Palermo. I Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo hanno concluso nel mattino una significativa operazione antimafia che, con l’esecuzione di 8 provvedimenti cautelari, ha decapitato il vertice delle famiglie mafiose di Ficarazzi località dell’immediato hinterland orientale del capoluogo regionale, appendice del mandamento mafioso di Bagheria, nel quadro di cosa nostra siciliana. Le misure sono state emesse dal Tribunale di Palermo su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo siciliano (Procuratore Aggiunto De Francisci, Sostituti Procuratori Di Matteo, Viola e Mazzocco), contestando l’associazione per delinquere di tipo mafioso, oltre ai reati di estorsione, danneggiamento e traffico di stupefacenti. L’operazione è il frutto di una prolungata attività investigativa avviata, sin dal mese di novembre del 2008, dalla Compagnia Carabinieri di Bagheria sul territorio di Ficarazzi. Le indagini hanno preso le mosse dai numerosi attentati incendiari verificatisi a Ficarazzi a partire dal 2008 con un modus operandi (impiego di copertoni irrorati di benzina) indice di un’unica strategia, di evidente matrice mafiosa, con finalità intimidatorie ed estorsive.
Un imprenditore intercettato, parlando della situazione su Ficarazzi riferisce:
“…minchia… ieri gli hanno messo… gli hanno tirato… la bomba… la molotov davanti la porta a Mezzatesta… minchia …… no a Ficarazzi visto che c’è bordello per adesso… si sta impegnando assai questo picciottello… troppe cose sta prendendo…troppe cose …”.
Sin dalle prima battute emerge la situazione di conflittualità tra il reggente di Ficarazzi, Giovanni Trapani 54enne al vertice dell’organizzazione criminale, e il boss emergente, Atanasio Alcamo di 34 anni, che stava ingaggiando un serrato confronto con il primo al fine di assumere il controllo di quel territorio e il racket delle estorsioni.
Per questo l’operazione, nel cogliere in presa diretta le pericolose dinamiche conflittuali tra opposte consorterie, pone fine ai plurimi episodi di danneggiamento verificatisi nel tempo e scongiura l’evoluzione del contrasto verso altre forme di violenza già paventate dagli appartenenti alle famiglie mafiose nelle conversazioni intercettate dai Carabinieri.
Nel settembre del 2008, un autocarro, riconducibile ad una impresa edile bagherese, viene dato alle fiamme in pieno giorno. Pochi giorni dopo, il titolare della ditta rimane ferito a seguito di un pestaggio, sulla pubblica via anche questa volta in pieno giorno. L’imprenditore, impaurito, non denuncia l’episodio, ma i Carabinieri della Stazione acquisiscono informalmente la notizia. Il successivo interrogatorio fa crollare il soggetto che riferisce anche le parole dei suoi aggressori, “Ti devi comportare bene”, inequivocabile avvertimento rivolto al titolare già a terra con il volto insanguinato. Il danneggiamento dell’autocarro è l’avvertimento inviato da Atanasio Alcamo, detto ’U FERRARRO, che tentava di imporre le forniture della propria ditta familiare, specializzata nella lavorazione del ferro e dell’alluminio per la realizzazione di porte e infissi. L’imprenditore pagava già il pizzo. Si tratta di 5.000,00 euro tre volte all’anno da versare nelle mani di Giovanni Trapani che a Ficarazzi comanda tutto.
In tal proposito, in un dialogo tra due imprenditori:
“…L’altra giornata stavo pensando incomprensibile questi due fabbricati che stanno partendo a Ficarazzi…e ce né pochi…ormai incomprensibile Giovanni Trapani…li fa fare Giovanni Trapani…come si deve fare con questo…cioè…praticamente lui comanda il territorio!…”
Ma è evidente che il meccanismo si è inceppato e non è più possibile sottovalutare il ruolo in ascesa dell’Alcamo. Una circostanza del tutto fortuita complica ulteriormente la vicenda.
L’aguzzino di Alcamo, mandato a bruciare i camion dell’imprenditore è Luca Ficarra di 28 anni che alle 8.30 del mattino spacca il vetro del camion vi versa una tanica di benzina e poi vi da fuoco con una torcia. La fiammata spaventa una ragazza che passa lì per caso, vede Ficarra con la torcia ancora fra le mani e lo riconosce perché sono stati compagni di scuola. Quando arrivano i Carabinieri la ragazza è ancora ferma sul posto, scoppia a piangere e rivela il nome dell’incendiario. Seguono le attività dei Carabinieri e Ficarra viene indagato, ma fa perdere le proprie tracce. A questo punto Alcamo pensa che sia stato l’imprenditore a parlare e gli manda sotto altri due balordi che in un cantiere di Ficarazzi, all’ora di pranzo, quando gli operai sono assenti per la pausa lo picchiano violentemente.
In tal senso, l’imprenditore intercettato, testualmente afferma:
“…omissis…secondo me perché non gli ho voluto fare il ferro a quel cornuto!…mi bruciarono il camion…omissis…”.
E, sempre lo stesso, successivamente:
“…omissis…io la cosa l’ho letta al cento per cento…il ferraro (fabbro n.d.r.) mi ha bruciato la macchina cosi’…ci avrà detto a quelli…“andate a dargli una lezione”…ed è spaventato…perché…lui passa ed io nemmeno per la minchia…non ho parlato…incomprensibile…ti sembra che con la risatella me ne esco…omissis…”.
A questa vicenda non rimane estraneo il mandamento di Bagheria, da cui la famiglia di Ficarazzi dipende. Sono gli stessi imprenditori che, avvertito il vuoto di potere e la debolezza del Trapani, chiedono l’intervento superiore.
“…perché non va a Bagheria e se la discute…come fino ad ora si è dimostrato…questi prima di fare questa brutta azione a me…hanno parlato con Bagheria…”
Né sfugge una considerazione generale sull’attuale stato delle cosche in provincia
“… prima si guardava se avevi le mogli contro… se avevano parenti Carabinieri… gli facevano i raggi… ora che esce…esce… e questi di fatti come li prendono cantano”
Insomma una situazione tesa e pericolosa che però non precipita e alla fine si assesta, grazie agli aggiustamenti continui e agli interventi del Trapani che, confermandosi astuto ed abile stratega, gioca su più fronti, getta acqua sul fuoco, prende tempo, minimizza i fatti, cerca di tirarsene fuori sfumando le proprie responsabilità, limitando i danni, placando gli animi e riportando, alla fine, il tutto alla normalità.
Comunque è anche possibile affermare che la contesa tra il Trapani e l’Alcamo, sopita ma mai del tutto risolta, poteva in ogni momento riproporsi, anche in considerazione dei notevoli interessi economici in ballo: in questo senso l’odierna operazione determina anche l’effetto positivo di evitare una possibile e di certo sanguinosa guerra di mafia nell’hinterland palermitano.
I protagonisti della vicenda enucleano i caratteri delle nuove dinamiche mafiose.
La vittima, la persona offesa, la parte lesa, assurge, di fatto, a figura emblematica e rappresentativa della categoria degli imprenditori che soggiacciono all’infame ricatto dell’estorsione, nella forma classica del pizzo e nella versione più sottile ed insidiosa della compartecipazione coatta con imprese riconducibile a cosa nostra.
Il pizzo, come racconta lo stesso imprenditore, viene pagato periodicamente, in occasione delle festività comandate e dunque a Natale e a Pasqua. Inoltre, al fine di eludere le indagini delle forze dell’ordine, il versamento periodico viene mimetizzato nella forma di normali pagamenti, per forniture e opere in sub-appalto.
Giovanni Trapani e Atanasio Alcamo incarnano due modi opposti di intendere cosa nostra. Proprio nelle differenze tra i due risiedono i motivi dell’aspro e duro confronto. Trapani, attesa anche l’età, nonché l’appartenenza ad una leva storica della mafia palermitana, è accorto, prudente, sempre attento ad evitare il contrasto e a ricercare compromessi, accordi, complicità in maniera coerente con una politica impostata per il lungo periodo, che risente direttamente della strategia della sommersione. Malgrado sia ricco e benestante, proprietario di numerosi beni immobiliari, titolare occulto di una delle ditte, specializzate nel movimento terre, più floride del comprensorio, destinatario del pizzo per tutta l’area ricadente nel comune di Ficarazzi, si presenta in maniere dimessa, si muove a bordo di vecchie utilitarie scalcagnate e malmesse, veste quasi sempre abiti da lavoro, si propone, anche con le forze dell’ordine, in termini, evidentemente apparenti, di massima rispettosità, educazione e sottomissione.
Alcamo, poco più che trentenne ha un passato criminale nel mondo degli stupefacenti. È stato in stretto collegamento con Antonio Lo Nigro, tratto in arresto a Catania mentre era in sua compagnia, cugino di Tonino Lo Nigro, figura chiave del narco traffico palermitano degli ultimi anni, divenuto, nel frattempo, uno dei 100 latitanti più pericolosi, tratto in arresto, sempre dai Carabinieri di Bagheria, la sera del 12 marzo del 2009. Alcamo si rivela più aggressivo e talvolta impulsivo, certamente avido e spregiudicato. Veste abiti firmati e gira con un SUV fiammante.
Si veda in proposito, quanto afferma l’imprenditore intercettato:
“…Eh…loro me lo devono dire…io l’ho capito chi sono…perché là c’è l’avanzata di un gruppetto…che gli vuole fare le scarpe a Giovanni (Giovanni TRAPANI)…e Giovanni…vuole andare…e se ne va…incomprensibile…omissis…C’è una banda che vuole superare…”.
Nonché quanto afferma lo stesso Alcamo:
“ci dissi…”pensate di me…e poi sono bravi cristiani…andatelo a dire ai Carabinieri…queste cose non le devi dire”…non le devi dire…questa non è un’azione meglio dei Carabinieri? …”
per intendere che parlare inteso quale contrario della proverbiale omertà che caratterizza gli ambienti mafiosi, rappresenta una condotta censurabile, da equiparare, in termini di negatività, all’essere carabinieri.
Inoltre, a riprova dell’aggressività ed arroganza che ne caratterizzano la condotta, si veda quanto riportato di seguito, frutto di una intercettazione ambientale di un dialogo con il fratello, nel corso del quale il Fabbro riporta quanto detto ad un imprenditore:
“…mi ha detto: “mi devi fare un preventivo…le porte…dobbiamo vedere”…“sentimi a me: IO TI FACCIO IL PREVENTIVO E TI FACCIO IL LAVORO”
ad ribadire che gli imprenditori sono costretti ad appaltargli i lavori e ad assoggettarsi alla sua egemonia.
Poi, sempre in tema di omertà, il fabbro:
…“prima non te la sei cucita la bocca?…e poi ti succedono le cose tinte dice…e vai mischiando i cristiani che non centrano niente…”
Ancora il fabbro, in riferimento ad un imprenditore restio a pagare:
“…vedi che cervello che ha questo secondo lui risparmia…poi truppicano (inciampano n.d.r.) e si struppiano (si fanno male n.d.r.) e vanno cercando pure chi è…chi non è…di dove è…”
Ancora, al fine di evidenziare la violenza e l’aggressività che caratterizzano gli indagati, si veda il dialogo tra l’Alcamo e un suo gregario, Placido Cacciatore:
Alcamo:… ti devi comportare per come ti stai comportando…tu gli devi dire le cose e lui le deve fare…no tu sei il suo picciotto…è lui il tuo picciottello…tu quando devi comprare le sigarette…ci vai…“non ti seccare vai a comprare le sigarette” e gli dai i soldi…“che non mi posso muovere”…e lui ti deve andare a comprare le sigarette…
Cacciatore: …ma lui si comporta in questa maniera…
Alcamo:…si deve comportare in questa maniera…
Cacciatore: …lo deve capire…che lo devo dire io le cose che deve fare lui…“facciamo così…facciamo così” minchia…devo decidere io ci dissi…
Alcamo: Eh…e che è?…
Cacciatore: …ca dimmi quello che devo fare con quello…con Giovanni…dimmi quello che devo fare…lo posso ammazzare a bastonate…dimmi quello che devo fare…
Alcamo: …ammazzalo a bastonate…qual’è il problema?…
Cacciatore: …ci mando a cinque…incomprensibile…qua davanti dimmelo tu dice…
Alcamo: …allora è giusto che una volta che lui è autorizzato a dire questo lo può fare…l’importante che non si è auto autorizzato perché lui non si può permettere di auto autorizzarsi lui…lui può dire solo “si signori”…lui si può fare grande con qualche “picciottedho semplice”…
Nell’indagine condotta dai Carabinieri di Bagheria ritorna anche l’eco dell’operazione PERSEO che, intanto, il Reparto Operativo Carabinieri di Palermo portava a segno, decapitando la nuova cupola.
Questa è il commento di Alcamo riferito al mandamento di Bagheria, retto da Pino Scaduto:
“ooh!…e lo puoi sentire…lo senti…come un fratello te lo dico…hanno finito di cucinare…hanno finito di ridere!…hanno finito di ridere!…te lo dico io…hanno finito di ridere…hanno finito!…”.
Infine abbiamo i “soldati”, i gregari, Placido Cacciatore, Luca Roberto Ficarra, Massimo Comparetto, Gianni Santospirito, Giuseppe Berretta, incaricati dai mandanti a più alto livello della commissione dei reati-base della pressione criminale sul territorio quali i danneggiamenti con finalità estorsiva.
Si tratta di “picciotti” reclutati nel sottobosco criminale legato allo spaccio degli stupefacenti e “traghettati” da Alcamo nel mondo della criminalità mafiosa e compensati, oltre che per la commissione di reati, quali aggressioni e danneggiamenti incendiari, anche con la possibilità di condurre autonomamente sul territorio attività di traffico e spaccio di stupefacenti, del tipo cocaina. Dalle parole degli indagati, ritorna il canale napoletano di approvvigionamento degli stupefacenti: la cocaina viene acquistata all’ingrosso al chilo e poi rivenduta al dettaglio.
La politica commerciale adottata per lo spaccio di stupefacenti dal sodalizio criminale nella piazza di Ficarazzi è semplice ed efficace: la droga di qualità migliore, soggetta ad un taglio minimo, che non ne diluisca eccessivamente il principio attivo, è destinata ai clienti migliori, perché costanti e puntuali nei pagamenti; la droga più tagliata, con il bicarbonato (definita “macinata”) viene ceduta agli acquirenti ritenuti peggiori, perché insolventi o comunque ritardatari nel versare i corrispettivi in denaro delle dosi comprate.
Gli investimenti dell’organizzazione criminale scoperta dai Carabinieri si incentrano sullo sfruttamento del settore dell’edilizia. Si tratta, per un verso, di ricavare diretti profitti attraverso l’imposizione del pizzo e, per l’altro, di fondare una sorta di “partecipazione coatta” delle imprese mafiose ai lavori di quelle sane, garantendo nel luongo periodo introiti cospicui, costanti e, soprattutto, puliti e giustificabili. Il sistema criminale inquina l’economia, si infiltra irrimediabilmente nel territorio e realizza contestualmente i profitti illeciti e il riciclaggio degli stessi. Il versamento delle somme oggetto dell’estorsione viene dissimulato sotto forma di pagamenti per servizi, sub-appalti, forniture, arrivando al punto di emettere regolari fatture. Si giunge, quindi, al paradosso: la mafia calcola l’I.V.A. sul pizzo! Gli “appuntamenti” restano quelli tradizionali, nelle principali feste di Natale e Pasqua.
A tal proposito un imprenditore vittima del pizzo, intercettato nel corso delle indagini, riferiva:
“…ora comincia il secondo… ora comincia il terzo … non se la fa franca nessuno o frate… io i picciuli gli ho dato… 9.000 euro ci ho dato… gran cornuto che è… è venuto due volte a farmi fatture… cinquemila e cinquemila… levando l’iva… ottomila e duecento gran cornuto… è venuto per Pasqua e gli ho detto… come minchia ti chiami ci dissi…non te li ho dati… passa a Natale… gli ho detto, io in questo minuto una lira può essere assai giusto? …perché fino a quindici anni fa il discorso era un altro…ora il ferraro [Alcamo] vuole pizzo … gli ho dato questi tremila euro per Pasqua”
Questi gli arrestati:
Atanasio Alcamo,di 34 anni nato a Palermo
Giovanni Trapani,di 54 anni nato a Ficarazzi
Luca Roberto Ficarra,di 28 anni nato a Palermo
Placido Cacciatore ,di 36 anni nato a Ficarazzi
Massimo Comparetto,di 36 anni nato a Palermo
Davide Terzo,di 27 anni nato a Palermo
Gianni Santospirito,di 34 anni nato a Buffalo (Stati Uniti d’Ameria)
Giuseppe Berretta,di 41 anni nato a Palermo