Saviano (Napoli). Antonio Buglione, imprenditore 54enne nel settore della vigilanza privata, è stato sequestrato nella serata di ieri da una banda formata da uomini che, armi in pugno, lo hanno fermato e prelevato per condurlo in un luogo segreto. Originario di Saviano, Buglione è proprietario, con il fratello Carmine, di varie aziende di vigilanza privata ed è socio con Roberto Conte, già consigliere regionale, di un’impresa immobiliare. L’imprenditore ha avuto e continua ad avere tuttora diversi problemi con la giustizia. Due anni fa è stato tratto in arresto, proprio assieme a Conte, nell’ambito di un’inchiesta relativa all’affidamento dell’appalto della vigilanza all’interno del palazzo che ospita il Consiglio regionale. Sebbene assolto in un altro processo celebratosi davanti al Tribunale di Nola davanti al quale era imputato col fratello per l’accusa di associazione a delinquere di stampo camorristico, alla “International Security service”, l’istituto di vigilanza privata di cui è proprietario, è stato impedito dal Prefetto di Napoli di partecipare ad appalti pubblici, per la vicinanza al clan Alfieri, i cui interessi criminali originano proprio nell’area attorno a Nola. Antonio Buglione è implicato, peraltro, nell’inchiesta condotta sulle infiltrazioni della camorra nell’Azienda sanitaria locale Napoli 4. L’imprenditore rapito è fratello di Rosa, sindaco di Saviano. Sul sequestro stanno indagando i carabinieri coordinati al momento dai magistrati delle Procure della Repubblica di Napoli e di Nola. Nel frattempo è stata rinvenuta la Fiat Panda a bordo della quale viaggiava l’imprenditore al momento della scomparsa. L’autovettura, che è stata già oggetto di un attento esame da parte degli specialisti dei carabinieri e sequestrata, si trovava in via Abate Minichini, in una zona periferica tra Casoria ed il quartiere napoletano di Secondigliano. Gli inquirenti, intanto, non confermano e non smentiscono l’indiscrezione secondo cui i rapitori avrebbero già contattato un fratello di Buglione, Carlo, per chiedere un riscatto di 5 milioni di euro. Una prudenza, quella degli investigatori, che nasce dai dubbi che nutrono al momento sul movente e sulle modalità del sequestro.
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