Scilla – «Bisogna rendersi conto che i fatti nostri sono proprio quelli che vediamo e non denunciamo». Chiede di abbattere il muro dell’omertà il Questore di Reggio Calabria, Carmelo Casabona, ospite illustre, ieri mattina, con il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello reggina, Salvatore Di Landro, della “Giornata della legalità” promossa dall’assessorato alla pubblica istruzione dell’amministrazione comunale di Scilla.
Nella sala convegni del castello Ruffo, ascoltano le parole di Casabona e Di Landro i giovanissimi alunni del locale Istituto Comprensivo: «E’ importante – spiega Casabona – che il significato del termine legalità venga appreso sin dalle età più basse. Che si cominci a maturare presto». Un termine, legalità, che è quello «più usato e abusato nel nostro Paese», rimarca il questore, che aggiunge: «Legalità significa avere dei diritti e dei doveri. E’ una necessità di tutte le comunità darsi delle regole, per creare una meccanismo di democrazia».
Ma le regole non raggiungono sempre il loro scopo. Il fatto che siano numerose, poi, non garantisce assolutamente il loro rispetto, dunque la legalità. Anzi. «Le 250 mila leggi esistenti oggi in Italia – sottolinea Carmelo Casabona – non hanno formato un popolo civile, altrimenti non saremmo qui a parlare di legalità». Pensare che, ritornando “indietrissimo” nel tempo, la civiltà veniva invece garantita da dieci semplici regole: «Le prime inventate nella storia, cioè i dieci comandamenti – ricorda il questore – hanno governato un popolo, rendendolo civile». Di fondamentale importanza, pertanto, che il cittadino italiano maturi, perché, evidentemente «non sa di essere cittadino». Deve, prima di tutto, «imparare a non girarsi dall’altra parte quando vede un reato». Esattamente come succede altrove, ad esempio in Germania: «Lì – tuona Casabona – non si vedono le forze dell’ordine che girano in macchina per controllare il territorio. Perché il cittadino tedesco “vede” e denuncia». Ed ancora «dire no alla criminalità organizzata», ‘ndrangheta, mafia, camorra. Dire no al giro di affari che creano in tutti i settori dell’economia. «Ottenere lavoro da un mafioso – conclude il questore Casabona – vuol dire perdere la libertà».
Libertà che, secondo Salvatore Di Landro, è strettamente collegata al sapere, al conoscere: «La cultura – afferma il Procuratore Generale – è fonte e sinonimo di libertà, perché consente di intendere e formulare giudizi indipendenti». E’ lo studio, quindi, che fa la differenza: «Questo devono saperlo – dice Di Landro – quegli imbecilli che vanno in piazza e usano il coltello». La battaglia contro l’illegalità va portata avanti da tutti: Stato, Forze dell’Ordine, magistratura, cittadini, famiglia, scuola. Ma il ruolo decisivo è quello dei giovani, che possono fare tantissimo: utilizzando un’arma, il libro, «che è l’unico mezzo di riscatto e di elevazione sociale», conclude Di Landro.
Interventi, quelli di Casabona e Di Landro, sostenuti in tutto e per tutto dagli altri presenti al castello Ruffo: il dirigente della Procura Generale, Sandro Velardi, il Capitano della Compagnia dei carabinieri di Villa San Giovanni, Davide Occhiogrosso, il dirigente del Commissariato di Polizia di Villa, Antonio Rugolo. Ed ovviamente i rappresentanti del Comune di Scilla: il sindaco Gaetano Ciccone e l’assessore alla pubblica istruzione Domenico Mollica.
Francesca Meduri