Petilia Policastro. ‘Ndrangheta: Lea Garofalo uccisa e sciolta nell’acido per aver collaborato con la giustizia

Petilia Policastro (Crotone). Sei persone sono state arrestate con l’accusa di aver ucciso e sciolto nell’acido Lea Garofalo, ex collaboratrice di giustizia di 35 anni svanita nel nulla il 24 novembre dell’anno scorso. Grazie alle rivelazioni di altri due collaboratori di giustizia ed all’attività investigativa che ne è derivata, i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Milano sono giunti alla conclusione che la donna, dopo essere stata prelevata dall’abitazione presso cui si trovava, fu sottoposta ad un sommario interrogatorio da parte dei suoi carnefici al termine del quale fu condotta a San Fruttuoso, nell’hinterland del capoluogo lombardo dove il 25 novembre fu sciolta nell’acido. Lea Garofalo non beneficiava dal febbraio del 2006 del programma di protezione previsto per i collaboratori di giustizia. Ad essere accusati dell’efferato crimine sono oggi C.C., che della vittima era stato il fidanzato, G.C., V.C., e M.S.. Presunti appartenenti alla cosca di Petilia Policastro, si sarebbero macchiati di questo turpe assassinio per il desiderio di conoscere i dettagli delle dichiarazioni in precedenza rese dalla donna agli inquirenti e per punirla per la scelta compiuta nel 2002 di avviare la collaborazione con i magistrati. Lea Garofalo sarebbe stata indotta dall’ex compagno a raggiungere Milano. Lì fu prelevata e condotta in un capannone a San Fruttuoso, a poca distanza da Monza, dove fu sottoposta alle domande dei suoi aguzzini prima di essere giustiziata con un colpo di pistola e sciolta nell’acido. A permettere di  giungere  alla verità sulla scomparsa di Lea Garofalo sono stati i dialoghi intercettati da una microspia collocata nella cella del carcere di San Vittore a Milano in cui è rinchiuso M.S.. A compiere materialmente il delitto furono, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti milanesi, G. e V.C..  Lea Garofalo conosceva le dinamiche del clan essendo sorella di Floriano, boss del clan egemone a Pagliarelle, la frazione di Petilia Policastro dove fu assassinato all’età di 40 anni l’8 giugno del 2005. Trucidato con tre colpi di fucile che gli devastarono la faccia al punto che non fu semplice neanche la procedura di identificazione. La tutela a cui fu sottoposta dopo l’avvio della collaborazione mise Lea Garofalo nelle condizioni di trasferirsi a Campobasso. Una protezione che le fu sottratta il 16 febbraio del 2006 a causa di un allontanamento non autorizzato. Da allora diede avvio ad una disputa giudiziaria che si concretizzò con un’istanza inoltrata al Tar e che fu rigettata. Una sentenza, questa, ribaltata dal Consiglio di Stato, che sancì che continuavano ad esserci i requisiti perché alla donna venisse accordata la protezione dello Stato. Fu lei, a quel punto, a rifiutare la protezione, decidendo di fare rientro a Petilia Policastro, dove veniva sorvegliata attraverso un sistema radio. Dì lì a poco l’ennesima svolta, rappresentata dalla scelta di andare nuovamente a Campobasso.

Exit mobile version