Palermo. La crisi dell’agricoltura ha avuto gravissime ripercussione anche nel settore agrumicolo, uno dei fiori all’occhiello del paniere agroalimentare siciliano. Prezzi in caduta libera per le arance, che ai produttori, quest’anno, sono state pagate sottocosto, in media dai 7 ai 12 centesimi di euro. “Il 2010 e’ stato un anno pessimo per l’agrumicoltura isolana anche per colpa dei produttori di succhi trasformati che non comprano piu’ gli agrumi siciliani – dice l’assessore regionale alle risorse agricole Titti Bufardeci che aggiunge di ritenere la scelta dei gruppi industriali nazionali – sbagliata sia nei confronti dei consumatori, sia in termini economici e politici, per il danno enorme che rischia di provocare anche l’abbandono dei terreni”. “Sul piano della qualita’ – afferma Bufardeci – la scelta di non utilizzare i frutti di Sicilia per i succhi e’ incomprensibile. Ancor piu’ grave e’ il fatto che molte di queste aziende utilizzano ingenti quantita’ di risorse finanziarie pubbliche”. E’ il caso di Parmalat, ma anche di Conserve Italia, leader cooperativo nell’ortofrutta trasformata, che non compra agrumi in Sicilia e, piu’ in generale in Italia meridionale. Conserve Italia, inoltre, e’ anche partecipata direttamente dal Ministero delle politiche agricole attraverso l’Isa, l’istiuto di sviluppo agroalimentare. “Si tratta di strutture nate per favorire la filiera italiana, finanziate con fondi pubblici – sostiene Bufardeci- che di fatto, pero’ limitano la crescita e determinano l’erosione dei prezzi alla produzione, scegliendo di comprare le arance altrove. E’ incomprensibile la scelta di avvantaggiare i produttori europei o addirittura extraeuropei a scapito delle aziende siciliane e meridionali dell’Isola”.
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