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Home Rubriche Urbanistica

Reggio Calabria e Messina conurbate a confronto con le principali Città Metropolitane italiane. Un’analisi prospettica

by newz
22 Aprile 2010
in Urbanistica
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Massimiliano Ferrara, Presidente del Corso di Laurea in “Scienze Economiche” dell’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria è nuovamente ospite della Rubrica “Urbanistica e Città Metropolitana” con un nuovo contributo che sarà certamente apprezzato dai nostri lettori. Questa settimana anticipiamo una versione abbreviata di un importante saggio del Prof. Ferrara (“Reggio Calabria e Messina conurbate a confronto con le principali Città Metropolitane italiane. Un’analisi prospettica”), in corso di stampa nella versione completa, corredata da un ricco apparato di tabelle, grafici e cartine che colloca la nostra realtà nei più significativi scenari nazionali.

(E.C.)

Reggio Calabria e Messina conurbate a confronto con le principali Città  Metropolitane italiane. Un’analisi prospettica
di Massimiliano Ferrara

Le aree urbane italiane negli ultimi decenni post-bellici hanno subito delle trasformazioni significative segnando il passaggio dall’Italia delle “cento città”, all’Italia delle aree metropolitane. Il primo a occuparsi delle conurbazioni in Italia è stato il geologo Aldo Sestini (1958) che ha sviluppato i suoi studi in base alla continuità edilizia e all’elevata densità demografica (almeno 1000 ab./km²). Merita anche di essere menzionato Fabio Sforzi che insieme ad altri curatori ha proposto la formazione delle SLL (sistemi locali del lavoro); entità territoriali che caratterizzate da intensi flussi di pendolarismo al loro interno vanno a costituire unità geografiche uniformi.
Le grandi aree metropolitane e le conurbazioni urbane rappresentano oggi circa il 17% della superficie nazionale dove risiede circa il 61% della popolazione e presso cui sono presenti circa il 63% delle attività industriali e terziarie e il 71% delle attività di terziario avanzato (fonte: Fondazione Censis)
La qualifica di area metropolitana è attribuita ai complessi urbani costituiti da due o più comuni con occupati nell’industria manifatturiera e nel settore terziario più qualificato, uguale o superiore alla media italiana nel suo complesso. L’area si impernia in genere su una o due città fulcro (come nel caso di Reggio Calabria e Messina) andando a costituire una più vasta area metropolitana consolidata e compatta (laddove vi sia la presenza di bracci di mare o superfici lacustri la compattezza deve essere assicurata dalla presenza di ponti, gallerie, servizi di traghettamento e deve essere verificato il tasso di pendolarismo, in particolare per motivi di lavoro).
Il modello di ispirazione per la definizione di “Area Metropolitana” è certamente quello elaborato negli Stati Uniti che si fonda su tre principi fondamentali: l’incremento demografico; la densità della popolazione e la continuità edilizia.
Il fenomeno del pendolarismo, costituisce un indice che ha una sua certa valenza statistica; però non è sufficiente, da solo, a delimitare la connotazione di “Area Metropolitana”. Altri elementi assumono importanza e devono essere presi in considerazione affiancandoli a quelli su menzionati; in tal proposito, lo studioso Guido Martinotti (1993) prima di porre l’accento sulla popolazione (aspetto demografico e fenomeno del pendolarismo) riassume in tre grandi categorie i criteri di delimitazione di un’area che si desidera definire metropolitana o conurbata: omogeneità, interdipendenza e morfologia.
Per Reggio Calabria e Messina, queste condizioni primarie e fondamentali sono soddisfatte affinché, da una prospettiva unitaria, vengano riconosciute come “Area Metropolitana della Stretto”. Le due province presentano una morfologia territoriale e una omogeneità che le accomuna per storia, affinità socio-culturali, interessi economici e commerciali; l’interdipendenza, poi, è più che mai evidente, basti pensare al forte tasso di pendolarismo che giornalmente distingue i due territori “uniti” da una lingua di mare che diviene piattaforma liquida fondamentale per lo snodo di tutti i “business and social player” i quali svolgono attivamente e sistematicamente la loro attività a cavallo tra le due città metropolitane.
Dopo questa breve premessa si desidera presentare una sintetica indagine statistico-economica che evidenzia il posizionamento dell’area metropolitana dello stretto rispetto le altre aree metropolitane riconosciute tali in Italia, contemplate legislativamente dalla legge 142/1990, dal Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (D.lgs. 267/2000) e dalla recentissima legge 42/2009.
È da premettere che a prescindere dalle svariate dispute sull’attendibilità dei criteri di delimitazione presi in considerazione nel processo di definizione delle aree metropolitane, ancora oggi non esiste un parere univoco per la loro definizione, nonostante il legislatore abbia cercato di disciplinarne la materia in grandi linee passando dalla definizione di Area Metropolitana secondo criteri di ripartizione particolarmente rigidi basati meramente su fondamenti politici, come si evince dalla legge 142/1990 (si considerano aree metropolitane le zone comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli… a cui poi sono stati aggiunti i poli metropolitani minori di Trieste, Cagliari, Catania e Messina individuati dalle leggi delle rispettive regioni a statuto speciale) a una definizione basata maggiormente su criteri scientifici, come si desume dal d.lgs. 267/2000. Quest’ultimo, oltre a riconfermare le precedenti aree individuate dalla 142, apporta una maggiore flessibilità nella delimitazione di Città Metropolitana (il comune capoluogo e gli altri comuni ad esso uniti da contiguità territoriale e da rapporti di stretta integrazione economica, ambientale, sociale e culturale possono costituirsi in città metropolitane a ordinamento differenziato “art. 23”).
Mentre prima era competenza esclusiva delle regioni delimitare ciascuna area metropolitana, sentiti i comuni e le province interessate, successivamente si è esteso al Presidente della Provincia il compito di convocare, insieme ai Sindaci delle città fulcro dell’area interessata, l’assemblea dei rappresentanti degli enti locali coinvolti, per definire e adottare uno Statuto della città metropolitana che ne indichi il territorio, l’articolazione interna e le funzioni. L’area metropolitana acquisisce perciò, le funzioni della provincia. Oggi le aree metropolitane sono riconosciute anche costituzionalmente dall’art. 114 che è stato reso operativo attraverso la c.d.“Legge Loggia” n. 131 del 5 giugno 2003; essa ha consentito al Governo di definire con decreti legislativi le funzioni fondamentali dell’area metropolitana.
Presentando la nostra indagine si assume, come valida, l’opinione prevalsa nelle proposte dell’UPI (Unione delle Province Italiane) in cui si auspica che le città metropolitane coincidano con il territorio delle rispettive province. In realtà, non sempre è così, ma avendo verificato che la differenza nella rilevazione dei dati è minima, tra il peso assunto dalla provincia che funge da “città centrale”, presa nella sua interezza, e l’area metropolitana che tiene conto, in certi casi, di qualche comune in più o in meno rispetto all’unità provinciale, si è preferito ovviare prendendo in considerazione i dati a disposizione rilevati dall’Istat e dalle Camere di Commercio (UnionCamere e sistema Excelsior), dal Censis ecc., relative a quelle province che sono considerate secondo la legge 142/90 appunto coincidenti con le aree metropolitane principali, tenendo conto anche dei poli definiti minori (Trieste, Cagliari, Catania, Messina). Secondo i dati sulla popolazione residente Messina e Reggio Calabria occupano il 13° ed il 14° posto nella classifica.
È evidente che se due città metropolitane di Reggio Calabria e Messina restassero indipendenti l’una dall’altra, in base all’indice di densità demografica, si posizionerebbero fra gli ultimi posti in classifica nazionale; se invece si considera l’area nella sua interezza come una unitaria micro regione a sé, sussistendo di fatto tutte le condizioni per considerarla tale, è visibile una netta ascesa in classifica al settimo posto, dopo la provincia di Palermo e subito dopo le aree metropolitane di maggiore interesse nazionale come Roma, Milano, Napoli.
Se consideriamo la variazione demografica su numeri indici a base fissa per il periodo giugno 2003-2009 notiamo come l’area presenta una certa stagnazione per quanto concerne la crescita demografica (- 0,14 %) posizionandosi rispetto alle altre aree metropolitane al 12 posto; il fenomeno caratterizza in particolare la città di Messina (- 0,73 %), interessando in misura inferiore la città di Reggio Calabria che, riesce a mantenersi su un dato lievemente positivo (+ 45 %).
Relativamente alla densità della popolazione per ab./km² l’area metropolitana dello stretto si posiziona alla penultima posizione tra le città metropolitane. La distribuzione demografica infatti è dispersiva e in certi casi male distribuita sul territorio. Questo dato deve però essere letto come un input allo sviluppo; bisogna però puntare a far divenire l’intero territorio polo di attrazione e di snodo di molteplici iniziative.
Tenendo presente la crescente propensione al movimento per i svariati motivi che contraddistinguono l’agire sociale, si desidera porre l’accento sul pendolarismo di tipo “casa – lavoro”, che ancora oggi costituisce la quota più rilevante della mobilità urbana, in quanto si contraddistingue per il suo carattere regolare e consente di stimare entità, direzione e destinazione degli spostamenti che, oltretutto, sono concentrati in archi temporali limitati (prima mattina e pomeriggio) e in giorni della settimana determinati (prevalentemente giorni feriali). Una visione urbanocentrica permette di soffermarsi in prevalenza sulla mobilità interna e sulla mobilità attratta dalle città metropolitane, tralasciando gli spostamenti diretti verso l’esterno.
Non si deve celare che l’area metropolitana nel 2009 si posiziona all’ultimo posto in classifica per quantità di pendolari che contraddistinguono i movimenti tra le due città dello stretto.
Se però guardiamo dalla prospettiva delle variazioni intervenute nei flussi pendolari tra il 2001 e il 2009, l’area metropolitana dello stretto si pone all’ottavo posto con un dato positivo del + 5,2%; La città di Reggio Calabria è quella che presenta un tasso di variazione del pendolarismo che si pone ai vertici rispetto alle altre città metropolitane con il 11,1%, mentre Messina presenta un dato di variazione negativo del – 0,7 %.
Secondo una teoria delineatasi negli anni ’80 definita del “Ciclo di vita delle città” o degli “ Stadi di sviluppo”, il processo di sviluppo di una città è caratterizzato dalla successione di fasi espansive della crescita demografica e di fasi di sua contrazione.
Questa teoria non indaga sulle cause che generano queste fluttuazioni, ma ipotizza solo che l’andamento ciclico dei flussi demografici sia il risultato di cicli economici espansivi o recessivi e di processi di trasformazione urbana. A tal proposito si individuano quattro fasi che riassumono le dinamiche urbane: l’urbanizzazione; la suburbanizzazione; la disurbanizzazione e la riurbanizzazione. Ciascuna fase è interpretata in funzione dell’andamento dei tassi migratori della città (core) e della sua area circostante che cinge la città (ring).
La urbanizzazione e la suburbanizzazione sono fasi espansive dove l’area metropolitana nella sua interezza (core + ring) cresce; le altre due fasi di disurbanizzazione e riurbanizzazione sono recessive dove la popolazione dell’area metropolitana decresce.
Non prolungandoci oltre nelle spiegazioni, secondo la teoria del ciclo di vita della città metropolitane si evidenzia che nel periodo 2002-2008, la maggior parte delle città metropolitane si colloca nella fase di suburbanizzazione dove la fase espansiva interessa maggiormente il ring che il core; una sola città è identificata nella fase di urbanizzazione, a differenza della maggioranza che presentano una fase discendete, e che ha investito i settori periferici delle aree metropolitane, ed è Reggio Calabria; secondo l’analisi teorica ciò và ad indicare un’area metropolitana in formazione.
Non abbiamo considerato volutamente, in questa sede, la continuità edilizia che ha il semplice scopo di verificare se un aggregato urbano può essere considerato più o meno compatto; abbiamo preferito focalizzare la nostra attenzione sul fenomeno del pendolarismo, in quanto, maggiormente di nostro interesse, vista anche la posizione geografica dell’area metropolitana dello stretto; in secondo luogo, poiché esso permette, rispetto alla continuità edilizia, di delimitare con maggiore correttezza l’area urbana, anche se esiste il rischio latente di estenderla a dismisura.
Tenendo conto degli indici di occupazione delle due città dello stretto otteniamo un risultato non esaltante rispetto alle altre città metropolitane:
In particolare i settori che rappresentano in maniera esaustiva la situazione occupazionale di un territorio sono il settore manifatturiero o industria in senso stretto e il settore dei servizi; di conseguenza si evidenzia il posizionamento al penultimo posto dell’area dello stretto.
Osserviamo il posizionamento delle città dello stretto, prima, e dell’intera area dopo in base al Pil pro capite prodotto nel 2009, che va a rappresentare il peso rispetto al complesso dell’economia italiana e la capacità di generare ricchezza:
Altra classifica che si delinea interessante è quella predisposta mediante il calcolo di un coefficiente, che chiamiamo “funzionale”, calcolato rapportando il numero di occupati nei servizi nel 2008 al numero totale di occupati in tutti i settori nello stesso anno. Con questo coefficiente si desidera porre in essere una graduatoria che descriva il potenziale organizzativo del territorio. Come è evidenziato Messina (ottava posizione) e Reggio Calabria (decima) esprimono un ottimo potenziale.
Altro argomento che merita di essere contemplato è la gestione dei rischi ambientali che è divenuta oggi di primaria importanza, anche alla luce delle dinamiche geo-politiche che stanno interessando globalmente tutte le nazioni. A tal proposito presentiamo la graduatoria in funzione della capacità delle pubbliche amministrazioni di rispondere alle criticità ambientali attraverso le proprie scelte di gestione. Per far ciò è necessario calcolare un indice sintetico (acquisti verdi, carta, arredi, ecc; percentuale di auto elettriche o a gas; acquisto prodotti commercio equo e solidale; utilizzo cibi biologici; ecc.) con valori che vanno da 0 a 100. Reggio Calabria (decima) si pone in posizione di deciso vantaggio rispetto a Messina (quindicesima) affiancandosi agli standard di Trieste e Milano.
Concludiamo asserendo che l’Area Metropolitana dello Stretto in media si pone come l’undicesima città metropolitana italiana, quindi né in vetta alle classifiche, ma neanche in coda alla lista. Il territorio predispone di un potenziale di sviluppo che adeguatamente organizzato e canalizzato, anche grazie alla cooperazione locale assidua e unitaria tra le amministrazioni pubbliche che fanno capo alle due province, è certamente capace di equipararsi al livello delle macroaree come Milano e altre, specialmente in termini di produzione e distribuzione della ricchezza, di salvaguardia del territorio ecc. Le due città metropolitane hanno l’opportunità, se conurbate, di trasmettersi i punti di forza colmando vicendevolmente le lacune socio-economiche e amministrative e nel contempo confrontarsi per attuare iniziative inedite di sviluppo a tutti i livelli.

(rubrica a cura del Prof. Enrico Costa – ecosta@unirc.it)

Tags: città metropolitanaenrico costaMassimiliano Ferraramessinareggio calabriaUrbanistica
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