Il ruolo della musica – fare musica ed ascoltare musica – è molto significativo anche dal punto di vista dell’aggregazione sociale, così come la condivisione dei valori religiosi, l’amore per l’arte ed il ritrovarsi per confermare valori civili come l’unità d’Italia e la forma repubblicana. Valori tutti che avranno un grande ruolo anche per la costruzione di un’identità metropolitana.
(E.C.)
La città Metropolitana si aggrega e si identifica attorno ai simboli condivisi della cultura e della religiosità
di Enrico Costa
Questa settimana ci occupiamo di musica: fare musica ed ascoltare musica, e di farla ed ascoltarla a livello popolare e diffuso sul territorio. La domenica e nelle pubbliche ricorrenze, come la Festa della Repubblica il 2 giugno.
Dopo la Madonna della Consolazione, simbolo religioso riconosciuto anche dal mondo laico, espressione di religiosità che coinvolge non solo l’intera città di Reggio Calabria che l’ha come patrona, ma anche sempre più ampie fasce limitrofe del territorio provinciale (nel 2009 con una significativamente più ampia partecipazione di Sindaci e Gonfaloni municipali), e quindi della futura città metropolitana, la quale può vantare ulteriori momenti di religiosità molto sentiti nel territorio. Prova ne siano le grandi partecipazioni di masse popolari, a partire dalla Madonna della Montagna di Polsi che dalla sommità aspromontana “traguarda”, quasi fosse una “cerniera” territoriale, sulla costa ionica il culto della Madonna di Porto Salvo, a Melito e, sulla costa tirrenica, a Palmi, il culto della Madonna della Sacra Lettera con la tradizionale processione della “Varia” (non a caso Palmi condivide, con la dirimpettaia Messina, la stessa patrona e l’analoga tradizione della “Vara”, raffigurante le fasi dell’Assunzione della Vergine Maria al cielo).
Anche i Bronzi di Riace, i due eroi risalenti al V secolo a.C., capolavori assoluti dell’arte ellenica in Italia, non a caso rinvenuti proprio nel mare dell’estremo lembo settentrionale ionico della provincia reggina, quindi potenzialmente parte di Reggio Città Metropolitana, hanno un valore simbolico identitario ed unificante, tant’è vero che sono stati definiti “simbolo laico di Reggio e dell’unità del nostro territorio”. E lo saranno sempre di più dopo che, chiuso temporaneamente Palazzo Piacentini, sede del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria (o Museo Nazionale della Magna Grecia), i due guerrieri sono stati provvisoriamente trasferiti nel dicembre 2009, piuttosto che a Roma per essere “curati”, a Palazzo Campanella, sede del Consiglio regionale della Calabria, dove sono in corso delicati interventi di restauro sulle due sculture bronzee. La teca che contiene i Bronzi, allestita appositamente per consentire il loro restauro, è attrezzata perché, attraverso le webcam, le immagini delle diverse fasi del restauro siano accessibili a tutti attraverso i monitor di tutto il mondo connessi con la rete. E soprattutto i due eroi bronzei diverranno davvero, nel mondo, simbolo della città metropolitana di Reggio Calabria, se sarà portata avanti con successo la candidatura avanzata per includere i Bronzi di Riace nel patrimonio mondiale dell’umanità dell’Unesco.
Ma veniamo alla celebrazione a Reggio Calabria, pochi giorni fa, il 2 giugno 2010, del 64mo della Repubblica Italiana, con un’esecuzione musicale, al Teatro Comunale “Francesco Cilea”, che è stata molto più di un “Concerto celebrativo”, ma un momento di grande aggregazione e di identificazione attorno alla musica e, grazie al linguaggio musicale, di una comunità e di un territorio. Ed anche qualcosa di più: una celebrazione non di una data, ma dell’idea stessa dello stare insieme in una nazione sola. Si perché la musica unisce nell’ascolto coloro che assieme l’ascoltano, ed ancor di più unisce nella sua esecuzione con gli altri, concetto ben sintetizzato 15 anni fa dal maestro Riccardo Muti: «La musica unisce tutti, anche israeliani e palestinesi». E poi ripreso spiegando che la musica può rivelarsi come «la più grande delle ambasciatrici. Essa non esprime ideologie, non bandisce proclami. Unisce e basta. Il suono è infatti una vibrazione dell’anima: e fa vibrare allo stesso modo qualsiasi anima, senza distinguerle fra loro».
Invitati dal Prefetto di Reggio Calabria eravamo accorsi in tanti, tanto che il Cilea era gremito in platea e nei palchi fino al loggione, per l’“Omaggio dei Fiati della Provincia Reggina alla Repubblica Italiana”
Qual era la scaletta della serata, resa possibile dalle Amministrazioni Comunale e Provinciale di Reggio Calabria e video trasmessa in diretta da “RTV, la televisione positiva dello Stretto”?
Semplice, innanzitutto un’idea forte: presentare un territorio, quello della provincia reggina, “unificato” nella sua tripartizione tradizionale (la jonica, il capoluogo e la tirrenica), dalla comune passione per la musica per fiati, quella delle Bande musicali capillarmente diffuse nel territorio.
La tradizione italiana della Banda musicale (o soltanto “Banda”: un’orchestra completa ma priva degli strumenti ad arco, formata quindi soltanto dai fiati e dalle percussioni, con l’aggiunta di una gamma di clarinetti e sassofoni), oggi più modernamente “Orchestra di fiati”, è stata gloriosa, con accurati arrangiamenti di musica sinfonica od operistica composta per orchestre “tradizionali”, o composta appositamente “per banda” (escludendo da questa definizione sia la Banda da parata che la Fanfara, ma intendendola come “Banda da concerto”, ovvero Orchestra a Fiati, o Banda Sinfonica) da grandi e famosi compositori dell’Ottocento musicale italiano, quali Giuseppe Verdi, Amilcare Ponchielli e Pietro Mascagni, per non citare che i maggiori.
Senza le bande, lontani dai grandi centri, non si sarebbe potuta diffondere capillarmente la conoscenza della produzione musicale “alta”.
Ci assicurano che sono ben 26 le bande musicali, meno dilettantesche e molto più “professionali” che nel passato, che operano con impegno ed aggregano tanti musicisti, spesso molto giovani se non giovanissimi, nel territorio della Provincia di Reggio Calabria e dei suoi 97 Comuni, cioè una Banda Musicale, od Orchestra di Fiati, ogni tre quattro comuni, una densità altissima, una grande voglia di fare musica e di fare cultura, capillarmente diffusa sul territorio, un dato che smentisce tanti luoghi comuni sulla nostra provincia, un dato che definisce meglio una identità territoriale basata anche sulla cultura. Una cultura che attraversa tutte le generazioni.
Tornando alla scaletta della serata: apertura e commiato con il “Canto degli Italiani” (l’“Inno di Mameli”, ovvero “Fratelli d’Italia”, versi di Goffredo Mameli e musica di Michele Novaro, 1847), Inno Nazionale Italiano (ancora “provvisorio”, perché così proclamato dal 12 ottobre 1946 !!!), eseguito da una Rappresentanza delle Bande Musicali dell’intera Provincia di Reggio Calabria, sotto la direzione del M° Cettina Nicolosi.
E via con le emozioni, grandi, sia all’apertura che al commiato: tutti ad ascoltare “Fratelli d’Italia”, ovviamente tutti in piedi e compunti, sotto una “pioggia” di cartoncini tricolori proveniente dal loggione, e sembrava di rivivere la scena iniziale del film “Senso” di Luchino Visconti, 1954, quando dal loggione del Teatro alla Fenice di una Venezia (1866) ancora asburgica, mentre sul palcoscenico Manrico canta “Di quella pira… l’orrendo foco / tutte le fibre m’arse, avvampò!” de “Il Trovatore” (1853, parte della “trilogia popolare”), melodramma del Giuseppe Verdi che infiammò gli animi risorgimentali – malgrado nel 1866 fossero già passati i tempi del W V.E.R.D.I., cioè W Vittorio Emanuele Re D’Italia – i patrioti irredentisti veneti lanciano sul pubblico, o meglio sui militari austriaci in platea, centinaia di volantini rivoluzionari bianchi, rossi e verdi.
Proseguendo con la scaletta, l’intervento di S.E. il Prefetto Dr. Luigi Varratta, dopo la lettura del Messaggio del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha preceduto il Concerto eseguito da una Rappresentanza dei Complessi Bandistici della Provincia Jonica, diretti dal M° Antonio Ritorto (G. Rossini, Sinfonia da “La Gazza Ladra”), dal M° Pasquale Lucà (G. Rossini, Sinfonia da “Il Barbiere di Siviglia”) e dal M° Francesco Bolognino (E. Morricone, Fantasia da musiche da film).
Poi l’Intermezzo Storico del Prof. Agazio Trombetta (“Reggio Calabria e l’affermazione dei valori unitari nazionali”), che ha preceduto il Concerto eseguito da una Rappresentanza dei Complessi Bandistici della Provincia Tirrenica, diretti dal M° Stefano Calderone (G. Paisiello, “Inno delle due Sicilie”), dal M° Pasquale Mercuri (A. Charpentier, “Te Deum”), e dal M° Maurizio Managò (Omaggio a Verdi, Brani operistici) e dal M° Gaetano Pisano (G. Puccini, “Nessun dorma” da “Turandot”).
A seguire l’Intermezzo Storico del Prof. Pasquale Amato (“Reggio fra Monarchia e Repubblica”), seguito dal Concerto eseguito dai Complessi Bandistici della Città di Reggio Calabria, diretti dal M° Agostino Giordano (G. Bizet, Preludio dalla “Carmen”) e dal M° Roberto Caridi (F. Von Suppé, “Poeta e contadino”; G. Verdi, “Coro degli zingari” da “Il Trovatore” e G. Gershwin, “Blues” da “Un Americano a Parigi”, Clarinetto solista Luigi Lombardo).
Ed infine l’Intermezzo Storico del Prof. Franco Arillotta (“2 settembre 1847: a Reggio Calabria sventola il Tricolore”), prima del Commiato di tutte le Rappresentanze Bandistiche della Provincia, cioè un gran finale con “Fratelli d’Italia” e pioggia dal loggione dei cartoncini tricolori.
Grande il compiacimento ed il grazie per le Bande tirreniche, ioniche e cittadine che oltre a donarci la loro musica ci hanno fatto sentire vicini al nostro territorio, ed un tutt’uno con esso e con la sua struttura tripartita.
Così come gli Intermezzi Storici di Trombetta, Amato ed Arillotta ci hanno fatto sentire ancor più italiani e repubblicani, consapevolmente più italiani e repubblicani: intermezzi particolarmente apprezzati, in un crescendo, da una platea che, si sentiva, “sentiva” l’amor di Patria, quello vero, quello senza retorica, forse intristita, o forse rimotivata, dall’eco delle spinte disgregatrici leghiste, proprio questo 2 giugno testimoniate dall’assenza alle cerimonie dai loro Ministri, anche dalla sfilata di Via dei Fori imperiali a Roma alla presenza del Capo dello Stato (mancava il Ministro dell’Interno), assenze che non possono non richiamare i reiterati atteggiamenti separatisti e scissionistici, ed a più di un’offesa alla bandiera tricolore che si è dovuta negli anni tristemente registrare.
Ma per un momento, breve ma intenso, tutto ciò ce l’ha fatto dimenticare uno scattante Arillotta il quale, concludendo il proprio intermezzo storico con un declamato secco, chiaro e forte, e che non ammetteva, e non ammette, repliche di sorta, ci ha detto chiaro e tondo, e ad alta voce: “L’Italia è viva! Evviva l’Italia!!!”. L’affollatissimo “Cilea” lo ha salutato e ringraziato con un applauso forte, prolungato e liberatorio. Poi tutti assieme, in piedi, travolti dalle note, e dai versi, di “Fratelli d’Italia”.