Reggio Calabria. I Carabinieri del Ros, del Comando provinciale, e i Cacciatori di Calabria, hanno eseguito un provvedimento di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla locale Procura distrettuale antimafia nei confronti di 9 indagati per associazione mafiosa, estorsione e intestazione fittizia di beni. I fermati sono 5 esponenti della famiglia “Pelle”, tra cui il reggente Giuseppe Pelle, nonché Rocco Morabito, figlio del “Tiradritto”, Giovanni Ficara e Antonino Latella, tutti esponenti di vertice delle cosche della fascia jonica e del capoluogo reggino.
I fermati:
- Billari Costantino Carmelo, 30 anni
- Ficara Giovanni, 46 anni
- Latella Antonino, 61 anni
- Pelle Antonio, 23 anni
- Pelle Antonio, 24 anni,
- Pelle Domenico, 25 anni
- Pelle Sebastiano, 39 anni
- Pelle Giuseppe, 50 anni
Risulta invece irreperibile la nona persona, Rocco Morabito, anch’egli destinatario del fermo, e attivamente ricercato.
Le indagini.
L’operazione costituisce lo sviluppo dell’indagine “Labirinto” del Ros (Raggruppamento operativo speciale), avviata nel 2007 nei confronti della cosca “Pelle” di San Luca (RC) e finalizzata alla cattura del boss Antonio Pelle “Gambazza”, inserito nell’elenco dei 30 latitanti più pericolosi, arrestato dallo stesso Ros il 12 giugno dello scorso anno, dopo una lunghissima latitanza. Nel corso delle indagini si era pervenuti all’arresto di numerosi esponenti del sodalizio ed al sequestro di beni per oltre 200 milioni di euro, depotenziando così significativamente l’organizzazione criminale, peraltro in un momento in cui i “Pelle” ed i loro alleati storici, i “Vottari”, stavano fronteggiando i “Nirta-Strangio” nella tristemente nota faida di San Luca, culminata nella “Strage di Duisburg” dell’agosto 2007.
I rapporti con le cosche Ficara e Latella.
L’attuale filone investigativo ha documentato il ruolo di vertice assunto dagli indagati Giuseppe Pelle e Rocco Morabito, succeduti ai padri, “Gambazza” e “Tiradritto”, nella effettiva gestione degli interessi delle cosche della fascia jonico-reggina anche nei rapporti con importanti sodalizi del capoluogo, tra cui i “Ficara” e i “Latella”, funzionali al perseguimento di strategie unitarie e, soprattutto, ad assicurare gli equilibri criminali nell’area.
Le trattative per la successione nel Locale di Roghudi.
In tale ambito, è emersa la trattativa tra Giuseppe Pelle e Antonino Latella, instaurata per la designazione del reggente del locale di Roghudi, in seguito al decesso per cause naturali di Antonio Romeo “Bistecca”, avvenuto all’inizio dell’anno, condotta con riferimento agli accordi, già documentati alla fine degli anni ‘90 dall’indagine “Armonia”, che avevano sancito la fine del sanguinoso conflitto tra gli “Zavettieri” e i “Pangallo”.
La nomina del successore di Romeo ha riproposto infatti l’annosa ingerenza degli esponenti di vertice della zona sud di Reggio Calabria sul locale di Roghudi, in ragione dell’originaria collocazione del paese nella zona di competenza delle cosche reggine e trasferito, dopo le inondazioni degli anni ’70, nella costa jonica, tra Condofuri e Melito Porto Salvo.
Le indagini hanno evidenziato la progressione in grado di diversi soggetti, riconducibili alle famiglie Zavettieri e Tripodi, in passato protagonisti della contesa per il controllo di quello stesso locale e, soprattutto, l’intendimento di Giuseppe Pelle e Rocco Morabito di trovare una soluzione al problema con l’equiparazione delle cariche di alcuni affiliati appartenenti alle diverse fazioni, al fine di equilibrare l’importanza rivestita dalle due famiglie.
La vicenda ha quindi confermato la posizione di assoluto rilievo riconosciuta agli esponenti della famiglia Pelle, in relazione al richiamo delle regole vigenti nella ‘ndrangheta, avendo riguardo alle problematiche ordinative delle singole cosche e alle gerarchie tra gli affiliati.
Il bunker da costruire sotto casa.
Tra gli argomenti trattati negli incontri tra i diversi capibastone emerge anche una consulenza di Giuseppe Pelle a Giovanni Ficara per la costruzione di un bunker simile a quello utilizzato da Saverio Trimboli, arrestato dai Carabinieri il 13 febbraio scorso. Pelle, dopo aver fornito suggerimenti sul tipo di abitazione maggiormente idonea ad ospitare simili nascondigli, prometteva anche l’invio dell’operaio specializzato (“u mastru”) per la realizzazione del bunker.
La progettazione di un sequestro “lampo”.
L’indagine ha altresì evidenziato l’attuale pervasività del gruppo “Pelle” nell’area di San Luca, Bovalino e comuni limitrofi, mediante l’imposizione di estorsioni agli operatori economici e i tentativi di infiltrazione negli appalti pubblici attraverso imprese controllate. Particolarmente allarmante si è rivelata la progettazione di un sequestro “lampo” di un imprenditore edile locale, allo scopo di estorcere al socio una tangente estorsiva, dell’importo di 40 mila euro, sui lavori eseguiti per un appalto pubblico nel Comune di Condufuri (RC), la cui consegna era stata più volte procrastinata dagli interessati.
L’indagine ha offerto uno spaccato di estremo interesse per la comprensione delle attuali strategie della ‘ndrangheta, confermandone l’evoluzione sotto il profilo organizzativo, con gerarchie interne, aree di competenza e cariche sovraordinate alla tradizionale struttura orizzontale dei locali.
Il commento degli investigatori.
I risultati investigativi sono stati illustrati questa mattina, presso il Comando provinciale dell’Arma, dal Procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone, accompagnato dal suo aggiunto Nicola Gratteri, alla presenza del vice comandante del Ros, generale Mario Parente, del comandante provinciale colonnello Pasquale Angelosanto, e del comandante del Reparto operativo colonnello Carlo Pieroni.
Pignatone, in particolare, ha posto l’accento su alcune intercettazioni, magistralmente svolte dai Ros ai quali ha rivolto il suo apprezzamento, dalle quali si evince come l’uso della violenza sia per le cosche, così come la guerra è stata definita “la continuazione con altri mezzi della politica”, una opzione da mettere in campo senza troppi preamboli. In una delle conversazioni tra Morabito e Ficara, infatti, i due parlando degli “equilibri” commentavano “qui solo con il fucile si scavalla”. Altro particolare degno di nota, tanto che il Procuratore ha sottolineato l’importanza simbolica dell’inserimento voluto dal governo del termine “‘ndrangheta” nell’articolo 416 bis del Codice Penale (e nell’art. 1 della legge sulle misure di prevenzione) è l’ombra di una organizzazione verticistica, sovraordinata rispetto alle singole cosche, che regge i fili della ‘ndrangheta. Nelle conversazioni tra Giuseppe Pelle e Rocco Morabito, ha rivelato Pignatone, nel parlare degli assetti del Locale di Roghudi, i due si trovano a convenire che “se l’accordo soddisfa tutti dobbiamo informare le più importanti famiglie della zona sud della città (ossia Reggio Calabria), sennò si chiama la provincia”. Col termine “provincia”, ha chiarito Pignatone, si farebbe riferimento, appunto, a un organo sovraordinato alle singole cosche, segno dell’unitarietà della ‘ndrangheta, e come tale della estrema pericolosità di questa forma di organizzazione criminale. Ancora, i rapporti intessuti tra Ficara e Pelle, sono stati spiegati dal Procuratore come il tentativo di Ficara di stringere nuove strategiche alleanze. “Io mi devo mettere con qualche altra famiglia meglio di me”, ha detto Ficara rivolgendosi a Pelle, la cui ‘famiglia’ veniva pertanto riconosciuta dal Ficara quale potente, ancor più della propria. «Quando invece aveva bisogno di consigli su questioni della città – ha proseguito Pignatone – Ficara si rivolgeva ai De Stefano». Il venir meno sulla scena di un “mediatore” come Giuseppe Pelle, potrebbe ora determinare il crearsi di nuove frizioni. «Anche Bernardo Provenzano si definiva “un uomo di pace” – ha concluso Pignatone – questa è l’essenza del potere mafioso, consiste nell’essere il centro di riferimento degli equilibri».
Fabio Papalia
Photo Asa