Palermo. Due fratelli palermitani, soci di una s.r.l. “a conduzione familiare”, operante a Palermo nel settore del commercio di semilavorati metallici, risultano aver finanziato con soldi propri la società partecipata per oltre 5 milioni di euro, pur dichiarando al fisco redditi ai limiti della sopravvivenza: questa “anomalia” ha fatto scattare il controllo dei finanziari del Nucleo di Polizia Tributaria di Palermo, che, esaminati i bilanci societari, ha subito concentrato le loro attenzioni sulla contabilizzazione di quei finanziamenti infruttiferi a beneficio delle casse sociali.
In linea generale nulla di strano. Anzi, è una pratica in realtà ricorrente quella per cui i soci di società di capitali che necessitano di maggiore liquidità, anziché ricorrere alla più oneroso canale bancario prediligano l’introduzione di capitali propri nel circuito gestionale d’impresa, qualora, ovviamente, possano contare su ingenti patrimoni personali o familiari. Ma in questo caso la situazione appariva alquanto strana: un socio era formalmente nullatenente e completamente sconosciuto al Fisco mentre l’altro dichiarava un reddito appena superiore ai 10.000 euro annui, meno dello stipendio di un suo dipendente.
In realtà, secondo la ricostruzione effettuata dalla Guardia di Finanza, la capacità finanziaria dei soci non era altro che il frutto dell’evasione fiscale riconducibile all’attività societaria, ossia i ricavi derivanti da operazioni non contabilizzate. Così le Fiamme Gialle hanno dapprima recuperato a tassazione l’importo complessivo dei finanziamenti in capo alla società, e poi in capo agli stessi soci, che si erano spartiti gli utili occulti per poi reintrodurli, almeno in parte, nel circuito imprenditoriale, con una sorta di operazione di “auto riciclaggio”, portando alla luce la mancata contabilizzazione di poco meno di 6 milioni di euro di ricavi in capo alla società nel solo biennio 2007–2008 oggetto di ispezione, e di circa 4 milioni di reddito di capitale in capo ai due soci.
Entrambi i soci sono stati quindi segnalati alla locale Procura della Repubblica per l’ipotesi di reato di omessa e di infedele dichiarazione e il 31 maggio scorso il Gip del Tribunale di Palermo ha disposto il sequestro della liquidità finanziaria e dei valori mobiliari nella disponibilità degli indagati per oltre 3,5 milioni di euro, in attesa della loro definitiva confisca a favore dello Stato. I finanzieri hanno dato esecuzione alla misura cautelativa sequestrando conti correnti bancari, titoli obbligazionari e quote di fondi comuni d’investimento intestati ai due soci ed alla società da questi amministrata.
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