Monreale. Domani la commemorazione dell’eccidio del capitano Emanuele Basile

Monreale (Palermo). Domani 4 maggio 2010, ricorre il 30° anniversario dell’omicidio del capitano dei Carabinieri Emanuele Basile. Alle ore 11.00, in via Pietro Novelli a Monreale (PA), luogo dell’eccidio, saranno resi gli onori militari e verrà deposta una corona di alloro sulla lapide che ricorda l’Ufficiale dell’Arma ucciso dalla mafia.
L’Ufficiale, proprio la sera del 4 maggio del 1980 giorno di festa per Monreale per la ricorrenza del SS. Crocifisso, a cui partecipava con la famiglia, mentre s’avviava verso la Caserma con la moglie e la figlioletta in braccio fu ucciso da tre uomini che lo colpivano ripetutamente.
A seguire, presso il palazzo Comunale Guglielmo II di Monreale, il Magnifico Rettore dell’Università degli Studi ed il Preside della Facoltà di Giurisprudenza di Palermo, consegneranno ad un familiare dell’Ufficiale ricordato, il “Conferimento della laurea honoris causa al Capitano M.O.V.C. Emanuele Basile”.
Alla cerimonia parteciperà il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, generale di Corpo d’armata Leonardo Gallitelli, le più alte cariche politiche, civili, militari e religiose dell’isola.

La biografia del capitano Emanuele Basile.
Emanuele Basile nato a Taranto il 2 luglio 1949, promosso Capitano dopo aver frequentato l’Accademia Militare di Modena e un periodo trascorso al Nucleo Operativo di Palermo, assunse, nel Luglio del 1978, il comando della Compagnia di Monreale nel quale avviò immediatamente una ampia azione investigativa nei confronti della mafia emergente di Altofonte e San Giuseppe Jato fino a delinearne con precisione i protagonisti e le loro responsabilità in ordine a un vasto traffico di droga. Era da poco passata la mezzanotte di quel 3 maggio di trenta anni fa e si stavano esaurendo, proprio come questa mattina, i festeggiamenti in onore del SS. Crocifisso, patrono della città. Il Capitano Emanuele Basile stava tornando a casa assieme alla moglie e alla figlia. Era reduce dal ricevimento che il Comune aveva dato al Palazzo di Città per il tradizionale omaggio della cittadinanza al simulacro del Cristo in croce. Stava percorrendo questa strada tenendo in braccio la figlia Barbara di quattro anni ed era quasi giunto in Caserma, l’edificio che ora ospita il comando della Polizia Municipale, quando scattò un vero e proprio agguato. I killer si erano confusi tra la folla, aspettando l’arrivo della vittima da quello che ritenevano un passaggio obbligato. Uno, due, tre, quattro colpi, forse anche di più, sparati tra la folla da feroci criminali con il più alto grado di crudeltà, che non rinunciano all’azione nemmeno dopo aver visto che il Capitano Basile teneva in braccio la piccola Barbara. La moglie istintivamente reagisce e uno dei killer apre il fuoco anche contro di lei e solo un miracolo la salva: un’agendina foderata d’argento ferma la pallottola destinata alla giovane donna che aveva voluto prestare aiuto al marito morente e di recuperare la figlia sanguinante rimasta schiacciata, ma protetta dal corpo del padre. Quando venne ucciso, il Capitano era ormai vicino alla soluzione di molti misteri dietro i quali si muovevano colossali intrecci tra mafia e traffico di stupefacenti, che era ormai diventato il primo dei settori di interesse della nuova mafia corleonese, tanto che la sua eliminazione fu ritenuta necessaria. L’immediato intervento dei Carabinieri che, al momento dell’agguato, si trovavano nella caserma distante solo poche decine di metri, permise la rapida cattura dei tre assassini mentre cercavano ancora la fuga nelle vicine campagne. A carico di Armando Bonanno (poi vittima della lupara bianca), Vincenzo Puccio ( ucciso successivamente in carcere) e Giuseppe Madonia, che si è poi scoperto furono aiutati dall’attuale collaboratore di giustizia Giovanni Brusca, si è aperto un lungo e tormentato processo. Assolti in primo grado, vennero scarcerati e inviati al soggiorno obbligato in tre distinti paesi della Sardegna; alla vigilia del processo d’appello i tre fanno perdere le proprie tracce mentre ne viene decretata la colpevolezza e la condanna all’ergastolo in contumacia. Il processo a carico di Giovanni Brusca, che successivamente si è anche autoaccusato del delitto, si è concluso con la prescrizione del reato in virtù delle attenuanti generiche attribuite al “collaboratore di giustizia” proprio per la collaborazione resa. Al Capitano Emanuele Basile è stata concessa una Medaglia d’Oro al Valor Civile con la seguente motivazione: “Comandante di Compagnia distaccata, già distintosi in precedenti rischiose operazioni di servizio, si impegnava, pur consapevole dei pericoli cui si esponeva, in prolungate e difficili indagini, in ambiente caratterizzato da tradizionale omertà, che portavano alla individuazione e all’arresto di numerosi e pericolosi aderenti ad organizzazioni mafiose operanti anche a livello internazionale. Proditoriamente fatto segno a colpi d’arma da fuoco in un vile agguato tesogli da tre malfattori, immolava la sua giovane esistenza ai più nobili ideali di giustizia e assoluta dedizione al dovere”.

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