Platì. Smascherato da una pizza: i dettagli sul 7° bunker scoperto dai Falchi

di Fabio Papalia

Platì. È stata una banalissima pizza, il piatto più amato dagli italiani, a smascherare il settimo bunker della ‘ndrangheta rinvenuto a Platì dai militari dell’Arma nell’arco di qualche giorno.
E’ uno dei più grandi e confortevoli bunker mai ritrovati, quello scoperto questa mattina a Platì dai Carabinieri dello Squadrone Eliportato Cacciatori Calabria, i Falchi dal basco rosso.
Già impegnati due giorni fa nell’ambito dell’operazione Revenge 2, condotta da Carabinieri e Dia in tutta Italia sull’asse Torino-Platì e coordinata dalla Procura distrettuale del capoluogo piemontese, i Cacciatori avevano già rinvenuto il 10 giugno scorso ben sei bunker. Il rinvenimento odierno, infatti, è frutto delle perquisizioni effettuate 2 giorni fa, e ne è la naturale e brillante prosecuzione.

Un forno mai utilizzato, nemmeno per una pizza.
Il bunker era stato costruito in un’abitazione in località Senoli, di proprietà del defunto Antonio Portolesi (classe 1936), e l’ingresso al covo, tramite una grossa botola scorrevole su rotaie meccaniche, era stato dissimulato costruendoci davanti un forno. Quest’ultimo infatti costituiva una sorta di “atrio” da cui si poteva spostare la botola ed entrare nel bunker. I militari dello Squadrone eliportato Cacciatori Calabria, diretti dal capitano Francesco Cinnirella, si sono però insospettiti quando hanno visto che il forno non presentava alcun segno di utilizzo. Era immacolato. Non ci avevano mai cotto nemmeno una pizza. E perché mai allora costruirsi un così bel forno, per poi lasciarlo inutilizzato? È stato partendo da questa intuizione che i carabinieri hanno deciso di approfondire le ricerche, ben decisi a vederci chiaro. Questa mattina, quindi, come fossero Hansel e Gretel in mimetica, infilaticisi dentro hanno “sfornato” il settimo bunker.

Davanti al letto uno specchio gigante.
Dopo essersi calati dentro la botola d’accesso del covo, si percorre un cunicolo di circa 10 metri, che sfocia nella camera principale. Un grande vano completo di tutti i comfort: un letto, impianto stereo, televisore e videoregistratore, un radiotelefono portatile. Un tocco di classe, per l’architettura solitamente spoglia di tali strutture, era rappresentato da uno specchio gigante piazzato davanti al letto. Accanto alla camera da letto, un altro vano più piccolo, il bagno. Qui la seconda scoperta, all’interno del bagno infatti i militari hanno trovato l’apertura di un altro cunicolo, che corre sottoterra per ben 200 metri circa. Un lunghissimo budello costruito da anelli di cemento del diametro di circa un metro, gli stessi utilizzati per le fognature. Era la via di fuga. Il cunicolo infatti correva per 200 metri giù verso la vallata e portava nei pressi di una fiumara, in una parte di terreno coperta da rovi fittissimi. Qui c’era la botola, con pistone idraulico, che serviva per uscire dal tunnel e per far guadagnare la fuga al latitante, nel caso il covo fosse stato scoperto e l’abitazione circondata.

Chi vi ha trascorso la latitanza.
Adesso le indagini dei Carabinieri sono volte ad accertare chi ha usufruito del bunker, all’interno del quale vi sarebbero segni inequivocabili che qualcuno vi avrebbe trascorso un lungo periodo di latitanza. Secondo le prime informazioni raccolte, gli investigatori ipotizzano che il bunker sia stato utilizzato da elementi della stessa famiglia Portolesi, ma non si esclude nemmeno che il covo possa essere stato utilizzato in passato da Gaetano Napoli, imparentato con la moglie del defunto proprietario, che di cognome fa Codespoti.

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