Da dove vengono i cibi che consumiamo? Qual è la loro storia? Gli ortaggi, le piante, i frutti: hanno sempre fatto parte della nostra vita quotidiana? A tal proposito è interessante leggere “La purpurea meraviglia. Storia del pomodoro in Italia” di David Gentilcore edito da Garzanti pag. 272, € 13,00 (il titolo è una citazione di Umberto Saba). Il pomodoro – come i fagioli, la zucca, il peperoncino, il tabacco, le patate – proviene dall’America. All’inizio era ritenuto solo un ornamento. Ma è un frutto o un ortaggio? Dal punto vista biologico è un frutto: ma è considerato un ortaggio. In tal senso si pronunciò la Corte Suprema degli Stati Uniti che, chiamata a deliberare sui dazi imposti agli ortaggi, dichiarò legittimo tassare il pomodoro, anche se frutto, perché nella vita quotidiana era ritenuto un ortaggio.
Nel libro sono esaminate tutte le dinamiche che l’hanno interessato: la produzione, l’esportazione e la conservazione che mise in moto processi industriali complessi. Come conservarlo? In barattoli: ma bisognava costruirli. Da qui la nascita dell’indotto. E’ ricordata anche la tecnica di conservazione familiare. Quella che, alla fine dell’estate, vede l’intera famiglia mobilitata per giorni a preparare la conserva per l’inverno. Il pomodoro è protagonista di un’epopea singolare: giunto in Italia dall’America ci torna al seguito dei nostri emigranti. Oltreoceano fu protagonista del Sunday Dinner, il pranzo domenicale nelle famiglie di emigranti; del gravy, sugo di carne per la pasta e del ben più noto ketchup. Il libro sgombra il campo dai tanti luoghi comuni sui prodotti autoctoni da tutelare e quelli importati da guardare con diffidenza. L’unica vera differenza è tra buoni e cattivi prodotti. Pertanto, quando mangiamo, non pensiamo solo alla bravura del cuoco e alla qualità del cibo ma anche alla sua storia.
Tonino Nocera