Bova. San Leo tra storia e fede, i festeggiamenti per il Patrono

Bova. Si concluderanno ufficialmente anche per quest’anno il prossimo otto di Maggio a Bova i festeggiamenti in onore del Patrono San Leo, un appuntamento che si rinnova calamitando sull’Aspromonte una miriade di fedeli provenienti per l’occasione da molte parti del Mondo, un ritorno alle origini che coincide con i festeggiamenti in onore di una figura che assieme alla Madonna della montagna di Polsi rimane sicuramente tra le figure più amate e venerate nel panorama religioso d’Aspromonte. Ma cerchiamo di capire il perché di questo profondo amore che lega le genti di Bova ed Africo alla figura di questo santo, monaco basiliano che visse sulle montagne che fanno da corona ai centri di Bova ed Africo Vecchio.
Aspromonte, terra di miti, leggende, antiche storie, tradizioni e culture differenti che da sempre affascinano ed incantano, ma anche terra di poeti, di eroi, di banditi, di briganti, di antichi racconti e soprattutto di Santi, una terra dalla forte religiosità, dove spesso sacro e profano si mescolano regalando grandi e profonde suggestioni. Come dicevamo, tra le varie testimonianze religiose che in Aspromonte hanno resistito ai secoli, ancora oggi sono tangibili le tracce dei tanti monaci “ basiliani”, seguaci di “Basilio di Cesarèa” che intorno all’anno mille popolarono soprattutto la parte orientale del massiccio, svolgendo un ruolo importantissimo, non solo dal punto di vista religioso. Asceti e contemplativi vivevano in caverne ricavate nelle rocce di tufo scavate. Pare siano stati proprio loro ad importare per primi il castagno, pianta che ancora oggi caratterizza buona parte del paesaggio. Fra la miriade di religiosi che dal mille al milleseicento popolarono questi monti, uno su tutti continua ad occupare nell’immaginario collettivo un posto di primissimo piano. Leone Rosaniti, questo il nome di uno dei più famosi monaci basiliani dell’Aspromonte, divenuto solo in seguito per le sue gesta tramandati dalla tradizione orale, San Leo. Andiamo per un attimo ai due centri che videro più da vicino le gesta del Santo. Entrambi centri montani, il primo, Bova, abbarbicato sulla cima di un monte a 915 metri di quota in vista al mare Ionio. Centro dalla grande importanza, da sempre faro culturale e religioso, indiscusso punto di riferimento per l’intero comprensorio. Il secondo, Africo, all’epoca casale di Bova, nascosto, praticamente quasi irraggiungibile, racchiuso com’era a 690 d’altezza fra alte ed impenetrabili montagne. Per Africo una storia dura e travagliata che tocca il suo triste culmine alla metà del secolo scorso, nel 1951, quando una tremenda alluvione ne decreta lo sgombero ed il trasferimento in blocco sulla costa nei pressi di Bianco. I secoli trascorsi e le tante modificazioni imposte dalla società moderna non hanno però assolutamente mutato la fede di questi popoli nei confronti di quello che ancora oggi continua a rappresentare per loro una delle più importanti entità superiori a cui votarsi nei momenti più difficili della vita. Ogni anno si rinnovano dunque con puntualità le celebrazioni (per Bova 4-8 Maggio). In occasione della festa di Bova i fedeli di Africo si recano in pellegrinaggio al paese vecchio dove esiste una chiesa in località Mingioia dedicata proprio al culto del Santo. Ancora oggi nei luoghi della sua vita sorgono una miriade di edicolette votive, nicchie, chiesette a perenne testimonianza della sua presenza e della sua importante opera, opera arricchita da un numero imprecisato di miracoli tramandati da documenti ufficiali, ma anche e soprattutto dai racconti popolari, che come spesso capita in certi casi finiscono con l’esaltare gesta già di per se importantissime. E’ proprio in questi casi che il forte connubio fra fede e suggestione popolare raggiunge il suo culmine, è proprio a questo punto che si estrinseca in modo evidente ed a tratti commovente tutta la devozione della gente d’Aspromonte, un sentimento sempre a metà strada fra fede e timore nei confronti di qualcosa infinitamente grande ed incontrollabile. Per chi non ha mai vissuto personalmente certe sensazioni è estremamente difficile capire il reale ed intimo rapporto che da sempre vede il destino di bovesi ed africesi legato in modo indissolubile alla figura di un Santo che sembra rimanere superiore a tutto e tutti, al tempo che passa, alla cattiveria degli uomini, alla natura ostile. Di fronte alla grandezza di certe figure, da sempre nessuna differenza sociale, culturale o geografica, tutti accomunati dagli stessi sentimenti, che appaiono subito evidenti, e sono testimoniati da lacrime, preghiere, suppliche, ma soprattutto dal grande trasporto emotivo che accompagna chiunque giunga su questi monti nei giorni di festa. Impossibile rimanere insensibili di fronte al busto in argento custodito nel Santuario a lui dedicato contenente le reliquie del Santo, portato a braccia su di un’imponente vara datata 1858, in una processione che attraversa il centro storico di Bova, su e giù per suggestivi vicoli e strette stradine che si rincorrono inerpicandosi vorticosamente. L’appuntamento per Africo, dopo il pellegrinaggio al paese vecchio, consueto rituale del 5 Maggio, si rinnova i giorni 11 e 12 di Maggio, quando anche al paese nuovo, non più sui manti ma sulla costa, si ripete un rituale tanto atteso quanto partecipato, un appuntamento che va sicuramente oltre la religione rappresentando uno spaccato di storia di gente d’Aspromonte.

Gianfranco Marino

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