La ‘ndrangheta riciclava il denaro del narcotraffico con il Superenalotto: sequestrati beni per oltre 5 milioni di euro

Reggio Calabria. Per riciclare i proventi  derivanti dal narcotraffico la ‘ndrangheta faceva ricorso al sistema delle vincite a giochi e lotterie nazionali. L’organizzazione indagata riciclava somme ingentissime, acquistando dal reale vincitore del Superenalotto le schedine vincenti e facendosi poi accreditare le vincite dalla Sisal di Milano su conti correnti appositamente accesi, sottraendosi così al rischio di segnalazioni per operazioni sospette in base alla legge 197/1991. I carabinieri hanno così dato esecuzione ad un provvedimento di confisca di beni per un valore di oltre 5 milioni di euro, emesso dalla Prima sezione penale della Corte d’Appello di Catanzaro, nei confronti di  Nicola Lucà, esponente della cosca Mancuso, già condannato a 14 anni di reclusione per associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti. Altre 27 persone erano state condannate a complessivi 336 anni di reclusione per gli stessi reati a Catanzaro con rito abbreviato a seguito dell’operazione “Decollo” condotta dal Ros nei confronti di una struttura di matrice ‘ndranghetista egemone nel traffico di cocaina tra il Sud America, l’Europa, l’Africa e l’Australia. Il Tribunale di Milano aveva condannato a complessivi 370 anni di reclusione altri 34 appartenenti alla medesima organizzazione, mentre per una trentina di imputati è in corso il giudizio con rito ordinario presso i Tribunali di Milano e Vibo Valentia. Nel complesso, l’indagine condotta dal Ros in collaborazione con la D.C.S.A.  e gli organismi investigativi di Spagna, Germania, Francia, Colombia, Stati Uniti, Australia e Venezuela, aveva consentito l’esecuzione di 154 provvedimenti restrittivi ed il sequestro di oltre 5000 kilogrammi di cocaina e la prova dell’importazione di altri 7800 chilogrammi. Sotto il profilo operativo, per la prima volta era stata applicata la normativa antiterrorismo, che aveva permesso ai carabinieri di operare sotto copertura, coadiuvati da privati, sia in Italia sia all’estero. Era infatti emerso come le organizzazioni mafiose italiane indagate fossero in contatto con la principale struttura paramilitare colombiana, denominata Autodefensas Unidad de Colombias,Unità di Autodifesa della Colombia (A.U.C.), diretta dal noto Carlos Castano, leader del gruppo, unitamente a Salvatore Mancuso, arrestato dalla polizia statunitense dopo essere stato per anni ricercato in campo internazionale per narcoterrorismo. Una prima confisca di beni mobili ed immobili, costituiti da esercizi commerciali, abitazioni, terreni, veicoli, per un valore di circa 20 milioni di euro, era già stata effettuata, mentre un’ulteriore somma pari a 5,6 milioni di euro, parte in contanti e parte in polizze vita, era stata individuata su conti correnti e di deposito della Unicredit  di Milano e Soverato, riconducibili al Nicola Lucà, riciclatore di ingenti capitali per conto dell’organizzazione indagata.

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