozzuoli, dai vicoli dei Quartieri Spagnoli, dalle vele di Scampia, ai belvedere cittadini e al suggestivo parco del Vesuvio.
Ambientazione tutta calabrese, invece, quella di “Fuori tempo massimo” girato tra Gioiosa jonica e il carcere reggino, prodotto dalla Minerva Picture e l’Associazione E20, per la sceneggiatura di Luisa Bellissimo e patrocinato dall’Assessorato alle politiche sociali del Comune di Reggio Calabria.
Il cast, tutto di attori volontari, vede personaggi già in passato impegnati su questioni sociali come Rosa Pianeta, Lele Nucera e Salvatore Striano, quest’ultimo attore di “Gomorra”. «Una storia – ha spiegato il regista Alberto Gatto – che cerca di cogliere tutti gli attimi di una lunga giornata passata in carcere in un tempo che sembra infinito. Una grande sfida per noi girarlo in un solo mese e proporlo oggi in anteprima; per realizzare venti minuti di riprese abbiamo avuto il contributo di circa cento persone che, si sono spesi in maniera del tutto gratuita, in un progetto di grande spessore culturale».
Nella trama, il protagonista è Simone un ragazzo che in una notte cambia la propria vita. Dopo una rissa si ritrova, infatti, a vivere la reclusione ma, superata la dura realtà iniziale decide di guardare oltre le sbarre ideando un progetto:realizzare un libro di fiabe per bambini scritto proprio dai carcerati. « Abbiamo cercato – ha chiarito Luisa Bellissimo – di trasmettere, pur se in maniera cruda, un atteggiamento positivo. Dietro ogni sbaglio non deve esserci la rassegnazione ma, la voglia di vivere al meglio quella condizione temporanea che porterà poi alla rinascita dell’individuo stesso».
Contenta del contributo cinematografico e culturale, ricordiamo i 500 libri donati alla biblioteca del carcere dal Reggio Calabria Filmfest, la direttrice della casa circondariale Maria Carmela Longo.«Siamo felici per il secondo anno consecutivo di essere stati coinvolti a pieno titolo in un evento di tale dimensioni. Possiamo dire che è il sociale che si è aperto al penitenziario, siamo convinti che tutte le forme di impegno siano utili a migliorare la vita dei nostri detenuti».
Dopo gli interventi dell’assessore Enzo Sidari e di Gianluca Curti anche il contributo di uno dei detenuti del carcere reggino. «Bisogna partire dalla cultura per cambiare la società, poiché ognuno di noi è il prodotto dell’ambiente in cui è nato e cresciuto. Il carcere deve essere considerato come un ospedale, il detenuto va curato nel corpo e nell’anima e poi restituito alla libertà».
Dominella Trunfio