Anna Ferraiuolo, urbanista e dottoranda in Pianificazione territoriale, con rara sensibilità interviene questa settimana su un tema delicatissimo per la qualità della futura città metropolitana di Reggio Calabria com’è il paesaggio dello Stretto di Messina.
(E.C.)
Da dove nasce il fascino irresistibile di alcune città? Il valore aggiunto del paesaggio
di Anna Ferraiuolo
Fra le trasformazioni antropiche che caratterizzano in termini di qualità quell’area unica al mondo che è lo Stretto di Messina, sia per aver dato qualità al paesaggio, sia perché anche da quelli meno visibili dall’esterno sono possibili punti di vista inediti per godere di quel paesaggio, ci sono senz’altro i cosiddetti Forti Umbertini.
«Punto privilegiato di osservazione, luogo che calamita lo sguardo verso un orizzonte ampio sempre mutevole, dove si sentono tutti i venti, si percepisce un’energia che muta nel corso delle stagioni e a volte, repentinamente nel corso della stessa giornata, e che si palesa di ora in ora in modo imprevedibile. Nello Stretto tutto si addensa, i significati si susseguono, si moltiplicano, si sovrappongono … è uno dei punti dello spazio che contengono tutti i punti: esiste un vortice tra queste acque che è il luogo dove si trovano, senza confondersi, tutti i punti della terra, visti da tutti gli angoli» (C. Fallanca). Prendo a prestito ancora una volta parole che non sono mie, ma che, anche lontana da casa parecchi chilometri ho nostalgicamente condiviso: «per me lo stretto è una fonte di speranza e ottimismo senza fine, che tiene in piedi la vita della città e dà salute e ristoro agli uomini» (O. Pamuk).
«Il fascino irresistibile della Città dello Stretto si concentra nello straordinario significante liquido che riempie lo Stretto e che si offre come infrastruttura primaria. Non è una città che diventa più grande, né due città che diventano una; è una città con vie solide e liquide, con significative parti urbane che dialogano anche sotto il profilo visivo, si integrano sapientemente e si ri-conoscono in un’unica più ricca e complessa identità territoriale. Sentirsi cittadini dello Stretto è una condizione mentale; è un sentimento di appartenenza verso un luogo peculiare e straordinario, contenitore di natura, cultura e relazioni umane ma al tempo stesso luogo che oggi più che mai necessità, assai più degli altri, di azioni di valorizzazione qualificanti» (C. Fallanca).
Nulla voglio aggiungere sul meraviglioso paesaggio dello Stretto se non un invito alla visita sul sito e che in me, la prima volta che me lo sono trovato davanti all’improvviso, dopo qualche secondo di esaltazione e entusiasmo è stato più prepotentemente naturale chiudere gli occhi e pensare a ciò che avevo lasciato: il motivo che mi conforta e mi rassicura, ogni qualvolta che rientrando da Lamezia, città in cui sono nata, esco dall’ultima galleria della A3 e mi ricorda il perché vivo ormai da anni a Reggio Calabria. Si … quel motivo è proprio lui … lo Stretto!
Ancora non si sa se la Città dello Stretto rimanga o meno utopia, essendo attraversata da una faglia di rappresentanze amministrative diverse ben più profonda di quella geofisica. Eppur si muove … Oggi, in un certo senso, più che in altri momenti della storia europea lo Stretto ridiviene internazionale, si riappropria della sua antica centralità nel Mediterraneo e le due città frontaliere, che nei contesti regionali e nazionali possiedono identità peculiari e specificatamente differenziate, divengono nel contesto mediterraneo un’interessante e complessa realtà che si caratterizza in questo paesaggio unico al mondo.
Proprio il paesaggio infatti, può, con l’evidenza della sua necessità di essere o un corpo unico o non essere, l’argomento di un nuovo confronto culturale, per chi abita questo “luogo” come per chi lo visita.
La consapevolezza dell’unità geografica e umana è oggi una condizione obbligata perché quest’area si sottragga a un ruolo periferico e assuma la sfida di essere all’altezza delle sue vocazioni nel contesto europeo. Consapevolezza di un’unità che però non riesce ad essere ancora una molla propulsiva, perché le popolazioni che lo abitano, si guardano con desiderio, ma finiscono poi per darsi le spalle.
Reggio Calabria e Messina: città dirimpettaie che dialogano sotto il profilo visivo perché stando in una si vede l’altra, città obbligate a vivere l’affascinante situazione dello specchio. L’area dello Stretto la si può percepire come unità solo nei limiti di una visione aerea: esiste di fatto ma in forma diffusa e confusa. È più chiara la visione di chi lo naviga, o di chi lo Stretto lo attraversa, o nello stupore di chi se lo vede dalla A3, rispetto a chi lo abita!
Per adesso ci si accontenta di parlare impropriamente di conurbazione di vari centri abitati, di un vasto hinterland che da molto tempo cerca una sua unità urbanistica. E alla fine, come in una città invisibile di Italo Calvino, la bellezza non è propriamente mai dove siamo, ma un po’ più in là, sul lato opposto.
Cosa fare quindi, se non ricorrere al valore unificante del paesaggio sul senso dei luoghi, rispondendo così, alla sfida che nel 2009 il Parlamento ci ha lanciato, riportando in primo piano i miti di Scilla e Cariddi e la necessità ineludibile di una visione progettuale, estesa a tutto il territorio, e con le comunità che ne diventano i soggetti protagonisti, ispirata non solo alla tutela ma anche alla gestione ed alla valorizzazione, con un parallelo impegno di formazione e di sensibilizzazione?
A prima vista difficilmente li noti, perché la forza del paesaggio dello Stretto è tanto più forte di loro, ma poi ne cogli uno ad uno la loro presenza, per poi accorgerti che costituiscono un “sistema” che ne connota ulteriormente il paesaggio, e che se considerati come sistema potrebbero svolgere un ruolo significativo per una maggiore consapevolezza del paesaggio stesso.
Mi riferisco ai cosiddetti “Forti Umbertini”, per lo più semi-ipogei, una “catena fortificata” costruita ex novo, negli ultimi decenni del 1800 dal neo Stato italiano, lungo le due sponde dello Stretto di Messina. una “catena fortificata”, composta da numerose batterie da costa, simili fra loro per scelta localizzativa sul territorio, impianto planimetrico, morfologia, tipologia, materiali costruttivi ed armamenti utilizzati.
Ideati e costruiti per proteggere le acque dello Stretto come tassello importante del sistema difensivo nazionale, oggi potrebbero offrirsi come “mediatori” per una più approfondita percezione della risorsa paesaggio, oltre a rappresentare una risorsa anche sul piano economico.
Solo di recente le fortificazioni ottocentesche dello Stretto, pressoché integre e non rimaneggiate, raccolgono la dovuta attenzione dal punto di vista storico, critico ed architettonico, e ne vengono studiate tipologie e modalità costruttive. L’inevitabile stato di abbandono, non ne ha intaccato né il valore né il fascino, ed i forti sono lì, pronti a raccontare la loro storia ed a vivere il loro futuro.
Per fornire un quadro complessivo che permetta di inquadrare geograficamente il tema che si va ad affrontare, è indispensabile proporre un elenco dei forti e delle relative localizzazioni. Sulla costa siciliana dello Stretto, nel Comune di Messina, abbiamo: 1. Forte Cavalli (dal Generale Cavalli), sul Monte Gallo, a Larderia. 2. Forte Schiaffino (dal Generale Schiaffino), sul Monte Giulitta, a Santa Lucia sopra Contesse. 3. Forte Mangialupi, a Gazzi. 4. Forte Pietrazza, località Bordonaro-Camaro. 5. Forte Ogliastri, collina dell’Ogliastro, a Giostra. 6. Forte San Jachiddu, località San Michele. 7. Forte Crispi, Menaia, a Portella Arena. 8. Forte Masotto (Polveriera), località Curcuraci a Faro Superiore. 9. Forte Serra La Croce, località Curcuraci a Faro Superiore. 10. Semaforo Ex Forte Spuria, a Ganzirri. 11. Forte Dinnammare, località Colli San Rizzo. 12. Forte Campone, sul Monte Campone, in località: Musolino-Colli San Rizzo. 13. Forte Puntal Ferraro, località Colli San Rizzo. 14. Forte Monte dei Centri, a Salice.
Sulla costa calabra dello Stretto, provincia di Reggio Calabria, nel Comune di Reggio abbiamo: 1. Forte Pentimele Sud, a Pellizzari Sud, sulla collina di Pentimele ad Archi. 2. Forte Pentimele Nord, a Pellizzari Nord, sulla collina di Pentimele, ad Archi. 3. Forte Arghillà, a Gullì, località Piano di Arghillà, sopra Catona. 4. Forte Catona, a Casalotto, sopra Catona. Comune di Villa San Giovanni: 5. Forte Beleno, Torre Telegrafo, a Piale di Cannitello, Frazione: Piale. Comune di Campo Calabro: 6. Forte Siacci, a Matiniti Superiore, località: Matiniti Superiore. 7. Forte Matiniti Inferiore, a Matiniti Inferiore. 8. Forte Forte Pignatelli, Poggio Pignatelli, a Matiniti Inferiore.
Quali manufatti storici, i forti assumono un valore che in ambito locale cresce via via, considerando che a seguito dei tragici eventi sismici del 1908, nell’area dello Stretto rappresentano una delle rare architetture sopravvissute, esempi di costruzioni realizzate a regola d’arte che, sfruttando l’intelligenza umana e le conoscenze costruttive acquisite nei secoli, hanno saputo resistere alla dirompente violenza della natura.
Rientrata da un viaggio di studio in Serbia alla scoperta delle numerose ricchezze naturali e culturali di quel paese, con tappa obbligata a Belgrado, la visita alla città comincia dalla sommità di una collina che digrada e domina la confluenza del Sava nel Danubio, dove sorgono la Fortezza ed il Parco “Kalemegdan”(parola composta turca che significa campo di battaglia, ma gli stessi turchi chiamarono il sito anche “fichir-bair”, cioè “collina della meditazione”). Una Fortezza sorta sulle rovine di un “castrum” romano – chiamato Singidunum (recinto, fortezza) – della fine del I secolo a. C., accampamento permanente della IV Legione Flavia, sul sito di un preesistente villaggio di una popolazione di etnia celtica. Più volte distrutto (dagli Avari, dagli Unni e dagli Slavi) e ricostruito, passato dalle dominazioni ottomana ed austriaca, assunse un’importantissima funzione difensiva e fu tra le più possenti fortificazioni europee. Persa questa funzione, rimangono oggi, assieme a resti di età romana, costruzioni fortificate di epoca bizantina, ottomana e austriaca. Il complesso conserva anche le porte di accesso, la torre dell’orologio ed edifici utilizzati oggi sede di esposizioni e mostre temporanee, oltre a cannoni ed altri residuati bellici, e cimeli vari.
L’area circostante è da tempo attrezzata a parco, ricco di vegetazione, uno dei vanti della città di Belgrado. Non mancano ristoranti ed un parco dei divertimenti per i più piccoli, e tutto il complesso è veramente un luogo di pace e contemplazione, da dove si può ammirare e godere di un bellissimo panorama su tutta la città.
Mi sono più volta domandata: quello che sono riusciti a fare Belgrado con la Fortezza e con il suo parco, perché non riusciamo a farlo noi con quel ricco ed articolato patrimonio delle “fortificazioni” sullo Stretto?
Non va quindi sottovalutata l’importanza che questi manufatti storici, inseriti in un contesto ambientale irripetibile, ed in posizioni panoramiche pressoché uniche, non di rado in contesti spesso ancora incontaminati, a contatto con una natura oggi sempre più rara, potrebbero assumere in futuro dal punto di vista turistico.
Un altro aspetto che va al di là dell’importanza degli stessi forti e delle fortificazioni, è rappresentato dalle strade di collegamento. Un ulteriore cospicuo ed articolato patrimonio, costruito dal Genio Militare Italiano, una rete viaria realizzata prima per costruire e poi per collegare le fortezze, in siti all’epoca isolati e spesso irraggiungibili, che oggi rappresenta una ulteriore grande risorsa del territorio. Una rete che potrebbe da un lato rappresentare il supporto di una promozione turistica nuova ed innovativa, ma anche, per i residenti, visto il rapporto osmotico con i centri abitati dell’importanza di Messina, Reggio e Villa, una valida risposta alla domanda/necessità che hanno oggi le nostre città di aree attrezzate per il tempo libero, di parchi e di strutture per lo sport e per la cultura, in uno scenario unico, un valore aggiunto dagli infiniti vantaggi. Per una città metropolitana integrata, fatta non di cemento ma fondata, nella sua unicità, sulla fruizione di un contesto ambientale, paesaggistico e culturale che la renderebbero un fatto unico al centro del Mediterraneo.
(Rubrica a cura del Prof. Enrico Costa, ecosta@unirc.it)