Concluso il progetto “(S)legal(a)mente” realizzato dal Museo della ‘ndrangheta

Reggio Calabria. Tre mesi di lavoro, da aprile a giugno di quest’anno, durante i quali gli studenti di dieci classi di terza media sono stati accompagnati in un percorso costituito da tre fasi: le prime due di indagine e di analisi e la terza di messa in opera con l’utilizzo del linguaggio teatro – forum. Si tratta del progetto (S)legal(a)mente, uno dei tanti realizzati in questi anni dal Museo della ‘ndrangheta, con la collaborazione dell’Istituto scolastico provinciale e il centro Peppino Impastato di Palermo.
L’obiettivo era quello di acquisire ulteriori elementi circa il tipo di influenza esercitato da alcune manifestazioni e componenti della cultura mafiosa sugli aspetti della vita quotidiana, sia pubblici che privati, inerenti gli affetti, le relazioni significative, il proprio ruolo sociale, il comportamento a scuola. E durante la conferenza stampa svoltasi stamattina nella sala conferenze della Provincia, l’assessore provinciale alle politiche Giovanili Attilio Tucci, assieme al coordinatore del Museo Claudio La Camera ed alla responsabile dell’Istituto scolastico provinciale Giacomina Caminiti, hanno illustrato le modalità del progetto, ormai concluso, e che ha coinvolto proprio quelle classi di terza media in quei territori particolarmente a rischio. La somministrazione di un questionario a risposta chiusa suddiviso in tre sezioni dedicate a differenti problematiche riguardanti i rapporti con le autorità politiche e sociali e le loro contraddizioni, i vissuti individuali legati al rapporto con i familiari, con il gruppo e con alcuni aspetti della società, l’introiezione e le reazioni inconsce dovute al rapporto con l’autorità ed infine, gli stereotipi legati alla percezione della ‘ndrangheta e le fantasie ad esse connesse. La seconda fase del progetto ha visto il coinvolgimento dei soggetti in una rielaborazione di gruppo dei contenuti emersi dalle risposte date al questionario, allo scopo di ricavare maggiori informazioni e costruire le prime dinamiche di condivisione. La terza fase, quella che ha, maggiormente suscitato l’interesse e l’attivazione dei ragazzi, li ha resi capaci di mettere letteralmente in scena alcune disfunzioni relazionali associate al gruppo dei pari o alle figure del nucleo familiare, cercando e trovando loro una soluzione da copione con l’utilizzo dei meccanismi della discussione di gruppo e del teatro.

dgr

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