Antonio Maria Leone, Architetto e Dottore di Ricerca in “Pianificazione territoriale” presso il DSAT (Dipartimento di “Scienze ambientali e territoriali” dell’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria), nonché docente di discipline urbanistiche presso il Corso di laurea in “Urbanistica”, autore del significativo “Dossier” sulla Città metropolitana pubblicato da Newz.it come prima uscita della Rubrica “Urbanistica e Città metropolitana” presenta ancora una volta ai nostri lettori un proprio stimolante contributo sul tema estremamente attuale della città multiculturale.
La città come luogo d’incontro
Integrazione e multiculturalismo nella città metropolitana
di Antonio Maria Leone
“Un paese vuol dire non essere soli,
sapere che nella gente, nelle piante,
nella terra, c’è qualcosa di tuo, che,
anche quando non ci sei,
resta ad aspettare”.
Cesare PAVESE
(La luna e i falò)
Secondo Lerner Jaime “… tutte le persone hanno la tendenza a sostenere che le città sono difficili, che le città sono i problemi. Le città sono le soluzioni dei problemi di un paese, perché se esse possono dare la risposta per una migliore condizione abitativa, una migliore condizione di educazione, salute, ambiente, attenzione ai bambini, esse sono in grado di diventare la soluzione. Io credo sempre di più nella trasformazione della città”1.
Non esiste nell’attuale contesto una particolare vocazione di parti della città ad attrarre l’insediamento di immigrati. Può trattarsi di centri storici che stanno subendo una serie di trasformazioni e di sostituzioni di popolazione, di quartieri periferici di edilizia minore, di borghi urbani ricompresi nello sviluppo metropolitano, oppure di quartieri residenziali dove la coabitazione di gruppi numerosi di immigrati consente di affrontare i costi proibitivi dell’affitto. L’inserimento ha interessato assai meno (e solo recentemente) i complessi di edilizia economico-popolare, per la insufficienza cronica del patrimonio di edilizia sociale che ha caratterizzato la politica della casa in Italia.
Per queste implicazioni l’impianto urbano della città metropolitana2 dovrà essere molto flessibile, in quanto dovrà obbedire a regole nelle quali la variabile “migrazione” sarà presente; in fondo i processi antropici, strettamente connessi ad ogni periodo storico, hanno avuto un ruolo fondamentale nella creazione ed evoluzione delle città. Infatti, il volto delle città, concepite con un determinato schema ed impianto distributivo, è cambiato man mano che le vicende storiche si sono susseguite nel tempo.
Nella seconda metà del XX secolo la città, in special modo quelle europee, dopo secoli di lente trasformazioni, ha vissuto una stagione di frenetici mutamenti indotti dalle necessità di ricostruzione post-bellica, dalla crescita demografica, dallo sviluppo economico e favoriti dal progresso tecnologico.
Nel terzo millennio ci troviamo a foggiare una nuova accezione che individui e caratterizzi la città intesa come luogo di incontro; in ambito disciplinare sono stati coniate ed assegnate diverse denominazioni: da multietnica a interetnica sino a multi o inter-culturale, ma come afferma Beguinot questi sono apparentemente sinonimi “Il primo termine postula una sorta di addizione tra etnie nello spazio urbano, mentre il secondo considera l’esistenza di un’interazione tra le stesse, interazione che viene posta al centro dell’attenzione. L’ultimo, o gli ultimi, sostituisce invece i caratteri etnici con quelli culturali, per affermare che comunque, al fondo di ogni cosa c’è l’uomo, indipendentemente dalla razza, ma non dal proprio patrimonio di storia, religione, memoria, cioè cultura”3.
La popolazione urbana non resterà stabile, ma il fattore che più influenzerà l’andamento demografico delle città italiane, soprattutto quelle metropolitane, non sarà la natalità, quanto piuttosto le dinamiche dei flussi migratori: da una parte si avrà l’aumento di immigrati, dall’altra si verificherà il deflusso di parte della popolazione dai grandi centri verso le periferie.
Si assisterà ad un cambiamento della morfologia urbana in cui il dato più significativo sarà costituito dall’aumento del peso reale di quell’area indistinta, l’area dei comprensori periferici, dove si disperde la densità urbana e che travalica i limiti, anche amministrativi, dei tanti centri, generalmente definita con i termini di area metropolitana.
In sostanza la popolazione:
- diminuirà nelle grandi città;
- aumenterà nelle aree urbane (o metropolitane) comprendenti città grandi e piccole, conurbate.
I fenomeni di competizione entro cui i sistemi urbani italiani si trovano a svilupparsi produrranno concentrazione dei punti forti, ma contemporaneamente daranno maggiore consistenza anche ai punti decentrati. Il risultato sarà uno sviluppo degli insediamenti densi di tutte le dimensioni, da quelli metropolitani, alle città medie, ai sistemi periferici.
La città oggi si sviluppa, nella maggior parte dei casi, per quartieri (es. cinese, cingalese, latino, ecc…) e tale ripartizione settoriale porta nella maggior parte dei casi ad una “segregazione”. Inoltre, i nuovi abitanti della città hanno a che fare con i “retri” della stessa (es. case abbandonate, ruderi di campagna, ecc.). Alla base di questa scelta insediativa, secondo Giancarlo Paba4, c’è una doppia articolazione: da una parte si cerca un luogo in cui nascondersi, le “forme di abitazioni inferiori”, dall’altra l’occupazione del centro storico, in particolare i luoghi di transito, perché sono i luoghi della mixité quelli in cui è possibile nascondersi perché si è massa, perché non si è riconoscibili in quanto protetti dalla commistione.
Questa nuova dimensione è una intrigante scommessa per i politici che governano le trasformazione della città, in particolar modo per l’auspicabile “Area metropolitana dello Stretto”, ed anche per gli urbanisti che la disegnano. La città, infatti, non è solo la casa, ma è anche la scuola (luogo di incontro), è anche il culto, sono anche gli spazi pubblici, richiamando alla memoria la carta di Megaride ’94 “…. la città futura dovrà essere interrazziale e dovrà consentire una soddisfacente qualità di vita a tutti i suoi cittadini, nel rispetto delle differenze tra le singole comunità e dell’identità culturale dei luoghi”.
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1 Si veda l’intervista a Lerner Jaime, Presidente dell’UIA, pubblicata su l’Architetto n. 169 del 2003
2 A tal proposito si rimanda a Latella D., Politi R., Primo Rapporto generale sullo stato delle città metropolitane. “Raccolta Normativa ed ipotesi di sviluppo”, ed. Formula Sud, Reggio Calabria, 2010
3 Beguinot C. (a cura di), Città di genti e culture: da “Megaride ’94” alla città interetnica (Europea),
Giannini Editore, Napoli 2003
4 Paba G., Movimenti urbani. Pratiche di costruzione sociale della città, Franco Angeli, Milano, 2003