Reggio Calabria. “E dall’alto scoppia l’applauso del cielo” cantavano i Lost in un loro vecchio brano. Sembra quasi, infatti, che l’alluvione di venerdì scorso sia una sorta di reazione, di ribellione celeste a tutti gli eventi che stanno caratterizzando, negli ultimi tempi, la nostra Calabria. Terra in cui il “maltempo” ha assunto, ormai, un significato di allarme sociale oltre che meteorologico. Allarme che taglia trasversalmente la politica, la giustizia e l’amministrazione della cosa pubblica, imponendo una riflessione quanto mai approfondita.
Che atmosfera regnava in città il giorno dopo la tempesta? Un’atmosfera di calma e di quiete. Già, ma non quella di leopardiana memoria, bensì una quiete apparente e spettrale. Il “day after” la città si presentava desolata, disabitata. Una vera e propria città fantasma: esercizi commerciali chiusi per “mancanza di corrente elettrica” o per “allagamento locali”; pali di ferro riversi su strade sventrate del manto d’asfalto ed invase dai detriti portati a valle dalle fiumare.
Il tutto a fare da cornice ad una situazione politico amministrativa, se è possibile, ancora più grave. Se, infatti, da un punto di vista meteorologico la città vive in uno stato di momentanea tregua, lo stesso non avviene al Comune dove, invece, si procede “di fratta in fratta, or congiunti or disciolti, chi sa dove chi sa dove”. Già proprio così, sulla politica reggina continua a piovere e gli stessi reggini, come l’Ermione di D’Annunzio, vengono “illusi” e presi in giro sulla reale situazione. La situazione di un Comune falcidiato da una crisi interna che non accenna a risolversi; un Comune sull’orlo del dissesto finanziario, messo alla berlina dai più importanti quotidiani e settimanali nazionali; un Comune costretto a mettere su una “unità di crisi” per fronteggiare una pioggia di meno di ventiquattrore quando la prevenzione, più volte e da più parti richiesta, avrebbe portato risultati nettamente migliori; un Comune, da ultimo, incapace persino di garantire lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
Cosa resta di tutto questo? Resta, per fortuna, una società civile che si è svegliata. Una popolazione che, finalmente, scende in piazza per difendere la legalità ed i suoi sinceri tutori; che incrocia le braccia per protestare e far valere i propri diritti, che manifesta pacificamente il proprio dissenso anche sui giornali ed i forum multimediali.
Questa Reggio, a differenza di Ermione, non si illude più, o meglio, non si fa illudere più dai venditori di fumo di turno. Questa Reggio, proprio come il cielo di qualche giorno fa, ha deciso di far “esplodere” la propria protesta civile. Già, perché proprio come cantavano i Lost: “E piove, e chi se l’aspettava il cielo esplode”.
Giuseppe Falcomatà
Consigliere PD I Circoscrizione