Monasterace premia i Marvanza Reggae Sound

Monasterace. Domani martedì 11 maggio alle ore 11.30 nella Sala Consiliare a Monasterace Superiore, l’Amministrazione comunale di Monasterace premierà pubblicamente i Marvanza Reggae Sound «come riconoscimento per la loro partecipazione al concerto del 1° Maggio 2010 in piazza S. Giovanni a Roma, dove con il loro sound hanno reso omaggio al calore e alle tradizioni della nostra bella terra». Il loro ruolo di ambasciatori al concerto più atteso dell’anno, dunque, verrà riconosciuto dal comune nel quale i Marvanza Reggae Sound sono nati e che, grazie a loro, è arrivato nella suggestiva cornice di Piazza San Giovanni a Roma di fronte ad un pubblico composto da 700.000 persone. Il loro reggae fuori dagli schemi e libero da vincoli di stile, dunque, viene interpretato come un esempio per i ragazzi di Monasterace, come sottolineato dall’assessore per le politiche giovanili Angela Belluzzi, grazie a canzoni con le quali lanciano il loro appello sociale contro il disinteresse dello stato, insieme ad una visione ottimistica e allegra della vita. Un reggae pacifista e rivoluzionario al tempo stesso, che sottolinea l’importanza di far aprire gli occhi di fronte ai problemi quotidiani della nostra terra. Il dialetto monasteracese, mescolato all’italiano, è il mezzo con il quale i Marvanza veicolano il loro messaggio, un grido sociale che si sforza di rompere con la musica il silenzio assordante che condanna la nostra terra alla rovina, decidendo di dire no alla violenza e al degrado sociale. Nei loro testi si alternano le grida di protesta di un’intera terra e l’attenzione verso tematiche sociali di indubbia importanza: il fil rouge che lega le loro canzoni è la voglia di cambiare il mondo, un mondo in cui le ingiustizie sociali e la repressione sembrano negare il rispetto per la persona in quanto tale. Nonostante questi temi duri, il loro punto di forza sta nel mixare nelle loro canzoni ironia e riflessione. È un pretesto per parlare dei problemi che affliggono un mondo governato “dalle sporche mani nere”, come loro stessi descrivono nelle loro canzoni le dinamiche di potere, da uno stato che non si interessa alle nostre terre e al nostro sviluppo economico. A loro, dunque, il compito di guidare questa “rivoluzione sociale” con solo la musica come arma, trascinando con sé quanti più giovani possibili, vestendo i panni di coloro che vogliono trascinare la loro patria fuori dal limbo nel quale si è impantanata, attraverso i proclami sociali e gli inni all’amore tipici delle loro note, colorando la loro Calabria con i suoni caldi di un nuovo modo di fare reggae.

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