Reggio Calabria. La figura e l’opera di Rinaldo Camillo Rousset, Arcivescovo di Reggio Calabria dal 1909 al 1926, nel 150° Anniversario della nascita (1860-1926) sarà al centro di un incontro promosso dall’Associazione Culturale Anassilaos che si terrà martedì 25 maggio alle ore 18,00 presso la Sala di San Giorgio al Corso. A parlare del presule giunto a Reggio Calabria il 6 dicembre 1909, un anno dopo il terremoto, che si trovò ad affrontare la difficile ricostruzione materiale e morale della Diocesi che aveva avuto perdite immani sia per la scomparsa di molti sacerdoti che per la distruzione di gran parte degli edifici religiosi, sarà il Prof. Francesco Arillotta, Componente della Deputazione di Storia Patria per la Calabria. Nato il 21 marzo 1860, in una frazione del Comune di Oulx, egli fece parte dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, di cui fu anche Superiore Generale. Nel 1906 vene nominato Vescovo di Bagnoregio. Pio X lo nominò Amministratore della Dicesi di Reggio nel maggio del 1909 e poichè tale nomina aveva creato non pochi malumori per la presenza, sempre a Reggio, del delegato pontificio Cottafavi, il Pontefice lo nominò Arcivescovo. Per sedici anni egli resse la Diocesi reggina incontrando notevoli difficoltà nell’opera di ricostruzione sia per una serie di incomprensioni con le autorità civili e la burocrazia statale sia per lo scoppio della Grande Guerra che assorbì quelle risorse che lo Stato aveva destinate alla ricostruzione di Reggio. Dice uno storico della chiesa reggina (Padre Francesco Russo) che egli potè essere soltanto “il seminatore, mettendo le premesse per permettere al suo successore di realizzare quello che egli aveva potuto soltanto iniziare”. Toccò infatti a Mons. Puia consacrare il 2 settembre del 1928 il nuovo Duomo, opera dell’architetto Padre Carmelo Angelini, per il quale tanto egli si era adoperato ma che non potè vedere ultimato, e aprire il 4 settembre 1928 il I Congresso Eucaristico Calabrese. Rinaldo Camillo Rousset si era infatti spento il 26 maggio del 1926. Non fu forse tra gli arcivescovi più amati dai reggini ma la sua opera, resa più ardua dai tempi (non a caso, forse, il suo motto nello stemma arcivescovile recitata “per crucem ad astra” ) merita oggi di essere analizzata sul piano storico e, senza timore di sbagliare, lo si può forse considerare il ricostruttore della Diocesi.
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