Cetraro (Cosenza). Sta per concludersi con un’archiviazione la vicenda giudiziaria legata ai resti della nave affondata al largo di Cetraro e che le ispezioni effettuate hanno accertato trattarsi del piroscafo “Catania”, inabissatosi nel 1917. Secondo quanto riportato dall’Ansa, le indagini condotte dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, saranno formalmente interrotte non appena si renderanno disponibili gli esiti delle ultime analisi rimanenti. Già le immagini catturate dagli specialisti del ministero dell’Ambiente erano servite ad appurare che all’interno del relitto non erano presenti i fusti radioattivi di cui aveva parlato il collaboratore di giustizia Francesco Fonti. Il pentito, nelle dichiarazioni rese ai magistrati, si era soffermato su un’imbarcazione denominata “Cunski” che, secondo quanto da lui sostenuto, trasportava materiale radioattivo di cui le cosche della ‘ndrangheta avevano deciso di disfarsi nel Tirreno cosentino. Una versione smentita dal ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo e da Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia, sulla scorta dei risultati scaturiti dai rilievi compiuti dalle sofisticate attrezzature della nave “Mare Oceano” dalle quali non è emerso il pericoloso contenuto di cui aveva parlato Fonti. Sempre dalle notizie raccolte dall’agenzia Ansa, le prime conclusioni che sono state rese note ai magistrati confermano l’inesistenza di radioattività. Una risultanza, questa, che condurrà all’archiviazione del caso nel momento stesso in cui gli inquirenti disporranno dell’intero materiale documentale e di tutti i dati elaborati dalle analisi degli esperti.
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